GLI ANNI DELLA TENEREZZA

 


         

                                                           

Si tende a ritenere che parlando di anni della tenerezza, si intenda riferirsi a quelli della prima giovinezza, quando ancora tutto è roseo, lo spirito è scevro di preoccupazioni e la tenerezza scaturisce dalla naturale propensione alla bontà dei sentimenti, ancora sotto l’influsso dell’amore materno e, anche, paterno.

Io invece voglio parlare della tenerezza che si prova in età avanzata, quando le forze scemano, l’animo si indurisce, ci si può anche incattivire, a causa di disgrazie e malattie, in genere per gli aspetti negativi del periodo declinante della vita, che precede la morte.

 Si aprono, in questi anni di smemoratezza, ampi spazi per la riflessione, non su se stesso, tanto quello che è stato è stato e non si può tornare indietro, ma su quello che ci circonda, a cominciare dalle persone, compagna, o compagno che ha le stesse nostre esperienze, e condiviso gioie e dolori, figli amorevoli, parenti ed amici sempre molto comprensivi, pazienti ed indulgenti, di fronte alle nostre insufficienze, debolezze e veri e propri atti di egoismo, vorremmo sempre più amore, calore, partecipazione, ci sembra che nessuno possa capire fino in fondo il disagio che si prova quando non si è più capaci di fare financo le operazioni più semplici della vita.

In una società in cui gli anziani godono di particolari benefici, dove tutto sembra preordinato a rendere meno grave il peso della inabilità e della solitudine, ma non è ancora abbastanza, per l’assistenza alle diverse e talvolta gravi fragilità del corpo e della mente.

Mentre il mondo va avanti, i vecchi sono fermi e tornano con la mente a quando tutto andava bene, perché la vita scorreva e non ti dava il tempo di pensare, bisognava agire.

Siamo grati alla vita per quello che ci ha dato e siamo consapevoli che quelli che stiamo vivendo sono gli ultimi scampoli e per questo dobbiamo passarli al meglio in quanto sono preziosi.

L’uccellino che ogni giorno viene a becchettare le briciole sul nostro balcone, ci dà una gioia, prima sconosciuta.

Il primo stormire delle fronde al minimo soffio di vento, suscita stupore e fascinazione.

Le prime gocce di pioggia, il tuono lontano, il senso di un mistero antico che passa con un brivido lieve.

I fili d’erba sul prato, mossi dal vento, formano un’onda che corre lungo il perimetro del giardino e torna indietro lentamente.  

Gli occhi acquosi dei bimbi e il sorriso stentato dei vecchi.

Il cielo stellato, la luna pallida…che fai tu luna in ciel, dimmi che fai?      

Le lunghe ore del pomeriggio passate in poltrona, a meditare sul nulla, la gioia di esserci e poi niente.

2 novembre 2024

I morti che tornano o noi siamo più vicini.

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