BIZZEFFE A IOSA

 

                                                                        

Pancrazio, sei sempre molto triste?

E come potrei non esserlo? E’ morto il migliore di tutti noi, colui che per tanto tempo ci ha guidato da lontano, senza apparire, ma se lo Zibaldino esiste, è merito suo.

E’ passato di qui un tale, disse Sebastiano, affermava di chiamarsi Rimediatore, o qualcosa del genere e di conoscerti e di volerti bene. Per la tua tristezza ti voleva proporre una piccola distrazione, così, solo per non stare a pensare sempre lì.

Non conosco nessun riparatore e non so cosa voglia da me. Di guai ne ho già abbastanza, da non desiderarne altri.

Era solo una provocazione: te la sentiresti, con questo stato d’animo, di impegnarti in una ricerca su due parole molto semplici e molto banali, futili?

E quali sarebbero queste due parole?

Bizzeffe e iosa.

Guarda che io non mi sono mai fatto beffe di nessuno e dio solo sa se non mi faccio gli affari miei.

A questo punto intervenne Maurizio, alzandosi dalla sedia sulla quale sedeva da ormai troppo tempo e, avvicinatosi al bancone, dove Sebastiano e Pancrazio discorrevano pacatamente, rivolto a quest’ultimo, disse:

Senza rendertene conto, hai già centrato un punto della questione biforcuta proposta, che ha per oggetto queste due parole, bizzeffe e iosa, apparentemente molto distanti tra di loro e di origine molto diversa, ma che, sostanzialmente, hanno lo stesso significato: se di una cosa si dice di averne a bizzeffe, o di averne a iosa, in tutt’e due i casi, si vuole intendere che di quella cosa se ne possiede una grande quantità.

Per quanto riguarda in particolare la seconda, “iosa”, c’è un’espressione, “Dio solo sa”, che in dialetto veneto, suona “i- o- sa”. E secondo alcuni potrebbe essere questa l’origine della parola, mentre più probabilmente essa è da ricercare nella locuzione “Chiosa”, che è la moneta finta usata dai bambini nei loro giochi, (divenuta poi “iosa”), indicante una cosa di scarso valore; il concetto, trasportato ampliato nel mondo reale, viene a significare che, se un bene ha un prezzo molto basso, esso è di scarso valore e quindi se ne può avere una grande quantità. Un po’ macchinoso, vero? Sta di fatto che nessuno sa l’etimo esatto della parola “iosa”, che si usa solo nella espressione “a iosa”, per dire “in quantità rilevante”.

Come “a zuffugn’?”, chiese Pancrazio. Sì, a zuffun’, confermò serio Maurizio, guardandolo negli occhi ed aggiunse: se preferisci.

Bizzeffe, invece ha un’origine sicura ed è un lascito delle dominazioni straniere in Italia; per inciso, deriva dalla parola araba, Bizzaf, che nella lingua parlata, diventa Bizzef, che significa appunto “molto”.

Seguì un breve silenzio; Pancrazio sembrava perplesso.

Tutto bello, tutto buono, disse infine, mesto, ma questo giochetto di parole non è che mi abbia sollevato granché e resto del parere che è meglio farsi i fatti propri, senza farsi beffe di nessuno, che dio solo lo sappia, o meno.

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