LO SPROLOQUIO

                             


                                           

Un bel giorno si presentò al Circolo uno strano personaggio, cappello a muso di porco, occhiali scuri che non consentivano di vedere i suoi occhi, una giacca sgualcita, il collo della camicia piuttosto unto, che passò prima dal bar e chiese un caffè, poi, sorbendolo lentamente, chiese, così a bassa voce che Sebastiano faticò a capirlo, notizie circa “un” Circolo che avrebbe dovuto avere sede da quelle parti, semi clandestino, che si proclamava “letterario”, ma che secondo lui doveva nascondere sotto quella dicitura, ben altro, dato il bassissimo livello delle conoscenze letterarie espresse dai suoi componenti, almeno a detta di alcuni osservatori arrivati quasi per caso ad entrare in contatto con essi.

Sebastiano, imbarazzato, non sapendo cosa rispondere, chiamò in suo soccorso Maurizio, il quale in quel momento stava affiggendo qualcosa alla bacheca del Club, mise un’ultima puntina sul foglio che aveva inserito, chiuse, la vetrinetta e si avvicinò al bancone.

“Cos’è?”, chiese, “c’è qualche problema?”.      

“Nessun problema” si intromise lo sconosciuto, sollevando dall’imbarazzo Sebastiano, che alla domanda, aveva rivolto lo sguardo verso di lui, senza proferir parola, ma indicandolo con un dito.

“Niente”, continuò, “ho chiesto semplicemente di un Circolo che so avere sede in questo locale, per valutare se sono interessato o meno a fare una eventuale domanda di ammissione al sodalizio.

“Non esiste un Circolo del Bar dell’Olmo, come pure io ho sentito dire; qui ci siamo solo noi, con i nostri interessi pseudo-culturali che ci tengono uniti nel Club dell’abecedario, come abbiamo significativamente pensato di chiamarlo, fino a quando non si decide di non essere più interessati e così ognuno è libero di entrare ed uscire in ogni momento, dato anche la caratteristica di questi interessi, che sono molto vaghi ed indeterminati, per cui possono variare quando meno te lo aspetti.”

“In verità,” intonò lo sconosciuto in un tono autorevole che faceva giustizia del suo aspetto dimesso e dell’ abbigliamento vistosamente trascurato, ”io sono venuto qui di persona, per fare una verifica.

Maurizio e Sebastiano si scambiarono uno rapido sguardo, che era un misto di apprensione e di sospetto, come a passarsi un messaggio muto “massima prudenza e attenzione alla risposta”.

“Verifica…di che?” chiese timidamente Maurizio, mentre Sebastiano si allontanava per servire un cliente, il quale doveva essere tenuto all’oscuro della loro stravagante conversazione, tanto più perché avrebbe potuto essere un complice, pensò, del soggetto.

Dopo un breve silenzio riempito solo dagli sguardi desolati dei due ascoltatori, l’uomo si eresse in tutta la sua statura ed apparve molto più alto di quanto sembrasse all’inizio. Si tolse la giacca, via pure il colletto posticcio, giù il cappello e messi via finalmente gli occhiali, li guardò con occhi chiari, limpidi ed assunse un nuovo atteggiamento.

“Vedete ragazzi, disse poi in tono quasi carezzevole, in passato, re e imperatori, non fidandosi pienamente degli spioni dei loro servizi segreti, per monitorare gli umori della folla, usavano uscire di notte, travestiti da mendicanti e fare il giro delle bettole e dei locali per sentire cosa si diceva a proposito delle loro persone e dei potenti in generale.

Esistono vari casi di comportamenti consimili narrati dalle cronache storiche e letterarie, e voi dovreste saperlo, data la vostra vocazione culturale, come per esempio l’Imperatore Nerone e Ferdinando re di Napoli.

Non che io possa paragonarmi ad uno di essi, ma è comunque al loro esempio che io mi sono ispirato nel tentativo –goffo, lo ammetto- di scoprire come ve la caviate nel mondo reale nel quale io vi ho immesso e fino a che punto siano vere le voci che corrono su di voi, come di personaggi chiusi in una torre di avorio, insensibili alle sollecitazioni che vi giungono dall’esterno.”

Approfittando di una pausa dell’oratore, Maurizio insinuò, dubbioso, una domanda: “ma tu, chi sei?”.

“Non mi hai riconosciuto?” chiese a sua volta l’uomo  e, senza attendere la risposta: “Sono il vostro ideatore, colui che vi ha dato la vita, una specie di padre, ma non ditelo agli altri, non vorrei che la notizia corra di bocca in bocca, fino ad imboccare un’altra strada.

Maurizio e Sebastiano si guardarono esterrefatti. “ma allora non siamo veri” disse il primo. “Almeno a Pancrazio dobbiamo dirlo”, disse l’altro. 

“Se lo dite a Pancrazio, tanto vale dirlo in piazza”, obiettò lo sconosciuto. “Voi siete veri tanto quanto lo sono io”, affermò, poi, risoluto.

Potrebbe essere che anche io sia il prodotto di un processo mentale, figlio di un autore che dopo avermi dato la vita, si è servito di me per creare voi.

“Questa poi!” esclamò Maurizio, indirizzando a Sebastiano uno sguardo incerto, tra il preoccupato e l’incredulo, col quale tentava di comunicargli le sue perplessità e accertare se il suo amico avesse capito fino in fondo quello che stava accadendo, cosa di cui dubitava molto.

L’autore, perché era lui che aveva inventato quella assurda storia, sembrava invece sempre più a suo agio, districandosi dai legami che pure lo legavano alla incomprensibile vicenda: “noi ora forse siamo in una specie di mondo parallelo, identico a quello reale, che ci rende tutti uguali e non meravigliatevi se da qualche parte doveste incontrare qualcuno con il vostro stesso nome e aspetto.

È già accaduto ad altri personaggi: vi ricordate del Commissario Montalbano? Ad un certo punto della storia ne esistevano almeno tre, il primo era il Montalbano di Camilleri, diciamo così, il Montalbano letterario, dei romanzi del grande scrittore. Il secondo fu il Montalbano cinematografico, quello della fortunata serie di film tratti dai suoi libri. Il terzo era lo stesso protagonista dei film, l’attore Luca Zingaretti, rimasto per sempre prigioniero del suo personaggio.

Immagino che tra i tre vi fosse un intenso scambio di suggerimenti ed opinioni e sarebbe interessante accertarne la trama.

La trama che noi invece cerchiamo nel cuore delle parole, perché noi abbiamo la vocazione di ricostruire il percorso fatto da ogni parola, dopo che Dio dette facoltà alla sua creatura di dare il nome ad ogni cosa, come è narrato nel libro della Genesi e dopo che, a seguito dello sciagurato tentativo degli uomini di dare la scalata al cielo costruendo la Torre di Babele, la conseguenza fu la confusione di tutte le lingue e quindi delle parole”.

A questo punto si aprì la porta dello stanzino entro il quale si erano ritirati i tre per questa rivelazione inattesa e irruppe Pancrazio.

Se “La Vita è un Sogno”, esordì, come pure autorevolmente qualcuno ha detto, io vi posso assicurare che per me è un sogno ad occhi bene aperti, altrimenti tutti ti fregano: non è venuto di là un tale vestito come un barbone, a dirmi di essere mio padre e voleva insegnarmi non so che cosa? L’ho preso a calci in culo, ma scusate, disse rivolto verso i suoi due amici che sembravano annichiliti di fronte al terzo, che gli era sconosciuto, voi siete in compagnia… ma, aspettate un attimo…fece avvicinandosi guardingo, il signore qui davanti mi sembra di conoscerlo…oh, cazzo! Inveì subito dopo ma tu sei quello che…

No, no, mise le mani avanti l’uomo, non sono io, ma forse gli rassomiglio.

Se credi di fregare il mio maestro e il mio più caro amico, ne ho anche per te, esclamò.

Non puoi capire…è un gioco di specchi, tentò di dire l’intruso.

Basta con queste fandonie, tuonò Pancrazio, se siete diventati tutti matti, penserò bene io a farvi rinsavire e guardava severamente soprattutto Maurizio e Sebastiano, intimoriti dal suo atteggiamento.

Un mondo parallelo, tra le nuvole…qui bisogna avere i piedi bene a terra, vi tirerò io giù a voi due e indicò i sottomessi suoi amici e, vista la manifesta impotenza del nostro capo a fronteggiare questo incantatore di serpenti, assumo io provvisoriamente la direzione di questo Club inesistente e comincio con il cacciare via questo millantatore e mosse verso di lui, che si ritrasse di alcuni passi finendo contro la parete.

Ho fatto bene a venire, disse tra i denti; qui le cose stanno peggio di quanto immaginassi: siamo alla rivolta dei figli contro i padri…

Farai meglio ad andartene di corsa, prima che questo “figlio” ti dia il benservito. Da oggi comando io: vietato farneticare a tutti i soci del Circolo.

Entrò Silvana sventolando come una bandiera, un foglio con su scritto: Circolo dell’Abecedario, movimento di carattere pseudo culturale e progressista, in procinto di chiudere.

Nella confusione generale che ne seguì, l’infiltrato, perché di questo si trattava, era scomparso ed il Circolo fece scendere la tela su un panorama disastrato. 

    

 

  

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