GERARCHIE

 


                                                                                              

Tanto per cominciare mi piacerebbe sapere perché lo hai intitolato “Gerarchie”, quando avresti dovuto mettergli come titolo “Quisquilie”. Il tono di Sebastiano era conciliante, ma svagato, sembrava stesse pensando ad altro.

Pancrazio se ne stava ombroso appoggiato con i gomiti al bordo del bancone e ascoltava l’osservazione fatta dal suo amico con fare indolente rimestando con il cucchiaino nella zuccheriera, cosa per cui Sebastiano prudentemente gliela tolse di mano, spostandola di lato sul bancone.

Il titolo non gliel’ ho dato io ma Maurizio, anche se il pezzo è mio, disse poi.

Vuoi dire che lo hai scritto tu? Chiese l’altro.

No, l’ha scritto Maurizio ma gliel’ho dettato io.

Strano, si è cambiato il mondo: il maestro che scrive sotto dettatura dell’allievo, mai visto prima!

Non è proprio così: io gli ho raccontato il fatto e lui l’ha scritto, ma è lo stesso.  Comunque perché dici quis quaglie? Qui non si parla di quaglie, ma di altri uccelli.

Bravo all’ornitologo, sbottò Sebastiano, né quaglie né beccacce, è che qui si tratta di cose di poco conto, il fatto, come dici tu anche se non c’è alcun fatto, non meritava un pezzo da Zibaldino.

Ma perché dici così? Tu non lo hai nemmeno letto!

Figurarsi…e si accostò al foglio che teneva Pancrazio e cominciò a leggere.

 

“Il ticchettio del becco sul pavimento era sempre uguale, cambiava solo il tipo di volatile che lo produceva, costante ed intermittente; in quel momento era la cinciarella che saltellava a piedi uniti sulle mattonelle e ogni tanto si arrestava per guardarsi intorno, non si sa mai, la vita è difficile e piena di rischi a tutti i livelli. Raccoglieva, con moti velocissimi del collo e del capino, invisibili briciole, che dovevano essere in numero, perché il rumore era molto fitto.

Due passeri si presentarono tra le sbarre della balaustra e la cinciarella ristette un attimo, poi continuò, ma con minor vigore. I due nuovi arrivati si collocarono al centro della scena e la cinciarella si tirò leggermente in disparte, ma senza contrastarsi, fino a quando, dal davanzale del balcone, imposero la loro presenza due tortore, le regine del territorio, che con disinvoltura si impossessarono del bottino, evidentemente ancora abbondante, passeri e cinciarella, via.

In realtà la vita non era facile nemmeno per le tortore, ogni tanto, anche se non abitualmente, comparivano come neri sparvieri, corvi e cornacchie, che tra brevi voli ad ali spiegate e voci sgradevoli e gracchianti, si attaccavano alle sbarrette di ferro del balcone, mettendo in fuga le tortore”.

 

Tutto qui?, chiese a fine lettura, alzando gli occhi su Pancrazio che lo guardava ansioso. Ma queste son proprio fanfaluche, carabattole, mi meraviglio di Maurizio…

Pancrazio era deluso, guardava il foglio con tristezza: Maurizio non c’entra, sono stato io, pensavo di fare colpo su di te, mi sembrava interessante anche da un punto di vista sociologico…sai, la gerarchia che si trova in tutte le cose…anche qui, da noi, siamo come…

Ma che sociologico, un accidente! Mentre sbraitava, era dispiaciuto perché sapeva di umiliare l’amico e cercò di rimediare: ‘mbé, per questa volta ti perdono, ti abbono il prezzo della consumazione e prometto di non dire niente al Capo. 

Per la prima volta Pancrazio si sentì cadergli le spalle lungo i fianchi. E si allontanò in silenzio. 

Gerarchie, pensava, gerarchie.

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