FRANCHEZZA

 

 


                                                                                                           

Tanto per fare quattro chiacchiere.

Forse scopro l’acqua calda, ma io sono convinto che uno degli insegnamenti più importanti che ci proviene dalla nostra discendenza dal mondo classico, fondamentale, nel senso di fondante di una civiltà, sia quello del tanto bistrattato – perché usato e abusato anche a sproposito –“ gnothi se auton” inciso sul frontale del tempio di Apollo a Delfi, che si vuole dettato direttamente dal Dio al quale il tempo era dedicato, con lo stesso sentimento religioso che ha indotto, poi i cristiani a ritenere, che la Bibbia sia diretta emanazione di Dio.

Conosci te stesso” è un invito a guardarsi dentro, per vedere quello che siamo veramente, senza infingimenti, che però si coniuga con il monito di riconoscere i propri limiti e non superarli. Il fondamento religioso consisteva nel divieto di paragonarsi ad un dio, tu uomo non puoi essere come Dio ed ogni tentativo in tal senso verrà punito, ed è quanto viene narrato anche dalla Bibbia, quando gli uomini tentarono la scalata al cielo costruendo a Babele una torre alta fino a lassù, che fu punita con la confusione delle lingue.

L’insegnamento sta nel riconoscimento della limitatezza dell’intelligenza umana, la quale, per quanto profonda ed acuta possa essere, non arriverà mai a comprendere tutto.

L’importanza di questo insegnamento è di portata così grande da non essere stato mai accolto, in quanto uno dei problemi che tuttora affligge l’umanità è il narcisismo palese o latente in ognuno di noi. E qui sovviene un altro racconto, quello del ben Narciso, frutto della saggezza degli antichi padri, che ci fa vedere come finisce chi si innamora troppo di se stesso.      

Mi hai detto di parlarti con franchezza e io lo faccio; d’altro canto rivendichi il coraggio di metterci la faccia, accettando le eventuali critiche per quelle che chiami manifestazioni di vanità ed allora ti dico che a mio parere, il tuo non è coraggio, ma solo vanità.

Screen o non screen, è che tu, caro Lucio, infiocchetti i tuoi scritti, pensieri?, idee? Semplici considerazioni, come fossero oggetti preziosi, te li coccoli, li lisci e incornici e poi li dispensi, graziosamente, e gratuitamente, dopo averli doverosamente autenticati, al volgo, che se ne pasca se può.

Collochi te stesso sempre un po’ più in alto della tua statura e ogni tua frase, anche per esempio “la vita è bella”, tu la incornici, ci metti la data e timbri, certificando la tua identità. Come un protocollo a futura memoria: ”che si sappia chi l’ha detto e quando”, come si trattasse di qualcosa di assolutamente originale che solo tu potevi dire. Con buona pace degli eventuali lettori nella mente dei quali ti picchi di voler suscitare pensieri e riflessioni.

“Ille dixit” si dice quando si cita una affermazione di Aristotele, del quale non mi risulta che apponesse la sua firma a piè di ogni frase.

Dovremmo imparare tutti ad essere più modesti, non a parole, ma come impostazione di fondo della nostra personalità, rinunciare, se necessario ad un poco di autostima alla quale siamo molto attaccati. Si tratterebbe di una cessione di credito o di presunzione a favore della collettività, per vivere in società, come oggi in Europa, a livello di singoli Stati, si ragiona di cessione di quote di sovranità, a favore dell’Unione non ancora completata.

Quanto ai vari testi che ultimamente mi hai sottoposto, ho l’impressione ogni volta di sentir parlare un “guru”, le tue presunte “verità” scendono sempre dall’alto e non sono discutibili, non offrono possibilità di varianti o ammorbidimenti. Quello è, prendere o lasciare.

Tu sai che l’arte della dialettica, che arricchisce l’uno e l’altro dei contendenti, consiste nell’apertura al dialogo. Che normalmente prevede una contrapposizione di idee che si confrontano liberamente e non è detto che l’una debba prevalere sull’altra, non ci sono vincitori né vinti, ma solo una maggiore consapevolezza da parte dei partecipanti, della poliedricità di ogni oggetto posto in discussione.

Tu dici le questioni (quali? Tutte, o solo alcune?) non si risolvono con la forza, ma con metodi adeguati (quali?); la mia osservazione è che si tratta di un’affermazione scontata e condivisibile da tutti, nella teoria. Nella pratica è spesso disattesa, anche in modo macroscopico. Contro la forza la ragion non vale, dice un motto popolare (v. Putin e l’Ucraina).

A proposito di essere sensibili o meno, prima dici, sulla scorta di Tolstoj, tanto di cappello, riscoperto dalla Guendalina, mi tolgo il cappello ancora una volta, che la sensibilità è la vera forza che sostiene tutto il nostro essere, poi parlando di te dici di essere arrivato ad una età avanzata e di sentirti come un vaso di coccio, tra vasi di ferro. E a te certo la sensibilità non manca, anzi forse ce ne hai troppa, ma allora come giustifichi questa tua debolezza?

La persona sensibile è più esposta ai moti dell’animo, rispetto ai duri di cuore e la sua sensibilità si manifesta con un comportamento che è rispettoso della personalità e dei sentimenti altrui; è gentile, comprensivo e questo atteggiamento viene erroneamente scambiato per debolezza, così come l’insensibilità, l’impermeabilità, che sono cosa diversa dalla capacità di contenere le proprie emozioni (in questo caso si parla di forza d’animo, da contrapporre alla fragilità sentimentale dei molti), generano sensazioni di forza, anziché di durezza.

Per cui ritengo molto conseguente, difendere la propria ricchezza interiore, anche a rischio di fraintendimenti, come tu dici, con le unghie e coi denti e questa è la forza di cui parla Tolstoj.

Benvenuto nel territorio dei sensibili forti; forti se non altro, nel convincimento di essere dalla parte giusta di una umanità antropizzata, fuori dalla originaria belluinità.

E se poi vuoi dire che il narcisista sono io, con le mie dissertazioni, come tu le chiami, potresti trovarmi perfino consenziente.

 

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