NATALE 2022

IL GALEONE NATALIZIO 

Ho visto le feste di Natale sempre sotto una luce speciale, per un certo senso temute, poi amate ed infine odiate con uno strascico di fastidio, da cui era bello liberarsi quando erano terminate.

Esse mi apparivano sotto forma di una allegoria, una grande nave, che compariva ad un certo punto dell’anno, che all’inizio coincideva con la festa dell’Immacolata e dopo si è spostato sempre prima, fino ad attivare come adesso ai primi di novembre, un galeone, all’orizzonte sul mare, dapprima discreto, quasi invisibile, poi via via che passavano i giorni, sempre più vicino, crescendo ed ingigantendo, fino ad occupare

 tutto lo spazio visivo.

Con le sue vele schioccanti al vento, un vento di dicembre, fresco di solstizio, i suoi sontuosi gonfaloni, le sue cerimonie, gli abiti maestosi, i pensieri suscitati, più grandi, mentre sotto, nella stiva, ribolliva il marciume delle ciurme insolenti, dei galeotti o negri incatenati, nascosti alla vista.

Perché un galeone? Intanto perché il galeone è una fortezza galleggiante che avanza inarrestabile, sfidando le tempeste oceaniche; inoltre perché esso rappresenta la massima espressione della navigazione a vela, derivazione delle antiche galee, o galere, che navigavano a remi o a vela, quando ai remi erano incatenati i condannati, in balia di un aguzzino che aveva potere di vita o di morte su di loro.

Questa visione incombeva per quasi tutto il periodo natalizio, che va dal Natale vero e proprio, bellissima la notte della vigilia, piena di attesa e di mistero, fino a Capodanno e una coda dura di smaltire che era il culmine dell’Epifania, con l’arrivo della Befana e gli ultimi bagliori di una festa decaduta.

Poi finalmente la nave toglieva i pavesi, alzava le vele, salpava le ancore e lentamente si allontanava dalla riva, verso il largo, fino a scomparire oltre la linea dell’orizzonte, riconquistato.

 

LA VIGILIA 

Una certa euforia si avverte già dalle prime ore del mattino lungo la corsia, serpeggia tra i letti, corre sull’eco attutito degli zoccoli d’ordinanza delle infermiere e dei medici, si dirama in tutta l’ala dell’ospedale riservata ai lungodegenti.

E’ il frutto di una aspettativa che proviene dall’aria fresca di una finestra aperta sul corridoio, dal luccichio occhieggiante dello striminzito albero di Natale, allestito per tempo dalle amorevoli mani di alcuni volontari ed avvertito nella maggiore sollecitudine di tanti operatori sociosanitari dal passo fugace.

E’ l’attesa per qualcosa che verrà a confortare i cuori degli ultimi, di quelli che di speranze ne hanno poche, ma che in una notte come questa vedono comunque un po’ di luce e pensano che non tutto è perduto.

Buon Natale a tutti coloro che soffrono. 

 

INTERMEZZO
 
Strano questo ventisette, ti senti come sospeso nel vuoto; la fanfara è da poco passata, ancora nelle orecchie lo strepito di tamburi e fiati e già vai con la mente al secondo e non ultimo appuntamento di questo periodo di tregua festiva, quello decisivo per le sorti di un anno, non bello, ma caro e non solo per i costi: sembra di aver perso qualunque orientamento, il covid, la guerra, l’inflazione e l’ostinatezza dei negazionisti. Il ventitre si presenta come un buco nero pronto ad inghiottirci. Balliamo sull’orlo di un vulcano, o, se preferite, nel ventre ben protetto e pieno di luci, di un Titanic che avanza nel buio, mentre sul ponte la nebbia nasconde l’insidia.

 

IL LUNGO PONTE

 Un lungo ponte fra due Santi è quello che stiamo attraversando, Santo Stefano, il primo martire della cristianità, morto per lapidazione poco dopo la crocifissione di Gesù e San Silvestro, il quale, circa trecento anni dopo, fu eletto papa in una Roma ancora pagana e persecutrice dei cristiani, poco prima che l’Imperatore Costantino, anch’egli in seguito divenuto Santo, con il proprio editto dell’anno 313 d.c. ne decretasse la fine.

Un ponte lungo trecento anni, tanti quanti ne passarono prima che la religione cristiana potesse essere professata liberamente. Noi lo percorriamo in pochi giorni, ignari di tutto, in attesa che la notte di San Silvestro ci introduca nel nuovo anno, fra botti di spumante e non solo, fuochi d’artificio e non solo (purtroppo c’è anche chi deve sopportare il fuoco nemico) e le ansie per una pandemia che ancora rialza la testa, come il drago che, secondo una leggenda, fu sconfitto da Papa Silvestro Primo, che scese sotto terra, lungo trecentosessantacinque gradini (un anno), per raggiungerlo e cucirgli la bocca.

Papa Silvestro 1° morì, dopo un lungo pontificato, la notte del 31 dicembre del 335 d.c.

Entrambi, Santo Stefano Protomartire e Papa Silvestro, sono ricordati per essersi spesi, nelle loro rispettive qualità, a favore dei più deboli, in particolare orfani e vedove, con diverse forme di provvidenza e assistenza.   

Non sarebbe male tenerlo a mente.

 

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