SBRODOLARE

 

                                                                              

E’ un verbo non rispettoso dello stato delle persone, iniziò a dire con voce monotona, Maurizio, sbrodolare è quello che fa chi non riesce a contenere liquidi, in genere mangiando o bevendo e si versa addosso parte del cibo o della bevanda che sta assumendo.

Tipico dei bambini che non hanno ancora imparato a compiere correttamente questa operazione, endemico nei vecchi che tale attitudine hanno perso; con la differenza che nei piccoli la scena dello sbrodolamento è motivo di divertimento, nei vecchi di pena e di sofferenza.

Vuoi dire che si manca di rispetto a qualcuno sbrodolandosi? Chiese Pancrazio, facendo il finto tondo,

Al contrario, è la parola “sbrodolarsi” che manca di rispetto a chi, non per colpa sua, si sbrodola. Maurizio parlava e sembrava che non avesse a cuore quello che andava dicendo. Dopo una breve pausa, quasi un’assenza, riprese:

Il rispetto che si deve a chi, per l’età avanzata, o perché malato, si trova ad affrontare l’ingiuria del tempo.

Figurativamente poi, il verbo è passato a comprendere altre ipotesi in cui quello che prevale è l’idea del traboccare, come di qualcosa che va oltre misura e travalica il segno.

Va bene “sbroccare?” chiese Pancrazio.

“Sbroccare”, sillabò Maurizio, ha come secondo significato, quello figurativo di “uscire fuori dai gangheri”, che proviene da “brocca” e, quindi, vuol dire “tracimare” ed è singolare, perché come primo significato, lo stesso verbo, ha quello di sottoporre il tronco di una albero all’operazione di sbroccatura, termine che deriva da “brocco”, che vuol dire, spuntone, o germoglio. 

Nell’antico modo di dire adagiarsi in un “brodo di giuggiole”, che significa esprimere una contentezza incontenibile, già si avverte questo fenomeno, ma in senso positivo: non abbiamo uno sbrodolamento, ma un’esplosione, di gioia. Questa espressione, come la consimile “andare in sollucchero”, si presta(no?) a fare da contrario a “piangersi addosso”, dove l’eccessivo dolore, spesso finto, sgorga addirittura dagli occhi, inondando la persona che ne soffre.

Io ne so uno, interferì ancora Pancrazio, dove non si piange, ma si ride, mentre quello che scappa non sono lacrime, ma la pipì: scompisciarsi dalle risate.

Se è per questo, esistono altri modi di dire, che in forma figurata, illustrano la situazione da te accennata, rispose Maurizio, mettendo da parte quel po’ di malumore provocatogli dalle continue interruzioni dell’amico, in maniera anche più pittoresca e, se possibile, più paradossale, come “Sbellicarsi dal ridere”, in cui addirittura l’eccesso di risate provoca una rottura dell’ombelico, oppure “ridere a crepapelle”, o, più modestamente, “sbracarsi dal ridere”, cioè togliersi i pantaloni. Ora è del tutto evidente che stracciarsi gli abiti di dosso, perché questo significa “sbracarsi”, è quanto meno strano, se si fa per il troppo ridere, mentre il verbo di cui stiamo parlando, trova un uso più appropriato nell’altra espressione “sbracarsi al sole”, oppure “sbracarsi davanti alla televisione”, perché, in questi casi, la stessa acquista il senso di “mettersi a proprio agio”.

Ma ora torniamo a quello che stavamo dicendo.

 

Il fenomeno dello sbrodolamento, appare, invece, evidente nell’immagine dell’oratore trombone che parla in modo prolisso, arringando un uditorio annoiato e distratto, dicendo cose risapute, di scarsa importanza e soprattutto scipite, come di un fiume, di parole, che dalla bocca del concionante, si riversa scivolando dal suo corpo, sui poveri ascoltatori, creando un disagio non indifferente.

Come quando Sebastiano ci racconta delle sue avventure? Irrompe Pancrazio.

Questo in genere, ribatté, infastidito, Maurizio, succede tutte le volte che ci riuniamo e qualcuno non perde mai l’occasione di interferire a sproposito. Poi, dopo un attimo di meditazione paziente, proseguì:

Ma questo è solo un punto di partenza, per affermare altre cose.

Sbrodolare è come sproloquiare? Domandò guardandosi intorno, caso mai qualcuno avesse voluto fornirgli una risposta, ma l’uditorio non avvertì lo stimolo e rimase indifferente. Le due cose possono apparire simili, riprese lentamente (deluso? No forse disilluso), pur senza essere per questo, uguali, affermò poi, con forza. “Sproloquiare” ha lo stesso senso di parlare troppo e troppo a lungo, senza dire nulla, che ha “sbrodolare”, ma può avere anche un risvolto di ironia, o autoironia, se rivolto alla persona stessa del parlante, che difficilmente potrebbe condividere con l’altro termine.

Per esempio lo scrittore Claudio Magris, parlando in genere degli scrittori e, quindi anche di se stesso, afferma che “si inventano storie per sproloquiare sulla vita, senza lasciarsi intimidire dalla Storia”. Sproloquiare sulla vita è compito di chi scrive ben sapendo che quello che va raccontando non è il sale della terra, con una giusta dose di umiltà, ma anche con la convinzione che le storie singole, le voci singole, vadano a formare un concerto che è quello della sinfonia della Storia collettiva, in cui ognuno, facendo la sua parte, si può riconoscere e merito dello scrittore è far sì che questa simbiosi sia quanto più possibile verificabile.

D’altro canto, è meglio sproloquiare che essere reticenti. Reticente proviene dal latino “reticens”,  participio presente del verbo “reticere”, che vuol dire “tacere”, pertanto il suo significato è :“che tace”.

E’ vero che talvolta è meglio tacere che parlare a vanvera, ma è altrettanto inoppugnabile che tacere in certe circostanze in cui parlare è doveroso, costituisce una colpa grave.

Grande scalpore suscitò, dopo la fine del secondo conflitto mondiale, la constatazione fatta da alcuni osservatori politici che, rispetto ad un delitto, perpetrato dai nazisti contro l’umanità, così immane quale fu la Shoah, con la deportazione di milioni di ebrei nei campi di sterminio, la Chiesa cattolica, nella persona del suo più alto prelato, il Papa Pio XII, non abbia mai alzato la voce pubblicamente per condannare decisamente  il genocidio che si stava commettendo sotto il suo pontificato, anche se, poi, a parziale discolpa dello stesso, risultò che la Chiesa, per vie traverse si era adoperata, con il diretto interessamento del Papa, per mettere in salvo quanti più ebrei possibile, senza compromettere i rapporti diplomatici fra la Germania e la Santa Sede.

Dal vecchio sbrodolone, siamo finiti a parlare della c.d. “Chiesa del Silenzio”, sentenziò Pancrazio, e non è questo il massimo dello sbrodolamento possibile?   O, è solo uno sproloquio?   

Ma tra il parlare smodatamente e il tacere colpevole, intervenne Oreste, si apre un largo ventaglio di ipotesi intermedie, che illustrano tutte le sfumature del parlare cauto, evitando di dare risposte a domande scomode, con tecniche di stancheggio che mirano a differire, a sviare, ad eludere.

E’ vero, riprese la parola Maurizio e la prima che mi viene in mente è “tergiversare”, che oltre al significato di non dire, o dire tacendo alcuni dati importanti, offre la visione, (che proviene dalla sua origine latina, “tergum”, terga e “versare”, volgere), di chi, anziché parlare, “volge le spalle”, si disinteressa della cosa.

Altra espressione che ci viene direttamente dal latino, con il significato di “rinviare ad un altro giorno” è “procrastinare”, da “pro” più “cras”, che vuol dire “domani”.

Tergiversare e procrastinare, comunque, non si adottano soltanto per descrivere situazioni in cui si richiede di esprimersi in un senso o in un altro, ma soprattutto attengono all’atto decisionale, dell’agire o non agire.

Ed in questo campo, il verbo più idoneo è Temporeggiare. Ricordate Quinto Fabio Massimo Verrucoso, detto, appunto, il Temporeggiatore, che con la sua tattica dilatoria, di non attaccare direttamente Annibale, ma di logorarlo poco alla volta, seguendolo nei suoi spostamenti ed infliggendogli perdite nelle retrovie, riuscì a sconfiggerlo definitivamente?

Seguì un attimo di sbandamento nella stanza, gli ascoltatori sembravano alquanto imbarazzati e qualche sedia si sentì scricchiolare nel silenzio generale, poi finalmente:     

Lui non sbrodolava di certo, vero? Chiese seriamente Pancrazio. E nemmeno tergiversava. Sapeva il fatto suo e basta. E continuò:

Ora ce ne possiamo andare, no? s’è fatta una cert’ora e Giulia oggi ha fatto il brodo, debbo correre dalla pastaia a comprare mezzo chilo di tortellini, ma farò molta attenzione nel mangiarli, dopo tutto quello che ho sentito, non si sa mai!

 

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