PICCOLA ENCLAVE

 

                                                                          

Luciana, Roberta, Patrizia, Giulietta, Rossella, Giacinta, Marina ed altre…,”donne che intorno al cor mi son venute” a formare una ghirlanda di fiori, uno più bello dell’altro e Valter, Achille e Lucio, il seguace fedele, dal quale ho a volte, amabilmente dissentito, e pochi altri, che mi circondano di “vertute e conoscenza”, mi sono cari e per nessuna ragione farei a meno del loro sostegno affettuoso, nella piccola enclave che mi sono fatta, come un’ isola, nel mare magnum dei social che sono vetrine di vanità, dove si combatte per la visibilità. Noi, nel nostro piccolo andiamo alla ricerca dell’insolito, del curioso, dell’enigmatico, dell’incongruente, nell’intimo delle nostre interiorità, alle quali si può accedere con pacata amorevolezza, che è la chiave che apre tutte le porte.

La chiave appunto è quella che rileva dal titolo.

Permettetemi di fare una premessa su quel nome. Enclave è un francesismo e deriva da “enclaver”, a sua volta dal latino “clavis”, chiave, che significa “chiudere a chiave”. E’ una parola che si usa in ambito geografico, per individuare una porzione di territorio, appartenente ad uno Stato, completamente incluso in uno Stato straniero. Ho cercato “disperatamente” per trovare nei vocabolari un significato figurativo più ampio, una espansione del termine in altro campo, quale quello che interessava a me, di comunità a se stante, in una bailamme (parola dal turco “bayram” che vuol dire “festa” e quindi confusione creata da più persone che vi partecipano), più grande (quale quella di Internet, Facebook), ma non l’ho trovata. Faccio quindi un sopruso linguistico, ostinandomi ad usarla nel senso che a me sembra significativo di gruppo ristretto, anche se non proprio “chiuso a chiave”, legato da interessi e sensibilità comuni. Per inciso e per il piacere di notare la correlazione esistente fra parole diverse, aggiungo che “Conclave”, ha la stessa origine della prima e fa direttamente riferimento ad una chiave, che, ora come ora, serve solo a chiudere i cardinali in una stanza, per l’elezione di un nuovo Papa, ma nel passato, quella parola è stata usata per indicare ogni ambiente, di una casa e principalmente il gabinetto, che si potesse chiudere a chiave, per motivo di riservatezza o di sicurezza.  

Quanto sopra, per dirvi che sono felice di far parte di questa piccola comunità di intenti, come, appunto, una zona franca in mezzo ad un territorio occupato da una folla di gente che vuol parlare, ridere, scherzare, mantenendo una propria individualità costituita dalle individualità dei componenti, tra i quali ho l’onore di occupare il posto di decano, ma solo per l’età. “Deganus” in latino, dal greco “Deka”, che significa “dieci”, indicava un po’ contraddittoriamente sia il sottufficiale dell’esercito romano che comandava un drappello di 10 uomini, sia l’ammiraglio, alto ufficiale, che comandava 10 navi. In seguito “decano” è passato ad indicare chi è a capo di un’istituzione, per anzianità, o per autorevolezza o elezione. Io, come ho detto, ritengo di esserlo per età, sempre che gli altri componenti vogliano riconoscerlo, perché, oltre al fatto di essere il più vecchio, non ho alcun altro titolo per rivendicarne l’attribuzione.  

Infatti, per parlare degli altri che io un po’ arbitrariamente annetto al sodalizio di cui sto parlando, tengo a dire che sono persone che di molto mi sopravanzano in ogni campo, da quello intellettuale, a quello culturale, a quello, per finire, sociale ed umanitario.

Si tratta di donne e uomini che, nella loro più schietta semplicità, esprimono delle qualità che sorprendono e colpiscono molto favorevolmente, per l’alacrità del loro operare, la sagacia e la pluralità degli interessi, ma soprattutto per la sensibilità che pongono alla base del loro agire, in ogni singola sfera di intervento.

L’amore per la musica, praticata e condivisa (quanto mi piacerebbe essere con voi nelle vostre serate musicali!), la passione letteraria per il ragionamento filosofico, l’attenzione per i piccoli e grandi eventi, l’introspezione mista ad una grande apertura nei confronti delle sollecitazioni che provengono dall’esterno, con sguardo pacato e comprensivo, sono il motivo per cui mi sento pienamente partecipe di questa unione spirituale, pur nel mio esiguo e discontinuo “amore di lunge”, nel seguirne le esternazioni.

Grazie per il vostro essere presenti e per l’apporto che date al mantenimento del nostro “splendido isolamento”.

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