LA SUPERSTIZIONE E L'IPOCRISIA

 

Guida alla lettura (secondo Pancrazio)                                                                    

 

Pancrazio, secondo te, la superstizione è un’ipocrisia?

Pancrazio, riflessivo, fa strani gesti, contandosi le dita di una mano, con quelle dell’altra, Le ipotesi sono due, risponde compunto e manda avanti il pollice; se è un attore a farlo, allora non lo è. Se, invece e mostra l’indice, è uno qualsiasi, le cose si complicano.

Non ci sarebbe un modo migliore per spiegare quello che pensi?

Ecco perché si complicano, perché l’attore sulla scena spiega; mentre invece il superstizioso, nella vita non deve spiegare niente: egli va e fa.

Sì, ma chi ammette di essere superstizioso, mente?

Non con gli altri, mente solo a se stesso, mentre l’ipocrita mente agli altri.

Il volto degli ascoltatori resta quanto mai perplesso.

Lo so che siete ansiosi di correre sullo Zibaldino per vedere cosa ha detto Maurizio su questo tema, ma io vi sconsiglio di farlo! Questa volta Maurizio non è stato per niente chiaro e mi ha confuso la testa. Fate in modo che non accada pure a voi!   Già la superstizione è quella che è, se ci mettiamo pure l’ipocrisia, dove andiamo a finire?

 

TESTO                                                      

Qualcuno ha postato su FB una battuta di Eduardo che diceva pressappoco così: Essere superstiziosi è da ignoranti; non esserlo porta male. E qualcun altro ha candidamente ammesso: è un mio limite.

Pancrazio di fronte ad una cosa così, si appassiona e vorrebbe andare fino in fondo.

E’ un limite essere superstizioso e quindi implicitamente ammettere di essere ignorante, o è un limite non esserlo e rimanere esposto al rischio della mala sorte?

Il rovello è di non poco conto. Nella prima ipotesi, la più probabile, si cade nell’ignominia, nel secondo, più subdolo, c’è il rischio di cacciarsi nei guai.

La seconda affermazione contraddice la prima, confermando la pervasività del fenomeno superstizioso.

E’ chiaro, però, che l’ignoranza di cui si può essere tacciati nell’ipotesi della candida ammissione, è pur sempre una deficienza, ma in materia di chiromanzia e quindi può essere considerata, per dirla alla Totò, che quanto a napoletanità, non è secondo ad Eduardo, un’ignoranza a responsabilità limitata.

Mentre, nel secondo caso, il rischio di andarsela a cercare è reale, quando si sa che basterebbe un piccolo gesto di scaramanzia, gettarsi il sale dietro le spalle, essere attenti a non esporsi di venerdì 17, fermarsi se un gatto nero ti attraversa a strada, per scampare Il pericolo.

Sì, ma tutto ciò, non significa essere superstiziosi? E allora si ricade nella prima ipotesi: siamo tutti ignoranti! A cominciare da Maurizio, Sebastiano e compagni!

Oppure Eduardo ci ha preso per i…fondelli?

Interpellato Maurizio, così risponde:

Eduardo si prende gioco d noi, ma ci pone di fronte ad una realtà piuttosto scomoda: molti, per tema di essere tacciati di ignoranza, negano di essere superstiziosi, ma il loro comportamento rivela la loro intima essenza di persone superstiziose. Su questa realtà spesso si sorvola, mentre invece l’occasione è propizia per fare chiarezza e riflettere sulla parola “superstizione”.

Essa viene dal latino “super”, che vuol dire sopra e “statio – stare”, nel significato di fermarsi o di stare.

In effetti è un arrestarsi che il superstizioso fa, di fronte a ciò che non conosce e lo spaventa, e abdicando alle sue facoltà raziocinanti, si abbandona a pratiche scaramantiche, frutto di ignoranza e credenze mai verificate, che si seguono supinamente, allo scopo di esorcizzare i possibili pericoli ed evitare i conseguenti danni, solo per via di una paura atavica, di natura essenzialmente oscurantistica.

Alcuni legano la parola “superstizione”  con “superstiti”, intendendo per tali la progenie, i successori, quelli che vengono dopo di noi. E sarebbe la preoccupazione per l’incolumità dei figli, a spingerci a tenere comportamenti anche irrazionali.  

Allora è tutta un’ipocrisia? Chiese allucinato Pancrazio.

Ecco un’altra parola che ci proietta nello sconforto. Rispose il Maestro, che sembrava un cabalista. Nello sconforto perché rivela il peggio di noi.

L’ipocrisia e la superstizione sono due fenomeni che caratterizzano il comportamento umano in società e sono molto più diffusi di quanto si possa credere. Sono entrambi legati in qualche modo alla finzione e producono danni non indifferenti.

L’ipocrita, al tempo dei greci, era l’attore, il quale sulla scena, fingeva di essere un personaggio. La parola viene dalla fusione di “ypo”, che significa, sotto e “crinein” che vuol dire spiegare.

La finzione, poi, dal palco delle rappresentazioni, si è trasferita sulla più vasta scena della vita, dove l’ipocrita inganna l’opinione pubblica, non più “spiegando”, come una volta l’attore, ma presentandosi sotto mentite spoglie, a scopo di un vantaggio illecito, o comunque immeritato.

L’ipocrita è un uomo falso, che non dice il vero, che si nasconde dietro una cortina di bugie, per fini esclusivamente egoistici.  

Cosa è peggio, la superstizione, o l’ipocrisia? Chiese Pancrazio.

Senz’altro l’ipocrisia, rispose il Maestro. Il superstizioso, in fondo, non fa male a nessuno, inganna solo se stesso, mentre l’ipocrita è un falso, inganna gli altri per un suo tornaconto personale

Io avevo un amico, recitò Pancrazio, che si divertiva, davanti a tutti, a dichiararsi convintamente superstizioso, ma poi, nella realtà, era troppo intelligente per esserlo davvero.

Questo caso rovescia il teorema che abbiamo analizzato finora: si tratta di una finta ipocrisia, adottata per scopi ludici, si tenta di far credere di essere quello che non si è, perché, in fondo, è divertente osservare la meraviglia che questa particolarità può suscitare da parte degli ascoltatori, ma casi del genere si verificano molto raramente, concluse Maurizio.

Allora anch’io voglio essere un ipocrita alla rovescia: far credere di essere superstizioso, sapendo che gli altri non ci cascano e ritengono che io stia fingendo, mentre invece, lo sono davvero.

Contento tu!

E vorrei vedere!

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