PERCEZIONE DEL TEMPO

 

                                                              

Quello che doveva accadere era accaduto: un’altra estate era finita e Maurizio, rileggendo il ricordo di tre anni prima, ebbe un moto di nostalgia. Molte cose erano cambiate da allora e le immagini di quella stagione erano sbiadite, al punto da apparirgli irreali, quasi come stentasse a riconoscerle: la barca, l’oblò, la baia, le onde che entravano smorzate, spegnendosi in prossimità della prua, la luna calante, l’ardore di un amore incontaminato. Tutte cose vere, ma lontane.

Un dettaglio, però gli fece tornare in mente, vivo il ricordo di quella notte e non era il gemito delle gomene che si tendevano ritmicamente, né il battere della sartia, sull’albero, ad ogni dondolio della barca, sebbene qualcosa di più sottile, di più acuto, un pianto a tratti, nella notte, lungo, insistente, il canto di un uccello notturno che si lamentava, per la morte di un eroe, secondo un’antica leggenda, di cui gli avevano parlato gli abitanti dell’isola.

Adesso la luna non era più calante, ma crescente, la luna di settembre, con le sue velature. Chiara era tornata, avrebbe dovuto essere felice.

Sorrise al pensiero del tempo, di come potesse, egli, maturo, ancora soffermarsi sulla percezione del tempo, che a volte ci appare velocissimo, altre volte si muove al passo di un bradipo semiaddormentato, dolorosamente.

Si ricordò di quello che aveva detto Borges, nella sua confutazione del tempo, in cui rovescia il nostro modo di percepirlo: il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume, è una tigre che mi divora, ma io sono la tigre, è un fuoco che brucia, ma io sono il fuoco. Il tempo non esiste, secondo questa visione, il tempo siamo noi. Il grande scrittore cieco aveva uno sguardo molto più profondo di quanto possiamo avere noi, il suo modo di vedere è sovrumano.

Maurizio, scendi da quella barca, lo pregò Pancrazio, seriamente preoccupato della salute mentale del suo amico.

Basta con questi luoghi comuni, che come ho detto allora, per quanto comuni, non sono alla portata di tutti, non tutti, infatti, possono permettersi una vacanza come fu la vostra, in quel tempo mitico della giovinezza.

E poi, lasciamelo dire, quel richiamo al detto “dalle stelle alla stalla” è proprio brutto e stona maledettamente con la poesia del ricordo, così come lo scrivesti allora.

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