PAROLE IN PRESTITO

Sempre più spesso capita di trovare parole nella lingua italiana che sono estrapolate da altre lingue, in funzioni diverse, di sostituzione di termini esistenti nella nostra lingua, ma non del tutto equivalenti, o di vere e proprie nuove acquisizioni, perché non esisteva da noi un termine per esprimere il loro significato.


Si parla in questi casi di parole in prestito o di calco semantico.

Si ha un calco semantico quando una parola viene ricalcata da una parola straniera, con lo stesso significato (es. computer) o con un significato diverso, (es. "realizzare" nel senso di capire, che deriva dall'inglese "to realize"). La parola in italiano era già esistente, con un significato leggermente diverso, "rendere reale", "conseguire", (es. realizzare un guadagno), ma qui il significato è quello che la parola presa in prestito ha nella propria lingua (realizzare come rendersi conto, accorgersi).

A proposito di questo verbo, è stato rilevato che esso viene usato spesso – per pigrizia – in sostituzione di altri verbi che hanno un significato più specifico: es. realizzare un palazzo invece di costruire un palazzo, realizzare un quadro invece di dipingere un quadro e simili. Usare "realizzare" anche per dire "capire" una cosa, è una scelta legittima, affermata nel tempo, ma non è essenziale e può benissimo essere evitata.

Non così per altre parole. L'espressione inglese, "round table", che individuava la tavola rotonda intorno alla quale si assidevano i cavalieri di Re Artù, introdotta da noi, è venuta a significare una riunione di esperti per discutere di un argomento specifico. Recentemente a Napoli si è tenuta una tavola rotonda con la partecipazione del Ministro degli Interni e il Capo della Polizia, il Prefetto di Napoli e i sindaci della provincia, per discutere del problema della criminalità giovanile, quella delle c.d, ''baby gang" operanti nel territorio partenopeo.

Un fenomeno diverso, chiamato con termine di origine giornalistica, "scivolamento semantico" è quello che si verifica quando un termine, nato con un certo significato, con il tempo, si trasforma, quanto a significato, fino al punto da assumerne un altro completamente diverso e in qualche caso opposto.

Tempo fa ho ritrovato un articolo di Giorgio Ruffolo pubblicato su La Repubblica del 18.11.03 dal titolo "Se si svaluta il riformismo", nel quale si sosteneva che la parola "riformismo" ha subito negli ultimi tempi (rispetto ad allora), uno scivolamento semantico, venendo a significare il contrario di quello che voleva dire prima della sua trasformazione. Nato come mezzo democratico e pacifico per portare il capitalismo verso una maggiore giustizia sociale ed eguaglianza dei cittadini, è diventato, diceva il giornalista, "l'insegna distintiva" di quanti vogliono attraverso la politica, trasformare le istituzioni per annullare diritti introdotti dalla democrazia, che ostacolano l'efficienza e la competitività del capitalismo (e riportarlo al suo primitivo rampantismo).

Credo che questa analisi sia oggi ancora più attuale di allora e che anzi la profezia in essa contenuta, si sia quasi interamente avverata, perché alcuni di quegli obiettivi che i nuovi riformisti (post scivolamento) si ripromettevano, sono stati raggiunti. L'ultimo colpo al sistema dei diritti è stata l'abolizione dell'art.18 dello Statuto dei Lavoratori.

Oggi siamo ad un punto di non ritorno per la divaricazione (la forbice) che si è creata tra ricchi e poveri, l'eguaglianza è una chimera, i diritti dei lavoratori sono stati soppressi ed il sistema economico si regge sul precariato nel lavoro, con le aziende che delocalizzano la sede della loro attività oltre i confini nazionali, le banche che non svolgono più il loro compito di finanziare le imprese e le istituzioni come le "stelle che stanno a guardare", sempre sotto attacco e pericolanti per colpa di corrotti ed affaristi.

Commenti