OPPURE
Evaristo aprì gli occhi e con sua meraviglia si trovò
davanti il volto di Rimiratore (che cazzo di nome si è dato questo!) che lo stava
guardando con un misto di amichevole bonomia e una leggera apprensione.
Stai bene? Si sentì chiedere e non capiva perché il suo
amico si preoccupasse della sua salute.
Ah, professò, era la voce di Rosy, la cameriera del bar
Grande Italia che lui e Rimiratore erano soliti frequentare, non facciamo
scherzi, eh?
Evaristo la guardò trasognato, ma che dici figlia mia? Fu la
risposta.
‘mbè ti sei addormentato sulla sedia che sembravi morto,
disse lei in tono accorato, con una punta di rimprovero, farci rimettere questi
spaventi…aggiunse.
Addormentato, dite? È si rivolse a Rimiratore, allora non siamo
stati al bar dell’Olmo, non abbiamo fatta amicizia con i nostri antagonisti del
Circolo dell’Abecedario?
Macché, rispose l’amico, quelli c’hanno una spocchia…!
Ma che dite, si intromise Rosy, c’è qualcosa che dovrei
sapere?
Cara la nostra Rosy, la voce del professore era pacata,
paternalistica, come potresti mai sapere quanti giri fa una boccia…
Ahhh, ma allora questa è filosofia, n’ciò capito mai niente,
professò, ammise lei disinvolta.
E si vede, rimarcò lui, da buon professore, tu hai altre
risorse, che ti frega della filosofia?
‘mbé questa però mi sembra nostalgia da parte tua, affermò
la ragazza, nostalgia dei banchi di scuola, di quando potevi sfottere i tuoi
alunni più asini, dall’alto della tua cattedra.
Bando alle ciance! Disse lui ad un tratto, riscuotendosi, e
si girò con energia verso il compagno di tante passeggiate, ho sognato, sì, lo
ammetto, mi sono addormentato, si arrestò un attimo, ma che m’hai dato? E guardò
vero Rosy che stava andando via, incontro a nuovi avventori che si erano inseriti
nel tavolino accanto, una droga? Poi rivolto di nuovo all’amico, ho sognato di
entrare con te lì dentro la tana dei lupi e di ammansirli tutti con un bel
discorsetto sui presunti personaggi che credono di essere e invece non sono,
mettendoli a tacere tutti, dal saccente Maurizio, all’ineffabile Pancrazio,
tutti come pecorelle.
Caro Evaristo, fu la mesta conclusione di Rimiratore, qua le
vere pecorelle siamo noi, sempre in cerca di nuovi pascoli e quel Circolo ci
sembra un miraggio, irraggiungibile; ma se ci pensi, cosa abbiamo noi di meno
da loro? Non siamo forse forniti di mezzi nostri, autonomi e non facciamo noi
pure tanti bei discorsi passeggiando, come tu mi hai insegnato, facevano quegli
ateniesi appartenenti alla scuola di Aristotele, che discorrevano di filosofia
nel Peripato, il giardino del Liceo di Atene e si divertivano da veri
peripatetici, come pecorelle che brucano l’erba, a confutare le loro stesse
teorie, per il solo gusto del ragionamento seguendo un filo logico?
Non mi dire, non mi dire, disse ridendo Evaristo, forse ho
fatto male ad insegnarti quelle cose…poi, rivolto di nuovo dall’altra parte,
Rosy, per favore ci porti il conto, oggi tocca pagare al nostro caro Rimiratore,
mettici pure due paste alla crema, che ora passo a ritirare, me le porto a casa
per dopo pranzo, grazie.
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