PARABOLA

 Anteprima:

                                                                               

Oggi parleremo di parabole, annunciò Maurizio, in apertura della seduta di quel mercoledì da leoni.

Allora me ne posso andare, bofonchiò Pancrazio.

Perché? Gli chiese Maurizio, l’argomento non ti interessa?

Non c’ho Sky, non debbo vedere Al Jazeera, che me ne faccio della parabola? Già che c’ho il vicino di casa che me n’ha piazzata una, proprio di fronte al mio balcone, che se mi passa, uno di questi giorni gliela butto giù…

Fai come vuoi, gli rispose Maurizio, ma la parabola non è tutta lì!

E dove allora?

Sullo Zibaldino (www.aielli.org).

Ma fammi il piacere!

 

                                                                        

 

Era un inizio di settimana non proprio da incorniciare: pioveva e faceva freddo. In piazza non si vedeva nessuno. Sotto i portici solo pochi sostavano nei pressi di una edicola di giornali e parlavano tra di loro: dalla bocca di ognuno, ad ogni parola, uscivano sbuffi di vapore che si perdevano subito nell’aria umida.

Gli amici dell’Accademia dell’Abecedario, come veniva pomposamente chiamato il Circolo che si era formato intorno al Bar dell’Olmo, erano tutti riuniti nella stanzetta sul retro del locale e parlavano stancamente del più e del meno, con monconi di frasi, mezze battute, qualche sconcezza.

Chiara sedette al posto riservato al Maestro ed annunciò che avrebbe presieduto lei la riunione, perché Maurizio era a casa con qualche decimo di febbre.

Anche tu, la apostrofò Silvana, hai gli occhi un po’ cerchiati, mi sa che vi siete scoperti troppo, stanotte, concluse ridendo.

E lo credo bene! Intervenne Pancrazio, dopo tanto tempo che non si vedevano, chissà quante cose avevano da dirsi!  Ed ammiccò vistosamente.

Ma no, rispose Chiara ridendo, imbarazzata; ma che state a pensare… siamo stati a parlare delle Isole Aleutine, da me visitate ultimamente e dove fa molto freddo.

Ho capito, insistette Pancrazio, così voi avete rotto il ghiaccio!

Va bene, ragazzi, ora basta, tagliò corto Chiara, il tema scelto per oggi, è la parabola.

A me non interessa, bofonchiò, imbronciato Pancrazio, io non c’ho Sky.

Anticamente, la parabola era la parola, iniziò Chiara.

Poi divenne racconto, per lo più, edificante.

Infine essa va studiata in geometria, come curva prima ascendente e poi discendente che si ottiene sezionando un cono con un piano parallelo al suo lato.

Chiara si fermò un attimo e guardò intensamente Pancrazio.

Effettivamente, riprese, c’è stato un periodo in cui la parabola più conosciuta, da noi, a livello popolare, è stata quella che si impiantava su tetti e balconi per la ricezione del segnale televisivo, per via satellitare, con una proliferazione impressionante, a dispetto dell’inquinamento visivo e paesaggistico che ne derivava.

Ora il fenomeno sembra ridimensionato, perché molti programmi televisivi sono fruibili via web, rendendo inutile la famosa “padella”, che comunque rimane, quasi come reperto archeologico post-moderno, simbolo di un’epoca.

Possiamo, quindi, passare a parlare di parabola in alcuni altri contesti, fra i molti nei quali la parola si presta ad essere usata, per i vari significati che essa può assumere.

La parola, chiese Oreste, è il Verbo, di cui parlano le scritture? Quello che poi divenne carne?

Non proprio, ma siamo vicini, i due temi si toccano, fu la risposta di Chiara, che continuò:

Il termine “parola”, ha la stessa origine etimologica della “parabola”, provenendo entrambe, come al solito, dal greco, lingua nella quale “parà-ballein”, significa “mettere di fianco, confrontare”. Quindi l’origine della parabola è nella parola stessa, attraverso il passaggio dal volgare “paràula” all’attuale “parola”.

In letteratura, le parabole sono racconti (fatti di parole), morali, edificanti, in cui si narra una storia con lo scopo di trasmettere un messaggio o un insegnamento. Sono quasi soltanto quelle contenute nei Vangeli, che sono appunto le “parole” di Gesù, il quale parla per similitudine, per allegorie, attraverso metafore; egli racconta delle storie, a volte criptiche, enigmatiche, senza dare spiegazioni, con l’intento di mettere i suoi ascoltatori nella condizione di capire che in esse è contenuta una verità più grande, da scoprire con in po’ di buona volontà (chi vuole intendere, intenda). Il racconto di un fatto schematico, anche minimo, espresso con parole semplici, serve ad illuminare l’ascoltatore, sul significato di essa, in genere qualcosa di più grande che si pone a confronto con quanto raccontato.

A me risulta, intervenne Oreste che il verbo “ballo” in greco vuol dire anche “getto” che è  diverso dal “metto a fianco” di prima.

Esatto, approvò entusiasta Chiara, Ed ecco allora che la parabola, con questo ultimo significato, assume la sua vera dimensione fisica e concettuale, di cosa che si proietta da un punto all’altro, disegnando un arco nello spazio o nel tempo, denso di significato.

Corbezzoli, ridacchiò Pancrazio e io che pensavo di buttar giù la parabola che ha messo davanti alla mia finestra, il mio vicino di casa!

In geometria, riprese Chiara, la parabola raggiunge la sua maggiore espansione, per opera di uno studioso che dette alla figura della sezione di cono operata dal piano parallelo ad un suo lato, il nome, appunto di parabola ed è in questo campo che gli studi più approfonditi sono stati condotti.

Ma non è di questo che voglio parlare, chè sarebbe una vera intrusione di campo, data la mia ignoranza in materia, ma dell’infinita possibilità di applicazione del concetto di “gettare oltre”, nel mondo delle idee, perché è qui che la parabola ha trasceso il senso letterale, per acquisire un significato allegorico che va ben oltre quello originario.

E siamo alle solite, disse inaspettatamente Sebastiano, che si era avvicinato, dandosi il cambio al bancone del bar con Silvana, sembra che ogni cosa abbia un significato nascosto, diverso da quello conosciuto, ma è proprio così? si interrogò perplesso.

In un dizionario etimologico on line, riprese Chiara, ho trovato scritto che “arbitrariamente” questo termine viene usato anche per indicare la traiettoria di un proiettile sparato da un’arma da fuoco. Io plaudo a questa arbitrarietà, perché, al di là dell’oggetto veicolato, è il concetto che conta e questo rappresenta il disegno di un arco che parte da un punto iniziale, sale fino ad un punto massimo e poi comincia la discesa fino a toccare terra.

In senso figurato può rappresentare tutto ciò che ha un inizio e una fine e richiama echi di parole, parabole, adombrando l’idea della vita di ogni cosa, da quella umana, alla quale siamo, per ovvie ragioni, particolarmente attaccati, fino all’esistenza del più sottile filo d’erba che noi, inconsciamente, calpestiamo.

Così abbiamo la parabola di un rapporto amoroso, la parabola di una carriera che pian piano si spegne, la parabola di un ideale che perde consistenza, ecc.

Tutto ciò che ha un inizio, deve avere una fine, sentenziò alla fine la relatrice, per legge naturale e la parabola è lo strumento più adatto a descriverne la storia, un inizio entusiasmante, un punto di massima espansione che coincide con il culmine della parabola, un lento declino ed un inesorabile tramonto in cui tutto trova la sua ultima collocazione.  

Amen, disse beffardo Pancrazio, che, non visto si era diretto al bar e da Silvana si era fatto servire del vino bianco, col quale si era riaffacciato alla ribalta, brandendo in alto il bicchiere ed aggiungendo, rivolto a Chiara: brindo alla vita e brindo ai giovani innamorati che sanno che di notte si vivono le esperienze più intense. Salutaci Maurizio, quando lo rivedi e speriamo che si riprenda presto dallo strapazzo.

L’oggetto, forse un portacenere, che Chiara gli scagliò contro, si infranse contro lo stipite della porta, ma Pancrazio era già lontano.

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