DOPO LA BURIANA
Quale buriana? Non c’è stata nessuna buriana, disse Maurizio.
La tradizionale buriana di Ferragosto, quella che serve a voltare pagina, che ci fa capire che il tempo degli eccessi è finito, viene quello della moderazione.
Pancrazio è diventato poeta, oltre che filosofo, osservò Sebastiano, mentre manovrava la macchina del caffè, che, sebbene diversa da quella che usava nel suo bar, per lui non aveva segreti, là, nella ridotta cambusa della “Battana”.
In realtà pensavo al carrozzone delle meraviglie rappresentato dalla festa di Ferragosto, un misto di paganesimo e cristianesimo, di verità e bugie, di fede e di trasgressioni, che ci piove addosso nel bel mezzo di agosto, con i suoi eccessi, i suoi bivacchi notturni, danze sfrenate e bevute illimitate, fuochi d’artificio, di cui nulla resta il giorno dopo, se non qualche mucchietto di cenere, detriti, bottiglie vuote, un panorama desolante, come dopo il passaggio di un uragano.
Ma tu Pancrazio c’eri, nella tempesta di questa festa?
Tu puoi pure prendermi in giro, tanto non mi offendo, ma quello che ho vissuto io, ieri, era ben di più di una buriana. Ero uscito per la mia solita nuotata mattutina…
Con il salvagente? Insinuò l’amico.
Sì col salvagente e meno male, perché lì per lì mi sono sentito male e stavo quasi per svenire.
E che cazzo ti sarà mai successo…?
Sono andato a sbattere contro una cosa galleggiante, molle, avvolgente, a forma di una grossa ciambella, tutta piena di fiori e di foglie, ammollati, per l’acqua, che pencolavano ammiccando sinistramente. Ho pensato ad un presagio funesto ed ho cercato di allontanarmi, ma non ci riuscivo, perché il mio costume si era impigliato in uno stecco della ciambella, che non mi lasciava andare. Tanto è durato che alla fine mi sono tolto il costume e sono rimasto nudo, in mezzo a quel mare, che in quel momento mi sembrava ostile, con quelle onde alte che mi volevano travolgere ed inghiottire nelle profondità dell’abisso.
Forse erano le anime dei morti che ti chiamavano, rise Maurizio, quella ciambella era l’omaggio fatto ai caduti del mare, durante la processione delle barche che c’era stata il giorno prima di Ferragosto, con il prete officiante, che dalla sua imbarcazione, al culmine della cerimonia commemorativa, deponeva una corona di fiori, semplicemente buttandola in mare.
Io avevo avvertito qualcosa di strano, confermò Pancrazio, come un gorgoglio sommesso, voci soffocate, un trepidare dell’acqua…
Ti stai inventando tutto, obiettò cinicamente Sebastiano. La verità è che, nudo com’eri, ti vergognavi di fronte a quella folla di anime sante…
Magari fosse solo quello! Tornato a terra, non c’era nessuno in spiaggia, allora mi sono diretto al casotto per vestirmi, quando una vecchia, che è uscita da dietro la costruzione in legno, mi ha bloccato, guardandomi con disprezzo negli occhi e, poi, facendo segno con il dito, verso la parte bassa del mio corpo e distorcendo lo sguardo dalla parte opposta, Maiale! mi ha ululato all’orecchio. Ed è scomparsa, lasciandomi solo, senza parole; ho provato la solitudine dell’anima…
Buuumh! Ironizzò Sebastiano. Ma tu, l’anima dove ce l’hai?
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