VIOLENZA DI GENERE

 

                                                                 

Ci vogliamo dimenticare delle origini? Il male di genere è antico e viene proprio dalla Creazione. Dio creò Eva perché Adamo si annoiava. E lo fece prelevando una costola da Adamo, perché? Gli mancava forse altra creta? Non credo. Eva era una parte, piccola dello stesso Adamo, a lui sottomessa, per nascita e condizione. Doveva servire come trastullo per il povero maschio annoiato e sollevarlo dalla sua solitudine, rimanendo un pezzo del suo corpo, l’altra parte di sé, non a caso di sesso diverso, amato ed adorato, del quale egli poteva disporre a piacimento.

Ma, a parziale assolvimento in senso evolutivo, della scrittura, non possiamo vedere nel fatto del distacco di una parte del corpo di Adamo, per creare Eva, una geniale intuizione dell’origine di quello che ora noi chiamiamo il dimorfismo sessuale? del corpo, originariamente ermafrodito di Adamo, diviso in due nei suoi caratteri fondamentali, con la distinzione di un genere maschile e l’altro femminile e la ricomposizione delle due parti nell’atto della copulazione? E anche della permanenza di tratti del genere maschile in quello femminile e viceversa?

Questo secondo le scritture, ma anche le scritture, abbiamo appreso, sono figlie delle epoche che le hanno generate. Quanti secoli e millenni sono passati? Ed Eva è cresciuta, faticosamente, divenendo da oggetto in soggetto, non più costola di Adamo, non più giocattolo di cui disporre, da usare e mettere da parte, ma persona autonoma, con una propria vita e proprie idee, non più adibita al suo servizio, non più soggetta alla sua presunta superiorità, né di intelletto, né di forza, avendo dimostrato di poter fare tutto quello che facevano gli uomini, con uguale e spesso maggiore abilità e, senti senti anche lei in possesso di un’anima, si è in ritardo riconosciuto e questo è stato duro da accettare da parte di Adamo, che avrebbe voluto mantenerla nel suo stato di perpetua sottomissione.

Come una gattina, alla quale si può essere molto affezionati, ma a cui, all’occorrenza, se tira fuori le unghie,  si può anche dare un calcio e mandarla via impunemente.

Ancora una volta, però, nelle stesse scritture, potremmo individuare un sintomo del cambiamento, in quel primo atto di affrancamento della donna, consistente nella disubbidienza di Eva alla proibizione di non cogliere di quelle mele dell’albero della conoscenza, cosa che invece lei, tentata dal serpente, fece cogliendone una che poi offrì in pasto ad Adamo. Cosa che le è costata la fama di peccatrice, e poi, strega e diavolessa.

La tragica fine inferta alla povera Giulia dal suo ex fidanzato, rivelatosi da “bravo ragazzo”, un mostro di crudeltà, induce a molte riflessioni e considerazioni, sulla figura del maschio che, cresciuto nella bambagia del suo immaginario, coltivato nell’humus di un contesto generale che gli faceva ritenere di essere il dominante, nel rapporto uomo-donna e che, invece, di fronte ad un rifiuto, o un abbandono, si scopre debole ed impotente e cade in frustrazione e, non disponendo di altri mezzi di persuasione, è portato a reagire con la forza, adottando comportamenti violenti, nel caso migliore verbali, più spesso fisici, che vanno dalle percosse, alla violenza sessuale, o al femminicidio, come appunto nel caso dell’infelice Filippo Turetta.

E molte cose sono state dette, sui giornali e sui social, a proposito della nostra società ancora ancorata ad un solido patriarcato e dominata dal maschilismo e sulle deviazioni e degenerazioni che da essi provengono nel rapporto tra uomini e donne.

Si tende a dire che ogni uomo reca in sé i postumi di questo guasto e, pertanto, è responsabile di quel che accade. Parliamoci chiaro, appartenenti al genere maschile, siamo tutti mostri, almeno in potenza.  

L’efferato delitto compiuto con predeterminazione dal Turetta, si dice, “per troppo amore”, può essere oggetto di studio da parte di psicologi e psichiatri, ma ci ripropone il problema della c.d. “banalità del male”, di cui parla la Arendt, a proposito del criminale nazista Adolf Eichmann nel corso del processo intentato contro di lui a Gerusalemme nel corso del 1961, al termine del quale, l’imputato, riconosciuto colpevole della uccisione di milioni di ebrei, fu condannato a morte per impiccagione. La scrittrice voleva dire che il male non si presenta necessariamente sotto le sembianze di un mostro, ma si può riscontrare come “normale” nel comportamento di alcuni, in un contesto di diffusa anormalità.

Tra l’altro il Turetta, tanto determinato nell’uccidere la ragazza, con l’aggravante della crudeltà, non lo è stato altrettanto nel portare a termine il suo disegno, che prevedeva di suicidarsi subito dopo il delitto, dimostrando, così, di essere un prevaricatore e anche un vigliacco, incapace di infliggere a se stesso il dolore che aveva inferto con crudeltà, a lei.

Che il male possa nascondersi sotto un aspetto apparentemente “normale” è per noi oggetto di riflessione e di preoccupazione. Applicato al problema della violenza di genere, appare  ancor più desolante, perché il tema della violenza contro le donne, da parte degli uomini, è particolarmente sentito e tutti sappiamo che ha le sue radici nel più profondo della storia e della preistoria dell’umanità, come bene veniva illustrato tempo fa da un vignettista, con l’immagine dell’omino primitivo con barba lunga fino ai piedi e clava in spalla, che si trascinava, tirandola per i capelli, la sua donna nella caverna, “per amore”.  

È vero che nella nostra società, larga parte dell’opinione pubblica, tende a ritenere ancora “naturale” il mito del maschio dominante, ma non è così. Moltissimi passi avanti sono stati fatti su questa strada e ritengo, che la maggior parte degli uomini, siano oggi esenti da questa “macchia ancestrale” che per millenni, ha ridotto la figura della donna al ruolo secondario di fattrice e, al massimo, educatrice, della propria prole.

Esiste invece una rete di connivenza, fatta di risolini, ammiccamenti, allusioni, quando si parla di donne, tra appartenenti al genere opposto, che fanno ritenere non del tutto sincere le proclamate asserzioni di assoluta innocenza rispetto al tema dell’antifemminismo.

A questo proposito si parla di “acqua di coltura” del permanente strato di maschilismo, nella quale la propensione del maschio alla violenza nei confronti delle donne prospera ed arma la mano dei più deboli.

Indubbiamente, un ristagno di quest’acqua, c’è nella nostra società, ed in essa la violenza prospera ed ha modo di esercitarsi, fino all’omicidio.

 Ma non tutti i maschi sono assassini e non tutti si debbono sentire in colpa, personalmente, ma tutti sono coinvolti come appartenenti al genere.

In conclusione, mi sembra che queste manifestazioni di amore malato, trovino la loro origine nel retaggio di un patriarcato atavico, ancora sussistente, nella cultura maschilista della nostra società, che si fonda ancora ora nella sua forma del virilismo (ricordate il “ce l’ho duro” della Lega di Bossi, erede di consimili atteggiamenti tristemente tenuti e sostenuti nell’era dei Fasci Imperiali), basato sulla concezione del possesso del corpo della donna da parte dell’uomo, per via proprio della penetrazione per mezzo della quale, si compie l’atto sessuale.

Se questa malattia è endemica nel genere maschile, la responsabilità di tutti i maschi consiste nella consapevolezza di questo stato di cose, per il semplice fatto dell’appartenenza ad esso e nel dovere di adoperarsi perché cose di questo tipo non accadano più, facendo quanto possibile, ciascuno per la propria parte.

Ma quanto agli eventi tragici che purtroppo avvengono, al di là del coinvolgimento morale, non di maniera, che porta alla denuncia ed alla condanna dei delitti di cui si ha notizia, la colpa penale è e rimane solo di chi ha commesso il fatto e non può, coinvolgere tutti gli appartenenti al genere.      

Un esempio ci viene dalla storia della Germania, alla quale si è fatto cenno a proposito di Eichmann, questa nazione porta su di sé l’onta dell’Olocausto, per cui ogni tedesco dovrebbe sentirsi responsabile di quanto avvenuto nei tempi bui del nazismo, ma, avendo il popolo tedesco, fatto i conti con la storia e condannato il passato, con l’eccezione di frange che ancora si rifanno ad esso, oggi, i tedeschi possono andare a testa alta e non sentirsi contaminati dall’ignominia commessa da un governo dittatoriale, nefasto, da tutti aborrito.   

Commenti

  1. Caro Bruno, più che di violenza di genere preferirei parlare di genere di violenza. I sapiens sono animali astuti, possessivi, gelosi e terribilmente violenti, che si ammazzano tra fratelli per un nonnulla, a partire da Caino e Abele (e qui la Bibbia ancora una volta fa scuola). W.

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