L'ULTIMO INCONTRO
È venuto, perché voleva vederci, doveva parlarci nonostante
le sue difficoltà fonetiche, ha approfittato di un breve periodo di tempo in
cui sembrava che le cose andassero meglio e, con l’aiuto del fratello Stefano,
che lo ha accompagnato in macchina e insieme alla sorella Valentina e al figlio
Leonardo, è venuto a Teramo, nella casa del padre, per quello che si è poi
rivelato un commiato.
Quella doveva essere l’occasione per dirci tante cose, per
aprirci finalmente ad un chiarimento e sgombrare il campo da ogni possibile
incomprensione, una volta per tutte.
Così non è stato, anche se in un discorso informale che
facemmo nel mio studio a quattr’occhi, ci avvicinammo abbastanza al nucleo
centrale della questione ed entrambi uscimmo soddisfatti, sicuri di potere
continuare il discorso iniziato in un altro momento, una volta individuato il
filo conduttore.
Nessuno poteva prevedere che quella doveva essere l’ultima
occasione di aprire il nostro cuore, come nella vita non avevamo fatto.
La colpa, naturalmente era tutta mia ed ora non mi resta che
fare ammenda e chiedere perdono a mio figlio delle mie insufficienze e
manchevolezze. Lui, come padre, è stato migliore di me.
Fra le molte attitudini di Giuseppe, c’era anche il piacere
di giocare con le parole, inventando, a seconda delle circostanze, espressioni
singolari che avevano un senso solo nel ristretto nucleo familiare.
Fra queste c’era quella dei “tre papi”, che rappresentavano
la line discendente della famiglia, nelle persone del capostipite, che ero io,
il figlio, che era lui e il nipote Leonardo.
Ora che il principale di quei “papi” se n’è andato, con la
presente, incarico mio nipote Leonardo, il terzo dei “tre papi, di voler
esprimere, in un colloquio riservato con lui, quei più intimi sentimenti che
non sono riuscito a comunicargli in vita, facendogli presente che il mio amore
per lui, anche se forse malamente
espresso, è stato sempre grande, così pure la considerazione
per le sue doti non comuni, la sua bontà d’animo, la sua alta statura morale.
In queste occasioni, in cui la sorte stabilisce in modo
bizzarro l’ordine delle precedenze nelle partenze per quella che sarà la nuova
destinazione, molti dicono il raggiungimento di una meta, ma nessuno sa quale,
è un luogo comune dire “se ne vanno sempre i migliori”, così non sarà per
Giuseppe che non aveva nessuna ambizione ad essere ritenuto tale, volendo invece
essere, sempre e soltanto, un compagno di strada. Felici quelli che su quella
strada hanno avuto la fortuna di incontrarlo ed accompagnarsi col lui per un
tratto.
Con l’auspicio, ora che il destino si è concluso, che il suo
spirito possa volare alto, su, oltre le vette che nelle sue escursioni egli aveva
più volte raggiunto.
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