PESSOA
Pessoa secondo me è un caso unico nella letteratura di tutti
i Paesi del Globo.
Io lo vedo, all’apparenza dimesso, schivo, un ometto
qualunque, col suo cappello, gli occhiali, i baffi, la sua livrea abbottonata, che
non ci teneva a distinguersi dalla folla, quella moltitudine di cui parla nei
suoi libri non dissimile dal Pereira di Tabucchi, gran conoscitore dello
scrittore portoghese che a lui si era ispirato, che alle debolezze del suo
carattere, aggiungeva non poche qualità.
Anzi moltissime, straripanti, incontenibili, tanto da
riversarsi in una molteplicità di autori, nati dalla sua penna, dotati di vita
autonoma, i quali si muovevano ognuno in un proprio ambiente, interagendo tra
di loro e con il loro ideatore, al punto di far apparire che di un circolo si
trattasse, di letterati a confronto, e non di una mera finzione di un autore
dotato di molte facce e personalità, il quale si divertiva a far scrivere a
loro i suoi libri, dotati tutti di caratteri distintivi, tanto da rendere la
finzione assolutamente verosimile.
I vari eteronomi da lui creati, tra i quali Alvaro De Campos
e Ricardo Reis, erano così indipendenti dal loro ideatore, che per molto tempo
furono ritenuti autori autentici e, alla morte del nostro, critici letterari
che avevano seguito l’evoluzione dei
rapporti intercorsi fra di loro, si chiesero che fine avessero fatto, avendo
notato che dopo la morte di Pessoa, erano entrati tutti in un assoluto silenzio.
Un silenzio dal quale almeno uno di essi viene tratto e
rivitalizzato da un altro portoghese, lo scrittore Josè Saramago, il quale nel "L'Anno della morte di
Ricardo Reis", oltre ad attestarne la sopravvivenza, ne determina anche la
morte, datandola al 1936, un anno dopo la morte di Pessoa.
Secondo una
leggenda, Vasco De Gama, quando si trovò a doppiare quello che in
seguito prese il nome di Capo di Buona Speranza, all'improvviso si
trovò ad affrontare con le sue navi una tempesta di violenza
eccezionale con una nebbia fitta che impediva la vista e
ondate gigantesche che squassavano gli scafi,; sembrava che una forza
soprannaturale volesse impedire alle imbarcazioni di andare oltre,
respingendole e furono in molti tra gli equipaggi a dire che avevano
scorto, in mezzo ai lampi, tra gli scogli, un gigante che tentava di
impedire il passaggio, scagliando enormi massi contro di loro.
Narra ancora la
leggenda che la figura che si stagliò imponente contro il grande navigatore
portoghese, era quella del titano Adamastor, l'unico ad essere sfuggito
alla vendetta di Zeus, per non aver partecipato insieme ai suoi fratelli
al tentativo di scalare l'Olimpo con l'intento di detronizzare il re
degli dei, ma che fu ugualmente trasformato in una
roccia o, secondo un'altra leggenda, in un terribile dio marino
che aggrediva i naviganti ed in quella occasione tentò di opporsi
inutilmente alla scoperta del passaggio che conduceva alle Indie.
In ricordo di
quella impresa, in una Piazza di Lisbona, c'è un monumento dedicato al
gigante Adamastor, ripreso nell'atto di guardare il mare, mentre sembra sul
punto di emettere un urlo.
Ed è in questa
piazza, ai piedi di quella statua, che Saramago fa incontrare Pessoa, morto,
con il suo eteronomo, vivo, ed è uno strano incontro, collocato ad arte, in
quell’anno fatidico che fu il 1936, in cui, con la guerra civile spagnola, che
portò all’affermazione del dittatore Franco e gli insorgenti astri di Mussolini
e Hitler, in Europa si dette la stura alla peggiore concentrazione del male
sulla terra, con l’avvento delle dittature fascista e nazista, a tre anni dallo
scoppio della Grande Guerra, che tanto danno portò al mondo intero .
L’urlo inespresso
di Adamastor che sovrasta i nostri personaggi, sembra più di disperazione, che
non di minaccia.
Concludo dicendo
che sarebbe interessante indagare quanta parte di Pessoa sia possibile rinvenire
nei vari libri che egli ha pubblicato sotto il nome dei suoi eteronomi, visto
che ognuno di essi, eteronomi, insisto e non pseudonimi, ha un proprio profilo
e, quindi, scoprire quanti Pessoa fossero contenuti nell’unico corpo di quell’ometto
insignificante, una vera sola moltitudine.
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