PROSOPOPEA

 

                                                                     

Hai sentito, Pancrazio? Lo interpellò Sebastiano, la mattina, appena arrivato; Maurizio ha detto che, se continua così, ci darà l’ostracismo, a noi due.

Sai che me ne frega, rispose spavaldo l’interpellato, a me le ostriche nemmeno piacciono.

Cos’è, oggi tutta questa prosopopea, lo incalzò l’amico, mentre avviava la macchina del caffè.

Uffah! Sono stanco di questa manfrina: ora ti ci metti pure tu, con ‘sta “prosa di Poppea”!

Questa volta fu Sebastiano a sbalordire: e chi sarebbe Poppea? Una con le tette gigantesche?

Guarda che, come te, anche io sono arrivato alla terza media, quindi so e tu pure dovresti sapere, che fu la moglie di Nerone. Non so se aveva tette giganti, ma certo era molto bella ed intelligente ed anche un poco spregiudicata; poveretta, Nerone l’ammazzò con un calcio nella pancia. Fu l’argomentata risposta di Pancrazio, che intanto metteva lo zucchero nella tazzina di caffè che gli aveva servito l’amico.

Grazie, per questa bella lezioncina, ma che c’entra con quello che stavamo dicendo? Chiese di nuovo Sebastiano.

Sei tu che hai parlato di prosopopea, obiettò, allora quello.

E, allora?

Non ci vuole Maurizio per dirti che la prosopoppea, il nome lo dice,  era il modo di camminare di quella donna, con le tette protese in avanti.

Ora capisco perché non sei arrivato alla prima media, caro Pancrazio; piantiamola qui, ché se viene Maurizio, ci rimanda tutti e due all’asilo!

Erba triste, avrebbe detto zia Gina, nominata e vista! Ecco Maurizio fare capolino dalle vetrine del bar e, presa cognizione del motivo dell’imbarazzato silenzio dei due retrobi (da reprobus, composto da re e probus, che vuol dire retto, onesto, quindi retrobo è l’esatto contrario), si accinse subito a dare una compiuta spiegazione.  

     

Prosopopea, come la intendevano gli antichi greci:

(da 'proposon'  che vuol dire  'faccia' e 'poieo', faccio, come dire 'faccio la faccia di...'), una specie di rappresentazione in cui si dà la parola ad esseri animati od inanimati, vivi  o del passato, che non sono presenti materialmente.

Come la intendiamo oggi:

Aria d’importanza, gravità affettata e ridicola, che spesso si accompagna a sussiego, presunzione, arroganza (Treccani on line).

Come la intendiamo noi:

Facciatosta.

Parola bella e altisonante, di uso comune. Quando diciamo “incedeva, con prosopopea”, sappiamo tutti di cosa parliamo. Un personaggio tronfio, che con atteggiamento austero, cerca di apparire  autorevole e credibile, ma fa solo ridere. E’ quando uno si mette in abiti non suoi, ed assume toni e movenze fintamente severi, ma finisce col sembrare una maschera. La sua è una pagliacciata.

E proprio di maschera si trattava, fin dall’origine della parola, la cui pronuncia sembra suscitare echi onomatopeici (non sentite come un rullo di tamburi, un avanzare di cavalli?), ma non è così: forse l’assonanza con “epopea”, o  con “Poppea”, come suggerisce Pancrazio, può indurre in errore, ma, in fondo, pur senza un collegamento con un effetto fonetico, questa parola finisce ugualmente con l’essere rappresentativa di qualcosa che travalica la norma e anche il tempo.

Mi spiego meglio, disse Maurizio, di fronte agli sguardi interrogativi dei suoi ascoltatori ed alla fronte aggrottata di Pancrazio.

Travalica la norma, nel senso che è comunque ridondante, descrivendo una situazione che è sopra le righe e travalica il tempo, perché quella che era all’inizio una semplice rappresentazione nella quale, con una finzione voluta, si “metteva la faccia” di qualcuno, o di qualche altro essere, animato o anche inanimato, vivo, oppure anche morto, e lo si faceva parlare, come fosse presente, mentre, ovviamente, non lo era, con effetti di volta in volta emozionanti, esaltanti, o illuminanti, col passar del tempo, si è tramutata, scadendo, in una rappresentazione non voluta, anzi, inconsapevole, da parte di chi si comporta in modo stravagante ed effettato, con effetti ridicoli.

Da una felice invenzione, quale quella di dar voce ad un personaggio eminente del passato, come fosse ancora tra noi, si passa ad una -- infelice – rappresentazione di sé stessi, calandosi nelle brache di una persona presuntuosa ed arrogante.

Tutto chiaro, disse Pancrazio, ma io ho capito solo prepotenza e stravaganza. Dov’è tutta questa prosopoppea? A proposito, mi sai dire se la moglie di Nerone aveva le tette grosse? Sennò, perché si chiamava Poppea? La sua bellezza poteva essere arrogante?

Casco dalle nuvole: è vero che non ci vuoi dare più le ostriche? E quando mai ce le hai date? Comunque a me non piacciono, preferisco le capesante.     

 

Commenti