NON SPRECARE UN ALTRO GIORNO

 

                                                  

L’imput ancora una volta è arrivato da Lucio, che ha una particolare sensibilità per gli argomenti di carattere esistenziale. Questa volta è la scritta su una maglietta, di fronte alla quale egli si sente a disagio, avvertendo una forma di impotenza nei confronti delle problematiche che innocentemente solleva: Don’t waste another day.

Lo stimolo è troppo forte, perché Maurizio non colga l’occasione di riflettere sul tema d’interesse, pur avvertendo, almeno in partenza, una sorta di avversione per quel genere di comunicazione, una semplice provocazione, fine a se stessa, dalla quale non è possibile cogliere altro che un generico invito ad usar meglio della nostra vita.

Per questo non condivide il disagio del proponente, pur apprezzandone lo scrupolo e tenta di dare una sua risposta, che non può essere esaustiva, sia per la leggerezza con cui l’imperativo “Non sprecare un altro giorno” lanciato da una maglietta sul petto di una ragazza che sembra molto contenta di sé, non richiederebbe poi tanta attenzione, sia per l’invito, rivolto a ciascuno di noi, a guardarci dentro e chiederci cosa veramente vogliamo dalla nostra vita che è veramente troppo vasto per essere trattato in una sede, diciamo così, balneare.

Non sprecare un altro giorno, dando per scontato che tutti gli altri sono stati buttati al vento? Troppo pessimistico, per essere veicolato in modo così seducente. Proviamo allora a darne una lettura più pertinente alla circostanza dalla quale ha preso le mosse.

Da un lato abbiamo la cognizione che ogni giorno è “guadagnato”, cioè aggiunto a quanti ci è dato di vivere, dall’altro, si impone il precetto di spenderlo nel modo migliore, perché non sia “perso”.

Certo il discorso parte dalla ricerca di quella che chiamiamo “felicità”. Lo stato di felicità è una aspirazione legittima, che però raramente si riesce a raggiungere e solo per brevi attimi. Più spesso non si raggiunge affatto.

Anche qui bisogna intendersi se per felicità pensiamo a qualcosa di totalmente assorbente, come l’assoluto, la “perfetta letizia” di cui parlava Francesco D’Assisi, che però non è dato raggiungere a chi come frate Leone, cui S. Francesco si rivolgeva, non abbia la facoltà di superarsi, per il bene dell’umanità,  riuscendo a non provare rancore, nemmeno dopo aver subito le ingiustizie più sanguinose, nei confronti di chi ce le infligge, oppure se ci accontentiamo di uno stato di generica soddisfazione di tutti i nostri bisogni primari. È una scelta già fatta. Quando diciamo: ”Chiedimi se sono felice”, come nel fortunato film di Aldo, Giovanni e Giacomo.

Lo stato di felicità più semplice, sarebbe quello naturale che si ottiene seguendo il ritmo biologico, si nasce, si “vive”, nel senso di espletare i normali compiti quotidiani e si muore, quando la vita arriva a compimento, senza chiederci consuntivi né esami di coscienza.

Ma sappiamo che “fatti non fummo a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” e qui è la nostra condanna e anche la nostra supremazia.

Il nostro assillo principale è la ricerca della verità e il secondo, il modo come intendiamo procedere su questa via, se con virtù, o altro. Qui entra in campo la coscienza, che è conoscenza di se stessi. Cosa siamo e cosa vogliamo. E torniamo al punto di partenza: cosa bisogna fare per far sì che la nostra coscienza possa dire che non un solo giorno della nostra vita sia stato “sprecato?

Forse non chiederci in modo molto assillante cosa sarebbe meglio fare o non fare, figgendoci nella testa problemi irrisolvibili, ma operando per quanto possibile, nel senso che riteniamo più giusto in ogni occasione e per il resto, che “venga che può”, “ad impossibilia nemo tenetur” dicevano i nostri Padri.

 

 

Da qualche tempo, allo Zibaldino era invalsa l’abitudine di far circolare un foglio ogni giorno, che Maurizio chiamava Giornalino di bordo, sul quale, chiunque del gruppo avesse avuto qualcosa da dire, avrebbe potuto tranquillamente esternare il suo pensiero.

Ecco un esempio lampante, argomentò Pancrazio, dopo aver dato un’occhiata al foglio che aveva raccolto dal tavolinetto sul quale si era appoggiato a sorbire il suo caffè, di come si possa sprecare una giornata, correndo dietro alle ragazzine con le scritte sul petto!

È come piangere sul latte versato. Non vuoi sprecare un altro giorno? Evita di romperti il capo su quello che vorresti fare e non fai. Maurizio, non pensare ai soldi, pensa all’amore!

 

Trailer per FB

Puàh! Disse Pancrazio, correre per non perdere un altro giorno! Ma tanto, puoi correre fin che vuoi, il  tempo passa lo stesso e a mezzogiorno, spaghetti alle vongole, sia per il primo che per l’ultimo.

La ragazza con la scritta sul petto “Don’t waste another day”, ignara della dicitura che portava sulla maglietta, correva felice alle otto del mattino sulla riva del mare, probabilmente non si era mai posto il problema, che, invece tanto aveva intrigato, sebbene in maniera differente, i due dubbitosi pensatori che si erano preoccupati di trovare una risposta adeguata all’invito che quella scritta veicolava.   

Wath’s else? Tutto sullo Zibaldino.

Credo di aver capito, scrisse Oreste sul Giornalino del giorno dopo, il messaggio di quella dicitura, che non è un invito, ma un promemoria. Ci ricorda che la vita è breve e non va vissuta passivamente. È , se vogliamo, un inno alla vita, alla gioia, una specie di “carpe diem”. Senza alcun intento recriminatorio. Non è un rimbrotto perché abbiamo speso male la vita finora, con una implicita condanna del passato, ma una raccomandazione a vivere più intensamente il presente.

Molti sprecano il loro tempo nella ricerca affannosa del piacere, chiudendo la maggior parte delle volte, le giornate nella frustrazione del mancato raggiungimento anche di un solo obiettivo, fra i tanti che si offrivano alle loro possibilità.

E’ qui, su questo terreno, che interviene il messaggio ad esprimere il massimo della sua valenza: non sprecare un altro giorno ad arrovellarti se sia più vantaggioso fare l’una cosa, piuttosto che l’altra; opera una scelta, indirizza la tua vita verso ciò che in quel momento ti sembra più allettante e buttati dentro con tutta la tua forza vitale, vedrai che, anche se alla fine ti accorgerai che la scelta fatta, forse, non era la migliore, non ti rimarrà comunque il rimpianto di non aver tentato.   

Servirà per la prossima volta. Avrai comunque fatto una conquista.

                                                                                     

 

 

                                                                                     

Commenti

  1. Al solito tavolo i due del Caffè Grande Italia sono impegnati a far nulla quando Rimiratore tra lo scherzo e l'insolenza si rivolse ad Evaristo così dicendo : "Professò ma voi pensionati che non producete più niente che fate, sprecate il tempo?"
    Visibilmente alterato in viso Evaristo sbattè il giornale sul tavolo, si alzò per andar via salutando con una serie di irripetibili insulti romaneschi l'attonito ed incauto Rimiratore "il tempo passato con te è sprecato" - concluse Evaristo ormai fuori dal bar."

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