MASCHERE
Maschere, maschere, chi vuole una maschera?
Mica è carnevale, obiettò di rimando Pancrazio, alzandosi
dallo sgabello sul quale era seduto a gambe larghe e andando incontro allo
strano personaggio che era entrato nel bar, carico di una montagna di cianfrusaglie
ninnoli e fischietti.
Abbiamo maschere per ogni momento e per ogni occasione,
riprese il venditore, venite a vedere.
Pancrazio si avvicinò sospettoso, imitato da due avventori
occasionali che indugiavano al bancone. Allungò una mano per toccare la merce
che l’altro tirava fuori e metteva in mostra.
Vuoi ridere? diceva intanto l’uomo, guardandosi intorno mentre
metteve in mostra una maschera di cartone, vuoi piangere? Ecco quella che fa
per te e ne mostrava un’altra. Ne abbiamo di ogni forma e colore. L’unica che
non posso darti è la maschera dell’amore, quella non ha un formato standard,
cambia sempre.
Uno dei due occasionali, prese in mano la maschera che il
vucumprà gli stendeva e se la provò sul viso, questa è quella del vizio, spiegò
l’uomo e l’altro scoppiò a ridere, ha un aspetto mostruoso, ma non fa paura.
Vuoi dire che per ogni momento, dovrei indossare una maschera
diversa? Una, due, cento maschere? Chiese incredulo Pancrazio.
Quanti sono i sentimenti che vuoi esprimere e ce n’è una
anche per le cose che non vuoi dire, o per quando non vuoi dire niente.
Ma tu sei un ciarlatano disse Pancrazio. Non ho bisogno di
nessuna maschera, io!
Tutti abbiamo bisogno di maschere; tu pensi di indossare
adesso la stessa maschera che avevi questa mattina quando uscivi di casa e
salutavi tua moglie? Chiese l’uomo dalle mille maschere, che intanto andava
tirando fuori a decine, dalla sua ampia tunica.
Cosa sai tu di mia moglie? Chiese risentito Pancrazio e come
osi nominarla?
Povera donna, rispose l’impunito con un sospiro, meglio
sarebbe stato per lei se non ti avesse incontrato.
Se non te ne vai subito da qui, ti strappo dalla faccia la
tua brutta maschera e ti caccio a calci in culo, minacciò Pancrazio, facendo l’atto
di dargli addosso.
Calma! Intervenne Maurizio, tu non cacci proprio nessuno, il
locale non è tuo, Sebastiano, semmai…
A sentirsi nominare, il barista ebbe un sussulto, come si
svegliasse da un brutto sogno.
Senti buon uomo, disse rivolto al venditore, vuoi un caffè, o
preferisci un cappuccino? offro io, poi tu te ne vai a vendere le tue maschere
da un’altra parte, qui ne abbiamo già abbastanza.
L’uomo si liberò della sua mercanzia, posandola in terra, una
miriade di maschere, dalle più belle a quelle inguardabili, poi sedette calmo
alla più vicina sedia.
Ora possiamo cominciare a ragionare, non sono qui per
vendere, ma per pensare.
Non è forse questa una scuola? voglio vedere se fate sul
serio o solo per finta.
Quel giorno il bar dell’Olmo chiuse prima; c’era stato un
gran via vai di avventori che uscivano con strane maschere sul volto e molte
altre in mano.
L’uomo delle maschere era nudo, aveva esaurito la sua merce e
non aveva più nulla da vendere.
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