VITA DI PERSONAGGIO
Se ne stavano, Evaristo (che cazzo di nome, pure, quello!) e
Rimiratore, spaparanzati su due poltroncine del Bar Grande Italia, sotto i
portici a guardare pigramente il traffico cittadino, che, ogni venti minuti, si
rinnovava per l’arrivo del bus navetta, che alla fermata scaricava passeggeri,
che rapidamente si mescolavano con la folla dei cittadini ed i professionisti
con le borse di pelle, piene di carte per il vicino Tribunale, i quali al bancone
del bar sorbivano un ultimo caffè e scappavano in fretta per sbrigare le loro
faccende.
Evaristo, per la verità, si era fatto venire un torcicollo a
forza di seguire con lo sguardo il sederino della Susy che, con il vassoio in
mano, si dava da fare tra le sedie e i tavolini, a servire consumazioni agli
avventori seduti, senza trascurare nessuno.
Acc…!!! Fece Rimi ad un tratto, nasconditi, nasconditi, c’è
Lucio dall’altra parte, se ci vede sono cazzi!
Te l’avevo detto: non dovevamo accettare l’invito di
Maurizio, disse Evaristo seriamente preoccupato; l’accesso autorizzato nella
sede dell’Accademia dell’Abecedario, ancorché temporaneo, gli sembrava un
tradimento.
Che ci fate voi qui? Urlò Lucio, quando li vide e non poteva
non vederli; io non vi ho chiamati, come mai siete usciti?
Rimi ed Evaristo si guardarono negli occhi: glielo diciamo?
Si chiesero reciprocamente.
Noi non volevamo accettare, disse Evaristo, ma Maurizio ha
insistito tanto…
Maurizio!!! tuonò Lucio, lo sapevo, Maurizio! ladro di
personaggi, ma voi senza di me non andrete da nessuna parte!
Eccoti in quel momento comparire Maurizio, seguito dallo
stuolo dei suoi amici più che allievi. Pancrazio in testa.
Che simpatico incontro, profferì e nessuno capì se dicesse
così per celia, o per un piacere autentico, siamo qui tutti riuniti, autori e
personaggi, mai si era verificata una situazione del genere nel teatro della
vita, siamo i primi ad avere questa possibilità, sfruttiamola!
Sfruttiamola, sì,
colse la palla al balzo Rimi, tu hai rubato due personaggi, affermò
convinto, come la mettiamo?
Mettetela come vi pare, disse Evaristo, ma noi – e si
avvicinò a Lucius, stringendogli un braccio, non siamo di nessuno. Noi siamo
liberi; tutte le creature, una volta nate, sono padrone della loro vita.
La vita! La vita! Basta con questa vita! Mi avete stufato!
Era Lucio che parlava e sembrava addolorato; fantocci siete, non altro,
prodotti della nostra mente e fece un cenno verso Maurizio per coinvolgerlo
nell’affermazione; poi ci ripensò: a proposito – disse – tu sei qui come
personaggio o come autore? Se non addirittura come Narratore, colui che narra
la storia dei personaggi e dei loro autori?
Io sono colui che mi si vuole.
Tombola! Disse forte
Pancrazio: è arrivato Pirandello…e io che sono andato fin giù a casa del
Commissario Montalbano, che non è lontana da quella di lui, senza vederlo per
giunta! Ora lo vedo gratis, bene, bene.
Nella mia vita, cominciò l’altro, ho scritto qualcosa,
pubblicato niente, quindi non sono un autore, concluse. Personaggio non lo sono
mai stato: vivo nel mio guscio e non cerco riconoscimenti, quindi…fate voi…il
Narratore? No, non sono io a narrare questa storia, ma siamo tutti quanti a
farla, vivendo.
Lucio si guardò intorno, digrignando i denti…non ci capisco
più niente, disse fra sé.
Sentite ragazzi, esordì di colpo Pancrazio, seguitate pure a
fare le vostre teorie che non stanno né in cielo, né in terra. Io sarò anche un
personaggio, ma lo sono davvero! A Colleminuccio, tutti hanno il massimo rispetto
per me e prima di spillare una botte, vengono da me a chiedere consigli. Sapete
cosa vuol dire? Lasciare sulla tavola
anche il piatto fumante di pasta, per correre, quando si viene chiamati, al
capezzale di una botte e fare una diagnosi sul vino appena spillato, da cui
dipende il futuro del contadino.
Non è forse vita quella che si spende tra i filari delle
vigne e fra botti e vasche di decantazione per la maturazione dei mosti?
Avete tutti la puzzetta sotto al naso. Voi autori, poi,
siete dei dilettanti sfaccendati e noi personaggi soffriamo delle vostre
incertezze ed incongruenze.
Il tono era autorevole e conclusivo: sapete che vi dico? Mi riprendo
la mia quota di iscrizione al Circolo e mi ritiro. La mia casa, a Colleminuccio
è la più alta sul colle e guarda verso il mare; alle spalle ha il Gran Sasso e
vi assicuro che le albe e i tramonti che si godono da lì, sono uno spettacolo
insuperabile.
Quanto mi tocca di rimborso?
Maurizio fece finta di tirare fuori dalla tasca un taccuino e
di sfogliarne velocemente le pagine in cerca dell’informazione richiesta.
Ma…il tuo nome è in bianco, disse.
Come in bianco? Devi fare il conto?
In bianco come gli altri, nessuno ha pagato, noi non abbiamo
quote di iscrizione. Piuttosto, ricordo che una volta hai chiesto un prestito
che ti fu accordato con prestazioni volontarie degli altri soci. Prestito che
non hai mai restituito.
Uscirai dal Circolo solo dopo aver rimborsato a ciascuno il “quantum”
dovuto.
Vigliacco, gli urlò Pancrazio, il quantùm, no! Il quantùm nooo,
no!!! Nessuno mi ha mai dato un quantùm, ce lo hai messo solo per tenermi
prigioniero!
Ma io evaderò da questa prigione!
Susy, chiamò forte, portami un caffè, paga Maurizio.
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