L'ARCOBALENO

 

                                       


                                   

Sei in ritardo, stamattina, cosa ti è successo? chiese Sebastiano a Pancrazio, vedendolo arrivare trafelato, con un braccio al collo.

Ho avuto un incidente rispose lui contrariato ed indugiò per vedere crescere la curiosità dell’amico in attesa di maggiori informazioni.

Sei venuto con la macchina? Gli chiese, sondando cauto la sua disponibilità ad aprirsi.

Ma che macchina! Rispose lui, ho avuto un incidente domestico.

…’mbè? sollecitò impaziente. Che tipo di incidente?

Davanti casa nostra, a Colleminuccio, c’è un vecchio Olmo con una grande chioma maestosa…

Come quello che abbiamo qui? Chiese il barista, indicando fuori del locale.

Più grande, rispose l’infortunato con sussiego.

Ebbene? Sebastiano cominciava ad esaurire la sua riserva di pazienza. Intanto, senza chiedere, cominciò a fare il caffè per l’amico.

Fin da quando Evelina era bambina, cominciò a raccontare compiaciuto Pancrazio, avevo messo sul ramo più grande dell’albero un’altalena dove lei andava a dondolarsi ogni tanto, o anche a sedersi magari solo per leggere un libro, che era un amore.

Breve sosta di sospensione. Sebastiano preparava piattino e tazzina, con la zuccheriera ben in vista.

Da tanto, riprese il narrante, questa altalena era in disuso e questa mattina ho avuto la felice idea di smontarlo, ma prima di farlo, ho voluto, quando il diavolo ci mette la coda…provare a farlo dondolare un’ultima volta e così mi sono seduto sulla tavoletta ed ho cominciato a darmi delle spinte con i piedi.

Quando finalmente sono riuscito a sollevarmi in alto, è successo che la tavoletta sulla quale ero seduto si è rotta e io sono caduto rovinosamente a terra, slogandomi la spalla.

Acc! Esclamò con partecipazione Sebastiano, aggiungendo col viso contratto, avrai visto le stelle?

No, rispose stranamente calmo Pancrazio, ho visto l’arcobaleno! E ristette, in attesa di vedere espressioni di meraviglia da parte dell’ascoltatore. Il quale però era intento a servire sollecito il caffè fumante sotto il naso di lui e tardò a farle.

Da terra, sdraiato supino, guardavo il cielo sacramentando dentro di me, quando, cosa ho visto? Si decise a proseguire Pancrazio. In cielo c’era un arcobaleno che era il più bello, nitido, colorato che io avessi mai visto. Con un arco disegnato perfetto, tagliava l’azzurro del cielo, partendo dal mare, laggiù ad est, fino a toccare le montagne, ad ovest ed era una cosa che mi ha fatto riconciliare con il mondo.

E cominciò a girare lo zucchero nella tazzina…guardando lontano, con occhi incantati.

Immagino, riuscì a dire Sebastiano piuttosto perplesso, di fronte all’esito del tutto inatteso della storia, ma soprattutto compreso del grande spirito dell’amico, del quale ignorava, si accorse in quel momento, quasi tutto.

Ma quello che mi ha fatto incazzare, Pancrazio aveva ormai superato il momento di estasi ed era tornato sulla terra, è stato il medico del Pronto Soccorso, dopo la fasciatura si è permesso di dirmi, adesso, per qualche tempo, fai a meno di giocare a tennis.

Primo, la spalla slogata è la sinistra ed io non sono mancino…Secondo, io non gioco nemmeno a bocce, figurarsi se vado mai a giocare a tennis!

E buttò giù il caffè in un solo sorso e rimase in attesa della viva partecipazione, oltre che dell’amico barista, anche degli altri avventori che erano nel locale.   

L’unico a dimostrare interesse fu Maurizio, che leggeva il giornale nel tavolinetto accanto: si tolse gli occhiali ed alzandosi, caro Pancrazio, disse, l’arcobaleno è un fenomeno ottico che si ottiene…

Non finì di parlare che il Bardo lo interruppe, che mi frega di cosa è? Io so solo che mi è piaciuto, l’ho detto pure a Giulia ed Evelina che mi hanno accompagnato all’Ospedale, ma loro pensavano solo a ricoverarmi.   

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