IL NIDO
Sarà che questo è un nido d’amore, ma quello che ho davanti
è sempre lo stesso spettacolo, che, per carità, è bello e rassicurante, anche
se non in linea con le mode paranuziali più recenti.
(In realtà dovrei dire “quello”, perché è lì fuori, ma a me
piace così, in ricordo dei bei tempi in cui si era un’unica famiglia).
Due tortore, in verità sono quattro, ma due sono fisse, le
altre due compaiono saltuariamente, comunque sempre in coppia, si sono scelte
un punto di vista sul mondo circostante, dall’alto, sulla cima di un albero,
dove per cima deve intendersi il ramo esile e spoglio che si protende nel cielo
come un dito, l’ultimo di una mano scarna e stortignola, che eroicamente regge
il peso dei due volatili appollaiati sulla punta estrema di esso ed ultima
della pianta di cui è parte, senza fare una piega, nemmeno ondeggia e sembra un
miracolo.
Non è l’unico caso e per questo ho parlato di nido, intendendo
non il posto dove solitamente stanno, ma il luogo, forse l’ambiente favorevole
che le accoglie e contiene, ricco di dolci anfratti e oscuri meandri.
Diverse altre coppie di uccelli hanno trovato rifugio in
questo nido ampiamente inteso, di diverse forme e dimensioni, dalle piccole
cinciarelle, ai passeri, una coppia di pettirossi e alcuni corvi e cornacchie,
oltre naturalmente a svariate coppie di storni, che alloggiano qui solo di
notte, dopo essere tornate al tramonto da misteriose escursioni diurne, stanche
ma felici di ritrovarvisi.
Non sembrano tempi propizi agli amori, tantomeno stabili,
ma, come si dice? L’amore non conosce stagioni, vero Pancrazio?
Io non so, rispose Pancrazio, con Giulia ho fatto primavera, estate ed autunno, ora non mi resta
altro che l’inferno.
Con Satana e Belzebù, concluse Maurizio. Certo, là il caldo
non manca.
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