MISCREDENTE
Robert G. Ingersoll, Orazioni di un Miscredente, Liberilibri, 2006
Per parlare del miscredente, dobbiamo prima accennare al
problema della religione.
La materia è molto complessa, ma qui dobbiamo semplificare
Secondo alcuni, la religiosità, è un sentimento innato
nell’uomo, secondo altri, invece, è vero esattamente il contrario, che la
religione è un retaggio delle paure ancestrali che l’uomo ha dovuto affrontare fin
dai tempi bui della preistoria.
Il problema principale sarebbe quello di stabilire se esista
un Dio che ci governa, o se tutto quanto ruota
intorno a noi è frutto del caso. Da esso deriva poi il corollario della
sopravvivenza, o meno della parte spirituale della persona umana, che noi
chiamiamo anima, dopo la scomparsa del corpo.
Ma questo non è compito nostro.
Noi tutt’al più ci possiamo chiedere: la religione è un bene
o è un male? Serve o non serve? Unisce o divide?
La parola “religione” viene dal latino “religio”, che a sua
volta deriva da “religare” che vuol dire legare e, quindi, è un legame che, in
effetti, lega i singoli individui ad un credo e li obbliga al rispetto di certe
regole e, nel contempo, aggrega più persone in comunità composte da soggetti
che osservano la stessa fede.
È un bene e serve, per certi versi, come quando detta regole
di comportamento buone per tutti, certamente utili al vivere in comune; è un
male quando diventa strumento di integralismi intolleranti e assolutismi
dannosi.
Abbiamo visto che crea vincoli nei e fra i soggetti che ad
essa sottostanno, ma divide popoli, etnie e gruppi, a seconda delle diverse
fedi che si professano nel mondo. Vedi lo sconcio spettacolo di tutte le guerre
di religione e l’odio razziale dovuto anche ai diversi credi religiosi, ognuno
dei quali afferma di essere in possesso della “vera” fede.
Una cosa è sicura: la religione “esiste”, c’è e c’è sempre
stata, in ogni parte della Terra e presso ogni popolo, in qualunque epoca, dal
Totem all’Altare, ed è ancora di enorme importanza, per molti.
L’umanità si divide in categorie che acquistano nomi
differenti, a seconda del diverso modo di porsi, di atteggiarsi di fronte a
questo fenomeno.
La divisione principale è tra chi crede e chi non crede. Però,
mentre è facile collocare coloro che si dichiarano credenti in un’unica
categoria, per quanto riguarda i non credenti, si distinguono tante posizioni
diverse, da costituire un fitto sottobosco nel quale a volte non è facile
districarsi.
In questo campo, in primo luogo vengono gli atei, che negano
in maniera assoluta l’esistenza di qualunque dio o divinità che possa
sovrastarci dopo averci dato la vita.
A seguire, abbiamo poi gli agnostici che sono quelli che
fanno di più i pesci in barile: dicono, non ho le prove (matematiche men che
mai) della esistenza di Dio, ma non ho nemmeno le prove contrarie, della sua
inesistenza, pertanto mi astengo da qualsiasi giudizio. Si tende a dire che non
sono sicuri della propria spiritualità. Sono d’accordo, solo però se per
spiritualità si intende la sopravvivenza dello spirito rispetto alla carne. In
quanto alla spiritualità come componente della persona umana, non si tratta di
essere sicuri o meno, essa c’è ed è innegabile.
Gli scettici, che propendono per non credere, ma non sono
del tutto convinti.
Gli infedeli che non credono alle religioni professate da
altri, ma possono professare una propria fede.
Un discorso a parte meritano i miscredenti, che non
costituiscono una categoria, ma si distinguono per la loro singolarità e, se
vogliamo, versatilità, perché la parola “miscredente” supporta più modi di
utilizzo nel discorso, a seconda anche dell’intonazione di voce usata, in
contesti seri o meno seri e derisori, come cercherò di dimostrare.
ll miscredente è un non credente, di facciata, di foggia
meno nobile di chi si dichiara convintamente ateo. Uno che non crede in niente,
soprattutto non crede a quello cui credono gli altri.
In realtà è una figura ambigua, si atteggia a non credente,
può irridere la religione altrui, ma non mostrare rispetto neanche della propria,
eventuale credenza. Potrebbe essere un credente a giorni alterni.
Se si dà del miscredente a qualcuno, non è detto che si
voglia dire che si è di fronte ad un non credente, ma piuttosto potrebbe
trattarsi di uno che non rispetta tutte le regole. Si dà del miscredente a chi
tratta la religione con troppa disinvoltura, come cosa di poco conto. Un
retaggio al quale non dare molto credito, ma che non si vuole abbandonare, più
per abitudine che altro.
Questo termine si usa spesso con disprezzo, riprovazione,
oppure talvolta con intento derisorio. Comunque, sempre con una notazione
negativa, come cosa spregevole, da rigettare, seriamente, o per burla.
Ma, in genere, il miscredente ha di per sé atteggiamenti
spavaldi e, tutto sommato, ridicoli, perché fondati su nulla, su nessuna
convinzione. È uno che nega tutto, ma non afferma niente.
Quel satanasso di un miscredente!
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