IN PUNTA DI PIEDI
Mi ha sempre colpito un passo di Nikos
Kazantzakis ne “La mia Grecia”, a proposito delle parole, del loro corso e
delle loro relazioni con il mondo della vita.
Auguri di buon anno, Bruno, a te ed alla tua famiglia.
Achille
Olivieri grazie Achille anche a te buon
anno
È vero la lingua evolve e si adegua ai
tempi, ma io non gradisco l'involuzione che sta subendo la nostra lingua
nell'assumere nuovi termini gergali e barbarismi di cui i più ignorano
l"etimologia. Tutto questo porta alla progressiva impossibilità di eleborare
ed esprimere pensieri complessi da parte dei più...
Oltretutto esteticamente sta diventando
più brutta ...
Comunque che il nuovo anno porti un po'
di pace i tutti i cuori e pietà in quelli dei signori della guerra ..
Lucio Di
Eugenio Accademia della crusca
Bruno Aielli Mo faccio la parte di Pancrazio: "ma che
c'entra lo scarto della farina che mia zia dava ai maiali se mo parliamo di
lingua?"
Buon anno caro Bruno
Luciana del
Grande grazie buona fine e miglior
principio cara Luciana.
Luciana del
Grande buon anno
... io "inane" nel testo di
una canzone sono riuscito ancora a infilarcelo...spero che non scompaia sennò
come faccio a cantarla ancora?? ...auguri
Bruno! ora
Wolters Di
Giacinto tranquillo, una volta catturato,
non ti scappa più. Buon anno Wolters.
IN PUNTA DI PIEDI
Siamo usciti da questo 2023 in punta di
piedi per non farci sentire, in quanto non ci sembrava che ci fosse nulla di
cui vantarsi ad essere stati testimoni della sua effettualità, ma in realtà non
sarebbe stato difficile passare comunque inosservati dato il grande frastuono prodotto
degli scoppi, non più di petardi e mortaretti sparati per festeggiare l’arrivo del
nuovo anno, ma, purtroppo dalla terribile pioggia di bombe, missili, droni e
colpi di artiglieria provenienti da luoghi molto vicini a noi, dove infuriano
guerre insensate e devastanti, più attive che mai, in prossimità delle
festività di fine anno, in varie parti del mondo, con l’incubo della minaccia incombente, di un incendio globale, sul punto
di accendersi, che sarebbe fatale per tutti.
Impotenti di fronte a tanti massacri e
danni, decisi dai grandi della Terra, che di grande hanno solo una mente mostruosa
ci siamo rifugiati nel nostro piccolo “particulare”, a parlare di cose che non
hanno peso, come le farfalle, ma non quelle che battono le ali in Giappone e il
vento prodotto dal loro battito arriva fino a noi; le nostre sono solo cavolaie,
che svolazzano allegramente, bianche ed eteree, portate dal vento e svaniscono
tra l’azzurro del cielo e il verde del fogliame.
L’ultimo dell’anno Maurizio ha parlato
di oblio, in particolare, delle parole. Per fortuna, a sostegno della sua esile
tesi, molti stimoli sono pervenuti al disarmato maestro, da parte di alcuni
fedeli amici, suscitando immagini e riflessioni, destinate ad avere un influsso duraturo sugli animi sensibili,
dal cadaverino del fiore senza nome, disteso sul muricciolo, evocato da un
lettore attento, al peana innalzato da un ostinato difensore della lingua, che
lamenta un impoverimento del linguaggio a causa dell’introduzione nel
vocabolario di barbarismi dei quali si ignora l’etimologia, cosa che provocherebbe
l’impossibilità di formulare pensieri complessi, alla preoccupazione di un arguto
ironico osservatore, di vedersi scomparire un aggettivo da una sua composizione
musicale.
Pancrazio guarda dall’alto tutto questo:
egli è conscio del fatto che stiamo vivendo un momento di grandi cambiamenti in
un mondo sempre più diviso in due, i nodi, invece di sciogliersi, si
ingarbugliano, le posizioni si radicalizzano, i problemi si moltiplicano.
Egli è addolorato per tutti quei poveri
innocenti che vengono trucidati, intere popolazioni che vengono cacciate dalle
proprie case e buttate in mezzo ad una strada, senza cibo, né acqua, né vestiti
per coprirsi, senza medicine e latte per i piccoli che muoiono di fame.
Ma è anche arrabbiato perché nessuno fa
niente per far cessare questo disastro ed a lui non resta che protestare, senza
poter fare niente, se non nascondersi nel singulare come dice Maurizio; ma non
è proprio il nostro singulare all’origine di quell’orto che ci fa tanto feroci,
di cui parlava suo nonno, che amava leggere Dante e lo interrogava di tanto in
tanto, con domande come: voci alte e fioche e suon di man con elle, che
significa?
Cantaci o Maurizio di una bella favola,
non più guerre per il mondo, i soldi per gli armamenti devoluti tutti a scuole
e ospedali, Cappuccetto rosso che va a
spasso e ammansisce il lupo cattivo ed entrambi vanno a casa della nonna e
tengono lontano il cacciatore,
Cenerentola va al ballo con le
sorellastre sotto lo sguardo compiaciuto della matrigna, Biancaneve che sfugge
alle molestie del principe azzurro e concorre insieme alla regina al titolo di
più bella del reame.
Facci sognare, per una notte.
Commenti
Posta un commento