RIMIRATORE
Premessa:
Martedì, ultimo giorno di Carnevale dell’anno del Signore 2023, inaspettatamente e chissà forse anche inopportunamente, è emerso, dagli archivi “storici” (si fa per dire: se non è di ieri, sarà dell’altroieri) del Club dello Zibaldino (alias Accademia dell’Abecedario), il documento che segue, dove pure, anche se di sfuggita, si parla del Carnevale e delle maschere, a fini del tutto particolari.
In effetti, in esso viene sommariamente riassunto quanto detto, in una qualche occasione, da alcuni membri del sodalizio, in merito al comportamento di presunti personaggi che dall’esterno, tentavano di infiltrarsi nel corpo sociale del Club, per scopi, ancora da accertare. Detto brogliaccio era stato tenuto segreto per intuibili motivi di sicurezza, ma, visto che finora nulla è successo che possa far ritenere tuttora sussistenti detti timori, se ne dà pubblica visione, con l’invito a chi fosse in possesso di notizie utili allo svelamento del mistero, di voler collaborare, affinché si faccia completa chiarezza su tutto quanto si è detto finora.
Segue il documento “de quo”.
Di chi? Chiese impulsivamente Pancrazio, ma non l’hai scritto tu? La domanda era rivolta a Maurizio, che non rispose e dette lettura del testo.
RIMIRATORE
Non abbiamo più sentito la voce di quello che si fa chiamare Rimiratore, che, nel bene e nel male ci seguiva come un segugio, anche sullo Zibaldino, senza risparmiarci critiche, con osservazioni spesso puntuali e ci dedicava un’attenzione che per noi era un pungolo nel fianco, ma anche uno stimolo a ben operare, coadiuvato, in questa sua opera che a noi appariva picaresca, ma non lo era, da quel professore di filosofia che va sotto il nome di Evaristo.
Ciò può significare solo due cose: o che lui ha perso la grinta, o che noi siamo diventati talmente insignificanti al suo sguardo, che adesso il suo interesse è rivolto altrove.
In entrambi i casi, la cosa non ci fa onore e noi dovremmo studiarne le cause e le conseguenze.
Così esordì quella mattina Maurizio, appena aperta la sessione e continuò chiedendosi: Innanzi tutto: chi è Rimiratore? Mentre poneva la domanda, il suo sguardo sventagliava sulla testa dei suoi ascoltatori, in cerca di un segno di partecipazione, o di interesse al tema proposto, che non arrivò, per un lungo attimo. Alla fine intervenne Pancrazio dicendo:
Lo sappiamo tutti chi è questo sedicente Rimiratore, e lo sai anche tu, non fare il finto tonto. Rimiratore è quello spione di Licius, che fa di tutto per infilarsi tra di noi, per avere sempre l’ultima parola e mandare all’aria tutto quello che abbiamo detto noi.
Vuoi dire che fa il sicofante della situazione? Insinuò Maurizio.
Non so se fa anche quello che hai detto tu, il sico, non ho capito bene che cosa; ma certo è un ficcanaso che cerca di rompere le palle nel paniere, come si suol dire, facendosi schermo di quel professore, il quale lo segue sornione e si nutre di caffè, mentre non fa che guardare le gambe e il culo della cameriera del bar dove vanno a confabulare.
Non nego, proseguì Maurizio, sorvolando su quanto detto dall’amico, che vi sia qualcosa in questa figura che suscita in me un certo interesse: primo, la costanza: a ben vedere è l’unico nostro seguace assiduo; secondo, il tono che a me sembra benevolo, contrariamente a quello che pensi tu.
Cosa sai di loro?
Poco, non conosco i loro scopi e le loro intenzioni. L’altra sera erano qui, nella fila in fondo, travestiti, lui da Nick Carter coi i baffi finti ed un berretto a quadretti in capo che gli copriva anche parte della faccia e l’altro da cieco, con gli occhiali scuri, il bastone bianco ed un cappello a muso di porco, come quelli che andavano di moda molto tempo fa in America, con la falda rialzata e la cupoletta schiacciata davanti. Una vera carnevalata!
E perché non ce lo hai detto? Potevamo smascherarli.
Volevo vedere fino in ultimo cosa avevano intenzione di fare. Senonché, ad un certo punto mi sono allontanato un momento per un bisognino urgente e quando sono tornato non erano più al loro posto: se ne erano andati senza lasciare alcuna traccia, molto prima della fine della riunione.
Ricordo di aver notato quei due tizi, intervenne Sebastiano, mi avevano colpito per il loro aspetto e il loro modo di fare, ma in effetti, nemmeno io sono riuscito a vedere quando sono andati via. Ad un certo punto si sono volatilizzati e non li ho più visti. Ho chiesto anche a Silvana, che mi sostituiva al bancone, se li aveva visti passare, me lei mi ha risposto di non aver notato nessuna presenza strana. Però a fine serata, quando sono entrato nella sala per fare pulizia, ho notato che su una sedia accanto a dove sedevano loro, era posato un giornale, l’ho preso ed ho letto l’intestazione, era una copia del Piccolo di Trieste di alcuni anni fa.
Un giornale straniero e per di più vecchio di anni, mormorò fra sé e sé Pancrazio, cosa ne dobbiamo pensare? disse poi a voce più alta.
Che sei un bell’asino, gli obiettò Sebastiano…straniero! Ma come ti viene in mente? Non sai che a Trieste si è fatta l’unità d’Italia?
Volevo dire, insistette caparbio il primo, che poteva essere un abile depistaggio: farci credere che la minaccia veniva dal nord e invece viene dal sud, perché, sennò, perché lo avrebbero lasciato?
Per me è un sortilegio, disse ispirata Silvana, mentre con la mano teneva sospesa in aria la tazzina di caffè che doveva servire al cliente che aveva davanti, il quale aspettava pazientemente, seguendo con gli occhi le evoluzioni della sua mano che non si decideva a posarla.
Ma secondo voi, tornò a bomba Maurizio, cosa volevano così camuffati quei due, qui dentro al nostro covo, che per loro deve essere la tana del lupo?
Allora intervenne Oreste, dicendo: lo scopo mi sembra chiaro ed è il proposito di scompigliare il nostro Circolo, credo. Già il nome che il nostro oppositore si è dato, è sintomatico per l’ambiguità e la doppia valenza del termine Rimiratore.
Voi pensate che chi rimira, sia un osservatore neutrale e invece in questo caso a me sembra che si tratti di un soggetto che vuole fare le bucce. A chi? A noi, su ogni cosa che diciamo.
Io sono convinto invece, disse Maurizio alzando il tono della voce fino ad un livello di consapevole autorevolezza, che le sue intenzioni siano buone e che egli soffra di un trauma di identificazione. Si è innamorato così tanto della favola, da cercare di entrarci dentro e di trovare in essa la sua realizzazione sia come autore, continuando a narrare la storia, che come personaggio, cercando di integrarsi con noi, che siamo i protagonisti di quella stessa favola, per essere come noi, personaggi inventati e per vivere nell’immaginario, fino alla fine.
Gli fece eco Oreste con tono pacato: Mi sembra verosimile. Vorrei aggiungere però che, secondo me, egli si vuole proporre come tuo alter ego, ma in contraltare; fattene una ragione Maurizio, vuole essere l’altra faccia della tua personalità, facendone un tutt’uno, come Giano bifronte.
Dopo un attimo di silenzio rarefatto, Caspiterellina! Esordì Pancrazio tutto di un fiato, ma per fare questo deve prima passare sul mio corpo, non sarà mai che un Rimiratore venga qui a dettar legge! Se necessario, lo faccio rimirare io di santa ragione!
Non essere così impulsivo, Pancrazio, lo invitò Maurizio; io penso che Rimiratore, dapprincipio sia stato un semplice osservatore che poi, col tempo, a torto o a ragione, si sia introdotto nella nostra storia e sia diventato un personaggio, che si è generato, per così dire da solo, per partenogenesi e che ora faccia parte di questa comunità con il compito di essere per noi, una specie di grillo parlante che merita attenzione, come la voce della nostra coscienza e come tale noi lo accoglieremo, insieme al suo Mentore, Evaristo, con la speranza che non costituiscano una spina nel fianco, ma si comportino come compagni di strada che potranno anche suggerirci vie nuove per rivitalizzare il Circolo.
Sì, come il gatto e la volpe di Pinocchio, affermò pomposamente Pancrazio, fiero della sua dotta citazione; io sarò Mangiafuoco e tu la Fatina dai Capelli Turchini. Quant’è vero iddio, prima che questo accada, io mi dimetterò.
Da che? Gli chiese Sebastiano, mica sei il sacrestano di questo monastero, e nemmeno il frate campanaro. Ma Pancrazio aveva già preso cappello e, giunto nei pressi della porta a vetri del bar, vedendo che fuori pioveva, guardatosi furiosamente intorno e, adocchiato l’unico ombrello presente nell’apposito portaombrelli, lo afferrò e, apertolo con forza, si diresse a passo veloce verso casa.
Ah, Pancrà! l’ombrello è mio, disse qualcuno, ma la sua voce si perse nel vuoto, coperta dal rombo della pioggia incalzante che dal varco aperto dalla porta a vetri che stentava a chiudersi, si riversò improvvisamente all’interno del locale.
Lasciatelo andare, concluse Maurizio: si accorgerà ben presto del suo errore.
Figurarsi, per un ombrello…accennò la voce.
Ma che ombrello! Disse piccato Maurizio.
E cosa allora? Di nuovo la voce, incredula.
Buonanotte! disse Maurizio ed era pieno giorno.
P.S. Avevo scritto questo pezzo, un po’ di tempo fa, ma non mi decidevo a pubblicarlo, per timore di urtare la sensibilità di qualcuno. Rileggendolo ora, in prossimità del Carnevale, a me sembra che non vi siano pericoli di fraintendimenti e, quindi mi decido a farlo, avvertendo che, in caso di diverso avviso da parte di eventuali interessati, sono pronto a ritirarlo, con preghiera di ritenerlo “tamquam non esset” (per chi ama le citazioni in latino).
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