FIORELLA

 

 

                                                                      

Fiorella è il mio asso nella manica, il mio numero vincente, il mio terno al lotto.

Ricordo quando l‘ho incontrata per la prima volta e fu un vero colpo di fulmine, lei scendeva per le scale della nuova abitazione, dove si era già traferita da poco con i suoi ed anche io sarei andato di lì a poco ad abitare con i miei, insieme ad altre due ragazze, sua sorella Ninfa e sua cugina Giuliana, ma i miei occhi furono solo per lei.

Era smagliante come un raggio di sole, leggera come una libellula, sorridente e furtiva insieme, sbarazzina e severa, audace e fuggitiva, con una luce negli occhi che comunicava gioia con una punta di mistero ed io sentii subito un’attrazione per lei che superava ogni limite immaginabile.

Scambiammo solo poche parole, dopo di che, lei continuò a scendere ed io a salire le scale, di quella casa, dove quel giorno ero andato, con Vittorio, mio fratello, per effettuare una prima visita all’appartamento che ci era stato assegnato e che tanto cambiò il corso della mia vita.

Quando riuscimmo, io già dissi a Vittorio: ho trovato la donna della mia vita. Ed egli, meravigliato mi chiese: chi è? Chi potrebbe essere se non quella che ha detto di chiamarsi Fiorella? Gli risposi di getto, l’unica, la vera stella del mio firmamento. Avevamo io 18 e lei 16 anni e io lessi un lampo nel suo sguardo, che mi portò a ben sperare per ogni altra cosa che mi fosse capitata nella vita, subito immaginata insieme a lei.

 Non fu facile conquistarne la fiducia e poi l’amore, perché Fiorella era per certi aspetti selvatica, nel senso vero di creatura dei boschi, schiva, libera, non facilmente raggiungibile. Nutriva sogni segreti che non riuscivo a penetrare, ma io l’amavo così per quello che era e l’atmosfera conturbante che l’avvolgeva era per me la cosa più afrodisiaca che avessi mai provato.

Ma dal primo momento in cui lei mi disse sì, poi tutto è andato liscio, rotolando veloce il tempo, tra figli, lavoro e casa per una cascata di decenni che ci hanno visti sempre insieme e legati come non mai.

Ora lei è di là che lavora: non si stanca mai, arriva dappertutto, è ineguagliabile. Io, che faccio?  nel mio studio, penso; e faccio “il letterato”, da strapazzo, “l’intellettuale”, sì, ma solo nel senso che non faccio alcun lavoro materiale, illudendomi di esercitare le mie facoltà intellettive, peraltro, solo per alcune ore al giorno, dato che le mie condizioni di salute non mi consentono di dedicare più tempo a questa attività minima, che io neanche volevo, in questi termini, avendo sempre preferito il moto all’aria aperta, allo sterile manierismo intellettuale.

Consuntivi non ne faccio; la bilancia pende tutta da una parte: Fiorella.

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