LA NOTTE DELL'UOMO
Dunque tu sei re?
Tu lo dici.
Nel senso: non te lo devo dire io, sei tu che devi capirlo, nella tua coscienza e decidere di conseguenza.
Sai che io posso decidere della tua vita o della tua morte.
Il tuo potere non potrebbe nulla su di me, se non ti fosse stato dato da chi è sopra di te.
Con queste parole Gesù si condanna alla pena capitale. Pilato non ha trovato in lui nulla per cui egli dovesse essere condannato, ma davanti alla folla che insistentemente chiede la sua condanna a morte, pensando che in fin dei conti era di fronte ad un problema tra ebrei, che non poteva incidere sul governo romano della regione, se la vedessero tra di loro, se ne lava le mani e pronuncia la sentenza che porterà alla crocefissione del figlio dell’uomo.
Sulla via per il Calvario i soldati ordinano ad un cireneo di nome Simone di aiutare Gesù a portare la croce sulla quale questi dovrà essere inchiodato ed il buon cireneo si presta ad assolvere il triste compito.
La crocefissione, invenzione dei romani, era definita da Cicerone “Crudelissimum teterrimumque supplicium”. Crudelissimo e da atterrire.
Il destino dell’uomo è ormai segnato, non ci può essere scampo ai chiodi che trafiggeranno le mani e i piedi di Gesù, ma io penso che, più del dolore fisico della carne martoriata, della croce, della fustigazione alla quale è già stato sottoposto, alla corona di spine, agli sputi, agli insulti, alle beffe del popolo, dei soldati, egli abbia provato il dolore più grande, quello spirituale, del vuoto che si è fatto intorno a lui, della solitudine di cui si è reso conto nella notte del Getsemani, l’orto nel quale si ritirava per pregare.
Ha chiesto ai tre apostoli che sono con lui, Pietro, Giovanni e Giacomo di vegliare su di lui mentre prega. Perché sa che la preghiera di quella notte sarebbe particolarmente intensa; sente l’avvicinarsi del momento fatale ed ha paura, la sua certezza vacilla, il dubbio lo assale e quella notte, l’ultima, prima del tradimento e l’arresto la trascorre in agonia, termine greco che significa lotta, una lotta strenua con se stesso, l’ansia che lo divora e che rivela la sua natura essenzialmente umana.
Egli, prostrato per terra, nell’intensità della preghiera, suda sangue che gocciola sul terreno e il sangue è materia. Come ogni uomo, nei momenti più difficili egli si rivolge a Dio e Dio non risponde. Il vuoto è nel suo cuore che “sente” il silenzio di Dio.
Padre mio, perché mi hai abbandonato? Ed ancora: lascia che questo calice passi senza che io lo debba bere, ma, subito dopo, si riprende e si abbandona al suo destino: ma se non è possibile, si compia il tuo volere e non il mio.
Solo allora si rivela la sua fragilità umana. Perché per il resto, forte del suo convincimento, egli è determinato, non teme la morte e di fronte alle domande dei giudici, dei sacerdoti, di Pilato, di Erode, risponde sempre in modo sicuro, ma sibillino, in modo che le sue parole possano essere intese in vario modo, a seconda della disponibilità dell’ascoltatore.
Quello che tu ci hai fatto, Maurizio è un racconto di grande crudeltà, disse commosso Pancrazio, ma io vorrei sapere se era necessario accanirsi tanto contro quest’uomo che in fin dei conti non aveva fatto male a nessuno.
E’ vero, intervenne Silvana, anche a me sembra eccessivo tutto questo odio nei confronti di Gesù, non dico da parte del popolo, che, si sa, è manipolato, ma anche degli oppositori diretti, Anna, Caifa, la casta sacerdotale, il cui potere sembra fondato sulla mistificazione, la sopraffazione e l’occultamento della verità.
Mentre Pilato ed Erode agiscono per motivi politici e, come al solito, sono insensibili alle sofferenze degli altri. Erode, addirittura aveva il desiderio di conoscere Gesù e di poterlo interrogare a avrebbe voluto assistere a qualche miracolo da parte sua e, alla fine, lo rimanda a Pilato, deluso, ma non contrario alla sua liberazione.
Sapete che vi dico? Disse allora Pancrazio, quest’anno la Pasqua la faccio a Colleminuccio, con mia moglie e mia figlia, lontano dalla folla, senza agnello, coratelle, mazzarelle, per meditare di più su cosa possa aver generato tutto questo.
Che vuoi dire? gli chiese Maurizio.
Che ne ho abbastanza, non capisco da dove venga tutto questo male e perché.
E noi festeggiamo la Pasqua ad occhi chiusi.
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