AFFASTELLARE
Pancrazio quella mattina era particolarmente facondo. Dopo aver
ascoltato la lezione del Maestro sull’essere facondo, egli si sentiva dotato di
tutte le qualità necessarie per essere tale, così come le sue galline, a
Colleminuccio, che ogni mattina, facevano l’uovo, dandone allegramente conto
con entusiastici coccodè.
Per cui parlava, parlava senza sosta, fino a quando
Sebastiano non gli disse: a Pancrà, ma che ti vai affastellando, stamattina?
Ferito, ma ancora indulgente, Pancrazio si prese qualche
attimo di ripensamento, poi, pacatamente si rivolse al suo interlocutore con
spirito magnanimo e disse:
Tu perché non puoi capire, caro Sebastiano, non è colpa tua,
ma della società. Tu sei chiuso sempre qua dentro, i tuoi interessi sono tutti
qui, i clienti da riverire, le paste da ordinare e i caffè i thè da servire,
sei uno schiavo urbano, io vivo all’aperto e sono libero, vedo le cose da un
altro punto di vista, che non è lo stretto di un locale, ma lo spazio dell’orizzonte.
Ripeto, insistette quello con pazienza, ma che vai affastellando?
quello che stai dicendo sono tutte stronzate.
Ecco una buona occasione di offrire un’offa di pace tra due
contendenti, si propose Maurizio. Sapete voi due cosa significa affastellare? Potrebbe
essere utile ad entrambi, approfondirne il concetto e chissà che non serva a
fare pace e scoprire che dite tutti e due la stessa cosa.
Senza attendere l’assenso dei due malmostosi, continuò
sorridendo amabilmente:
Affastellare è un verbo non molto usuale e forse anche per
questo, un po’ irritante, perché le volte che viene usato, lo si fa in contesti
non ben definiti, con un senso che può variare a seconda dell’intento di chi ne
fa uso.
Affastellare significa legare insieme cose dello stesso
genere, onde farne un fastello. Il fastello è un fascio che diventa fastello
attraverso il diminutivo fascerello. Bisognerebbe quindi dedurne che il
fastello è più piccolo del fascio, ma ciò ha poca importanza.
Ciò che conta, invece, è che i fastelli sono mucchietti
ordinati di cose della stessa natura e pressappoco della stessa consistenza, in
peso e volume, fatti per poter valutare visivamente e complessivamente,
l’entità del materiale accumulato.
L’uso più comune è quello che avviene in agricoltura,
soprattutto all’epoca del raccolto o delle potature, in cui si affastellano il grano,
che viene legato in covoni allineati in
bell’ordine, fieno, spuntature di rami, ed altri prodotti.
Ma l’uso più frequente del termine, avviene in un contesto
molto diverso e allargato, in cui, l’oggetto dell’affastellamento non è più una
cosa materiale, ma l’impalpabile del discorso, delle idee e dei progetti, tutte
cose immateriali che più intricano l’animo umano.
Ciò è importante perché mette in evidenza un’anomalia del
nostro linguaggio, che nell’uso estensivo del significato del termine, ne ha
letteralmente rovesciato la valenza, da positiva in negativa, con conseguenze
rilevanti sulla utilizzazione dello stesso.
Nel senso originario, infatti, l’affastellamento avviene in
modo ordinato, ed è cosa buona e giusta per fini insiti nell’azione stessa, ed
è quindi da intendere in senso positivo (l’affastellamento dei covoni di grano
serve a raccogliere ordinatamente il prodotto).
In quello, invece, invalso nell’uso comune, prevale il senso
negativo dell’ammucchiata selvaggia senza ordine e misura, per cui le cose
affastellate in genere, hanno connotazioni spregevoli, o disdicevoli, come
l’affastellamento di idee diverse e contraddittorie, l’affastellamento di bugie,
di errori o sconfitte, e non è possibile mai che per cose positive o ammirevoli,
come per esempio, successi, glorie, o premi, si usi lo stesso verbo affastellare.
A meno che non si voglia esprimere implicitamente un
giudizio di merito, di disapprovazione, nei confronti dei riconoscimenti con
esso attribuiti, quando per esempio si dice, il tale autore ha affastellato un
tot di premi del tutto non meritati o comunque discutibili.
Maurizio finalmente tacque e i due ascoltatori, ancorché
ognuno sulle sue, guardavano sbalorditi, immaginando un proseguimento che desse
senso, almeno per loro a tutto quel po'-po' di roba che era uscito dalla bocca
dell’oracolo.
E ‘mbè? chiese alfine Pancrazio.
Niente, rispose l’interpellato, ho voluto farvi capire, che
Pancrazio può affastellare in campagna nel senso vero del significato di questo
verbo, mentre Sebastiano può, avvalendosi dell’uso estensivo del termine, ritenere
che tu stia affastellando a parole, il che può essere non vero.
Che ti dicevo? Concluse Pancrazio rivolto al suo amico Seba,
come al solito, hai capito fischi per fiaschi e, quindi, un’altra volta, prima
di parlare, guarda me e chiedimi se puoi.
Mussolini "affastellatore" di frottole per gli italiani
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