INVILUPPARSI
Pancrazio, dove sei stato tutto questo tempo che non ti
abbiamo più visto?
Sai quando si arriva ad una certa età, si cambia, si diventa
più solitari, si desidera di avere sempre di meno gente intorno, non ci si cura
del corpo che invecchia, si sviluppano le interiora.
Cuore, milza e addome? Chiese l’incauto.
Ignorante, le interiora sono le cose che hai dentro, ma non
le trippe, l’anima, lo spirito, il pensiero o come lo vuoi chiamare.
E tu ti sei messo a pensare, ma dove?
Sullo Zibaldino, per esempio, là non ti viene a disturbare
nessuno e puoi fare e dire quel che ti pare. Amici pochi, ma quelli veri.
Ho incontrato l’altro giorno, mentre facevo una passeggiata
in campagna, quel tale Lucius del bar Grande Italia, che tanto ci terrebbe a
far parte del nostro Circolo, il quale mi ha detto che sulla faccia di ogni persona
anziana, si vede il sorriso di un fanciullino. Io gli ha detto che non era
vero, perché sul suo volto non si leggeva un bel niente e lui mi ha risposto
che quello che voleva mettere in evidenza era la discrepanza (si dice così?)
tra l’esterno del volto e quello che aveva dentro. Ma cosa avesse dentro lo sa
solo lui.
Poi si è allontanato recitando una poesia “i più deserti campi
vo’ misurando a passi tardi e lenti”, mi sembra di ricordare. Ci capisci
niente?
Io penso (perché ‘sto Pancrazio pensa) che, giunto ad una
certa età, sia meglio farsi i cazzi propri e ci si chiuda in se stessi con
quelle poche cose che hai imparato e che ti fanno stare bene e basta.
Stando a Colleminuccio, ho scoperto che si può essere felici
anche senza niente. Ho trovato un amico nello stalliere che viene a rigovernarmi
la stalla della pecorella che allevo per la lana, il latte col quale faccio un
ottimo formaggio e per l’agnello che mi regala ogni anno per Pasqua.
Quest’anno quella cara bestiola, mi ha dato due agnelli,
anziché uno come al solito e allora ho deciso che a Pasqua mangerò il pesce. Gli
agnellini li faccio crescere e riprodurre, fino a farmi un vero gregge ed
allora me ne andrò a pascolare con il mio stalliere e potremo parlare di
filosofia.
Sì perché Pasquale, così si chiama, è un uomo ignorante come
una capra, ma sa tante cose più di me e quando parla è un vero filosofo. Mi ha
fatto notare il miracolo dell’erba che cresce nei prati e dei fiori che sbocciano.
Delle nuvole che passano in cielo e portano l’acqua essenziale alla vita, delle
canne che sibilano al vento, delle notti di plenilunio e dei galli che fanno la
ronda alle galline.
Inoltre è un ottimo aggiustatore di tutto, dalla zappa che
ha perso il ferro, al televisore che mi si era rotto e lui me l’ha aggiustato.
Se voi tutti volete dire che mi sono avviluppato nei miei
stessi panni, ditelo pure, io aggiungo soltanto che può dirsi anche “invilupparsi”,
che ha quasi lo stesso significato e si usa per indicare pensieri confusi come
forse sono questi miei, ma così sto bene e spero di restarci avvolto come in
mantello da re.
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