SBOCCACCIATO E LINGUACCIUTO

 

                                                          

In un momento d relativa calma  (il concetto di “relativo” in quel bar dell’Olmo acquistava contorni sempre più tenui, per via del fatto che erano più gli sfaccendati e nullafacenti della piazza ad affacciarsi, che non i fruitori dei servizi di caffetteria, offerti dalla ditta), Pancrazio aveva preso da parte Sebastiano e gli stava raccontando quanto capitatogli giorni addietro con quello che a quel paese tutti chiamavano “il figlio del sacrestano”, perché nato da una Perpetua non sposata, che aveva avuto una relazione con l’addetto alla campana, un giovane di circa vent’anni.

Avevo accompagnato Giulia, stava dicendo all’amico, alla messa domenicale ed ecco ’sto figlio d’un sacrestano, che sulla porta della Chiesa, mi ferma e mi apostrofa malamente: tu non puoi entrare, mi dice, perché sei un miscredente sboccacciato, al che io gli ho mollato uno scappellotto sulla cocuzza; passi per il “miscredente”, gli ho risposto – qualche dubbio ce l’ho –  ma sboccacciato, perché e, poi, che vuol dire?

Si è messo a piangere ed è corso dal prete che si stava vestendo per la messa, il quale è venuto fuori, mezzo acconciato e mezzo no, con i paramenti sacri e, apriti cielo! Quante me ne ha dette! Che ero la vergogna del paese, che dovevo andarmene per il decoro della comunità ed altre belle cose, tanto che stavo per dare di mano anche a lui, poi, ripensando che era anche un segretario del Vescovo, mi sono trattenuto e gli ho detto soltanto che era un linguacciuto. 

Tornato a casa, ho raccontato tutto ad Evelina, che ha studiato teologia e, cosa mi ha detto? Che sboccacciato non esiste, ma il ragazzo probabilmente voleva dire “sboccato”, o, forse, nella sua ingenuità, “boccaccesco”.

Evelina ti ha detto una cosa molto interessante, intervenne Maurizio che, pur da una certa distanza dal punto in cui i due stavano parlando, aveva ascoltato le loro parole e trovato in esse l’argomento del giorno. Facendosi da presso, iniziò a dire: in realtà trattasi di un neologismo, creatosi nel linguaggio comune, per con-fusione tra “scollato” e “boccaccesco”, trainato da un altro attributo che – visto di cosa stiamo parlando -   fa da paraninfo, che è “scollacciato”, il quale, in questo contesto, c’entra eccome.

“Scollacciato”, infatti, che originariamente significava, (abito) molto scollato, proprio per il fatto che la scollatura – se accentuata - è provocante ( vedi “le sfacciate donne fiorentine abituate a mostrare con le poppe il petto”, di cui al XXIII del Purgatorio), è passato a significare direttamente “indecente”, spinto, detto di ogni cosa.       

L’espressione “boccaccesco”, inoltre, usata per indicare il singolare mondo artistico del Boccaccio, nella vita e nelle opere, soprattutto per merito del suo “Decamerone”, ricco di episodi in cui la vita viene descritta in tutto il suo realismo anche sotto il profilo del comportamento sessuale, nella vulgata generale, equivale a dire sboccato, scollacciato, licenzioso e, dal punto di vista religioso, immorale e censurabile.

Il senso di religiosità dell’epoca, poi, imponeva stretti limiti, per cui lo stesso Boccaccio, ebbe forti dubbi sulla bontà dei suoi scritti e, per salvare l’anima dalle fiamme dell’Inferno, pensò di distruggere il suo capolavoro e lo avrebbe fatto, se non fosse intervenuto a dissuaderlo, con una missiva, Francesco Petrarca.  

A proposito del Decamerone, accennerei, di sfuggita alla versione cinematografica che di  esso ha dato un altro artista “maledetto” come lui, ma molto più vicino a noi, Pier Paolo Pasolini, mirabile interprete dello spirito e delle condizioni in cui l’artista del 1300 aveva operato. Anche per lui si è parlato di licenziosità, immoralità, da parte di contemporanei bacchettoni, benpensanti. Ma l’opera d’arte, quando è di valore, supera di gran lunga le bassezze del pregiudizio e le barriere del finto moralismo intellettuale.

Oh, ma allora sono stato un grande anch’io, proruppe Pancrazio , che ho detto al prete, stai zitto, brutto linguacciuto! Sono anche io nella lista dei “censurati”.

C’è qualcuno che voglia dire a Pancrazio, che “linguacciuto” viene da “linguaccia” ed è un epiteto che di solito si dà a chi ha la lingua lunga e pronta a controbattere ogni affermazione altrui, con petulanza ed arroganza, oltreché impertinenza?  

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