PROLOQUIO
Sapevate che nella lingua italiana, prima dello sproloquio viene il proloquio? La voce di Maurizio era calma e discorsiva, sembrava una delle solite lezioncine che ogni mattina impartiva ai suoi “alunni”. Sebastiano, seminascosto dietro la macchina del caffè, si fermò un attimo ad ascoltare, per decidere se l’argomento fosse di interesse per lui, o se invece potesse tranquillamente mettersi a pensare ai fatti suoi e decise per il sì. Voleva vedere con chi ce l’avesse il maestro, data lo strano modo in cui aveva cominciato.
Veramente, riprese Maurizio, non è del tutto certo che
questa parola esista tuttora, o che sia mai esistita. Sembra però verosimile che essa derivi dal
tardo latino “prolocuium”, che significava premessa, sentenza, assioma.
Ieri, sono successe delle cose che ci hanno indotto ad usare
il termine “sproloquio”, ma questa parola ha un significato che nel migliore
dei casi è “soltanto” dispregiativo, qualunque sia la definizione che di essa
si dia, tra le quali, è bene ricordarlo, si trovano: prolisso, noioso,
pomposamente vacuo, ma che, per semplicità io chiamerei “parlare troppo e a
vuoto”.
Il proloquio, invece, ha un significato contrario, di cosa
buona, non vuol dire solo esposizione di quanto possa essere accaduto prima del
momento iniziale del discorso, ma ha anche fini illustrativi, per una buona
comprensione del testo.
A questo punto dovette fermarsi, perché nell’aula risuonò il
rumore della vetrina d’ingresso del bar, aperta e richiusa alquanto
veementemente.
Apparve Pancrazio, turbato in volto e tutti si voltarono
verso di lui.
Ho letto sul giornale, iniziò in tono concitato, cose
offensive contro di me, che avrei tradito, che avrei usurpato un posto che non
mi spettava, ecc. voglio sapere chi ha dato queste false notizie alla stampa e
con quale fine.
‘Mbè, sei stato tu a dire che prendevi il posto di Maurizio
al comando del Circolo, interferì, risentito, Sebastiano. E le bugie, si sa,
hanno le gambe corte.
Io le rompo le gambe, a chi ha propanato queste cose…
Si dice propalato, intervenne Oreste, dal fondo dell’aula.
Oppure anche propagato, ma non propanato.
Sei stato tu? Gli chiese brutalmente, più che bruscamente,
Pancrazio.
No, giammai! Rispose offeso Oreste.
Allora stai zitto, se non vuoi che lasci un ricordino anche
a te.
Su, Pancrazio caro, stiamo calmi e ragioniamo, iniziò a dire
Silvana, conciliante. L’avrai fatto per fini nobili, ma l’hai fatto e non lo
puoi negare.
Io ho soltanto aiutato Maurizio ad uscire da una situazione
pericolosa ed ho dovuto fingere di assumere il comando, per essere autorevole.
Altro che golpe, altro che colpo di mano!
Mi è successo, disse Pancrazio, quel che accadde al povero
Giuda, che non era il traditore del suo Maestro, l’uomo più detestato sulla
Terra, come tutti credono, ma l’eletto, l’uomo scelto da Dio per compiere quel
che era necessario fare perché si compisse il disegno di Dio stesso, per la
salvezza dell’umanità, fare arrestare Gesù perché venisse condannato al
sacrificio supremo.
E Gesù lo sapeva, tanto che durante l’ultima cena, ebbe a
dire a lui “Quel che devi fare, fallo subito”. Non l’abietto, quindi era Giuda,
il nemico di Gesù, ma il suo prediletto, l’uomo sul quale poteva contare per la
realizzazione del fine che era il più alto possibile, la redenzione del genere
umano, anche se questo comportava farsi carico di una macchia indelebile che lo
avrebbe trasformato nell’uomo più odiato al mondo per l’eternità.
Tu, Pancrazio, intervenne Maurizio, calmo come al solito, non
sei Giuda, ma non hai capito chi era quell’uomo e quale era il suo intento.
Ho capito che era un incantatore di serpenti e proponeva un
modo di vedere il mondo in contrasto con il mio. Io sono per la concretezza, ho
i piedi bene a terra, mentre lui vive con la testa fra le nuvole e vorrebbe che
gli altri credessero alle sue fantasie e fantasticherie. E’ sfuggito al mio
secondo calcio, ma il primo l’ha preso in pieno e ben gli sta: il compito che
si era prefisso era di distruggere il nostro Circolo; le chiacchiere sulla
vocazione, noi siamo i chiamati, ecc. tutte balle per gli allocchi!
Insomma, siamo di fronte a due mondi diversi che non si
incontreranno mai, affermò Oreste.
Dopo un attimo di meditazione, rirese la parola Maurizio,
partendo da lontano:
“Preludere” mi sembra il punto di arrivo della storia, disse.
Oreste lo guardò alquanto sconcertato: In che senso, scusa,
gli chiese.
Ludere in latino significa giocare. Si tratta di qualcosa
che precede il giocare, piuttosto che il parlare (loqui), preludere anziché
proludere. Illudere anziché deludere.
Il proloquio è qualcosa di positivo, mentre abbiamo visto
che lo sproloquio è sostanzialmente negativo.
Lato oscuro, lato al sole, gioia del parlare di cose belle: non
sentite pure voi aria di festa?
Il proloquio è la chiave di volta di un sistema, apre un
mondo, ma prima di girare la chiave, bisogna sapere a cosa si va incontro.
Addirittura! Obiettò Oreste, a questo punto siamo? Mi sembra
una esagerazione fantasiosa…
Se si inizia la lettura di un testo, spiegò Maurizio, come
pure se si ascolta una conferenza, è buona cosa da parte dell’autore, preparare
il terreno, affinché ciò che si va a scoprire, sia recepito col massimo
dell’interesse e della comprensione.
A questo serve il proloquio.
Sarà vero quello che dici, interferì Pancrazio, ma tu vai
troppo per il sottile. A me basta sapere che quel che vedo, o che sento, non
cozzi con la struttura fondamentale del mio modo di pensare: quel che è bianco,
deve essere bianco, quel che è nero, può essere solo nero e basta!
E con ciò direi che possiamo tranquillamente archiviare
questo capitolo, che con tutta sincerità, a parer mio, non meritava tanto
spazio.
Il nostro Circolo non potrà mai chiudere, perché non è stato
mai aperto, è una di quelle cose che esistono e non esistono e non piacciono a
Pancrazio che però per il Circolo darebbe la vita, affermò convinto Maurizio.
Se Pancrazio non è Giuda, disse Chiara apparsa
all’improvviso nel riquadro della porta d’ingresso, anche tu non sei l’Unto del
Signore; riportiamo il tutto alla dimensione di cosa naturale, con buona pace
di ognuno:
lunga vita al Circolo dell’Abecedario, onore e gloria al suo
Capo e fondatore Maurizio.
A Pancrazio conferiamo una medaglia come difensore del Santo
Sepolcro che, come sappiamo, è vuoto.
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