IL VENTO

 

                                                                           

Trascrivo quello che ha scritto, a proposito del vento, il sedicente Lucio/46 (perché 46? Non lo dite a nessuno, ma, pochi lo sanno, Lucius è un infiltrato della Banda Bassotti, dove occupa il posto, non invidiabile, di “Intellettuale in Seconda “, dopo il celebre “Intellettuale 176):

 

VENTO

“ Sibila e ulula il vento da uscì e imposte, sferza e spazza strade e terrazze, urla e imperversa per forre e gole, piega la chioma a piante e talune abbatte, in aria turbinano panni plastiche e carte. Nella mia fantasia una voce impetuosa e roboante esclama: "...io sono il vento, sono la furia che passa e che porta con se...son la furia che improvvisa si adira e che va, fugge e va, dove andrà non lo sa..."(da una canzone di Arturo Testa)”

 Lucio/46 -                                                                                                           31/10/23

 

Maurizio (nella tipologia disneyana potrebbe rappresentare il Commissario Basettoni, il quale, col suo aiutante Manetta (Pancrazio?), è sempre sulle tracce di Macchia Nera), prendendo lo spunto dal suo emulo, ha incalzato, producendosi, come al solito col seguente sproloquio:

                                                               IL VENTO

Correre nel vento, mi piaceva da fanciullo, mi procurava un’ebrezza incontenibile che mi toglieva il respiro, quasi come volare, con le braccia aperte come ali. Ma durava poco, era un gioco e lo sapevo.

Più tardi, da giovane, mi piaceva sentire nei boschi il sopraggiungere del vento tra le piante, lo stormire delle fronde, tra i tronchi e sui rami, delle folate che agitavano le cime più alte, che ondeggiavano, ora lievemente, ora con veemenza improvvisa, per poi placarsi in un sussurro.

Ora non più. Il vento, mi infastidisce con il suo fischio tra le imposte. Ma mi piace osservarne le manifestazioni.

Vedo dalla mia finestra, nuvole che seguitano ad accavallarsi minacciose da ovest, mosse da un vento che in quota le spinge e le sparpaglia nel cielo mattutino, in bianchi fiocchi e filacci che subito svaniscono lungo le pendici dei monti, scoprendo vasti spazi azzurri.  

È giorno e la luna, al tramonto appare come pallida ostia trasparente, anch’essa tra poco inghiottita dalle colline.

Non resta che il prato, spazzato dal vento, con l’erba e i pochi fiori d’autunno, ad agitarsi invano.

Per le strade, foglie secche confuse con cartacce e sterpi, corrono rotolando, poi di colpo si radunano in un mulinello che si solleva in un turbine, spargendo intorno polvere e detriti, poi ricadono inermi.

Il silenzio che segue alla tregua momentanea, ha il senso innaturale di un eterno provvisorio. Infatti è subito rotto da un nuovo sibilo acuto che spezza l’incanto.

Ora l’aria è immota, ma non è detto che non debba ricominciare, come ieri, l’altro ieri e l’altro ancora, in cui, fino a notte ha squassato le nostre povere piante, costringendole a piegarsi fino al rischio di spezzarsi, con le chiome che ondeggiavano di qua e di là, impetuosamente, scarmigliate e dominate dalla furia selvaggia del vento, che faceva con loro, come faceva con le gonne delle nostre nonne, quando, con folate improvvise, le sollevava, fino  a scoprir loro le gambe ben oltre il ginocchio, con scandalo e vituperio delle genti.

Commenti