ABISSO

L'abisso è orrore. L'origine di questa parola, orrore, è alquanto singolare; non viene dal moto di spavento che dovrebbe provocare, ma dall'effetto epidermico che produce sulla persona che ne è presa. Proviene infatti da una radice "hars", che significa "drizzare" ed allora la parola "orrore" indica quella paura che fa "rizzare i peli, i capelli", che rende "irsuta" la pelle.

Orvieto - 2017

Se pensiamo all'abisso, quel che ci viene in mente è sempre un luogo non identificato, che sprofonda vero il basso, raramente verso l'alto, di cui non si vede il fondo, di cui non sappiamo se esiste un fondo. Si tratta di un "topos", un luogo comune, mitico fin che si vuole, frutto della mente umana, la cui ideazione è strettamente legata alla terra, come il labirinto, gli inferi, l'Ade di cui si parla nei poemi omerici. Popolato di ombre, di spiriti, insondabile ed inaccessibile.

Viene dalla paura del vuoto, l'idea di profondità, subito correlata con la insondabilità dello spirito umano, della mente, la cui espansione ci esalta, ma ci spaventa nello stesso tempo. Che è capace di pensare le cose più elevate e quelle più basse, efferate.

L'abisso del dolore, dell'odio, dell'angoscia, sentimenti che buttano giù, aprono paesaggi di sconforto, di strazio, di efferatezza e di abominio.

Una per una, queste parole meritano un esame particolareggiato: lo sconforto è l'abbattimento dello spirito, lo strazio, dal latino "distrahere", squartare, è un dolore così profondo da sembrare che l'essere venga dilaniato, l'efferatezza, dal latino "efferare", rendere crudele (ex-ferus, selvaggio), la crudeltà della fiera (stessa origine dell'aggettivo "fiero", superbo).

Abominio, la ripugnanza, la persona o la cosa ripugnante, che si vuole allontanare da sé, da "ab" nel senso di allontanamento, e "omen", che vuol dire "presagio", come dire che l'abominevole è quello che si vuole tener lontano quasi fosse un presagio infausto.

L'abisso non è la voragine, il baratro, l'abisso è una categoria dello spirito. Viene dal greco "abyssos" che vuol dire profondo, insondabile, e come metafora si usa per intendere dove la mente umana non può arrivare.

O meglio dove si perde come nel pensiero di Dio, nella profondità dell'oceano, nell'immensità degli spazi siderei, e, "last, but not least", nella coscienza stessa dell'uomo.

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