SBIGOTTIMENTO


                                                                  

Maledetto Carnevale, Pancrazio soffriva perché non riusciva a decidere quale maschera indossare per la serata danzante alla Fratellanza Artigiana. Ed era già al sabato che precedeva la festa.

Maurizio, invece, si trovava di fronte ad un problema ben più grave, fin dalla notte precedente.

Se si fosse soffermato ad esaminare la natura dello strano sentimento che in quel momento lo stava tormentando, avrebbe dovuto ammettere di sentirsi sbalordito e poi sbigottito, ma soprattutto avvilito.

Ciononostante, trovava il modo di riflettere sul senso delle parole: si rendeva conto che i primi due termini, sbalordito, derivato da balordo e sbigottito, di oscuro etimo provenzale esbair, pur descrivendo uno stato d’animo di profonda afflizione, facevano dipendere questo malessere dalla paura, e quindi non descrivevano compiutamente la sua attuale condizione, che non si basava sul “pavor” di qualcosa che doveva succedere, ma soltanto sulla sorpresa suscitata dalla rivelazione che la sua Chiara gli aveva fatto in una notte che avrebbe dovuto essere di amore ed invece era stata di amara disillusione, quasi un “letto di giustizia” come diceva il giovane Tristam quando parlava dell’abitudine dei suoi genitori di risolvere le questioni principali della vita familiare la sera, a letto, squadernando i problemi uno per uno, una specie di regolamento di conti.

Lei, nel bel mezzo di una performance amorosa molto promettente, gli aveva confessato che, durante il suo lungo soggiorno a Londra, aveva conosciuto un giocatore del Chelsea, con il quale aveva intrattenuto una relazione intima. Facendogli cadere il …cuore sotto i piedi. Aveva aggiunto che lei, per lealtà aveva voluto dirglielo, mentre avrebbe potuto tacere, ma, contando sulla apertura mentale del suo fidanzato, non aveva avuto remore a rivelarglielo e che comunque, la cosa per lei non aveva avuto nessun significato particolare.

Se non si fosse trattato di un colpo al cuore che lei gli aveva inferto a sangue caldo, avrebbe detto che grande era la sua meraviglia, non nel senso di cosa meravigliosa, ovviamente, ma solo della sorpresa. La confessione infatti era giunta del tutto inattesa e lui mai si sarebbe aspettato una cosa del genere; una meraviglia in senso negativo, senza nulla di mirabolante, come invece il termine farebbe intendere, in quanto non di cosa gradita si trattava, ma esecrabile.

Sbigottimento. Pur nella confusione creatagli dalla confessione e il dolore conseguente che gli stringeva il petto, egli si soffermò sul senso della parola sbigottito. Si sentiva veramente sbigottito? O era solo l’assonanza con un altro termine, bigotto, che, sia ben chiaro, non aveva nulla in comune col primo a creargli così fastidio? Eppure, gli tornava in mente il particolare che la parola bigotto traeva origine da un intercalare della lingua germanica dell’epoca dei barbari, by-got, cioè il nostro perdio, per cui, superando le barriere etimologiche, gli veniva da dire ma perché “by-got”! doveva succedere proprio a lui?

Ad un tratto sentì Pancrazio che, con voce sardonica, gli suggeriva all’orecchio: Non sarà forse che tu più che delle corna di preoccupi di dare un nome a quello che si sente a portarle?

Inutile dirlo, il Carnevale era ormai compromesso senza rimedio; una circostanza fortuita, ma odiosissima. Sia per Pancrazio, che, di mala voglia, aveva accettato l’idea di indossare la tonaca di Don Abbondio, che per Maurizio, che aveva deciso di chiudersi in camera e per quella sera, prendersi una sbronza colossale, come non aveva mai fatto.

Ma poi Chiara cosa avrebbe pensato? Che era un chierichetto?

Commenti