PANICO
Pancrazio, che ti prende? Hai una paura panica!
Ma che panica e panica! Il forno era chiuso, ecco perché sono incazzato!
Che sei andato a fare al forno? Gli chiese Sebastiano.
A prendere due brioche.
Perché le mie non ti andavano bene?
Le tue erano di ieri.
Non è vero, sono freschissime, appena arrivate.
Bè, allora si vede che ieri mi hai dato quelle di oggi.
Non è panico il tuo, è solo ignoranza.
Perché il pane lo avevo già comprato e non sapevo che dopo una certa ora, il forno chiudeva.
Piuttosto vorrei sapere chi di voi ha propagato, o propalato, come si dice Maurizio? La notizia Che io mi sarei dimesso… e il suo sguardo si rivolse truce verso gli astanti, anche se ho qualche sospetto, aggiunse, fermando gli occhi su Sebastiano e Silvana.
Il breve battibecco tra i due compari, con l’evidente nonsense di Pancrazio sulle brioche del giorno prima, non era passato inosservato alle orecchie dei presenti all’interno del Bar dell’Olmo. Silvana rise allegramente. Ma che ti viene in mente, accennò.
Non è panico, intervenne il sapientone per antonomasia, Maurizio (autonomasia aveva detto una volta Pancrazio, volendo forse intendere che egli si era autonomamente proclamato tale); quello che vedi dipinto sul volto di Pancrazio è un semplice disappunto, originato da una contrarietà, la chiusura del forno.
Il panico è ben altra cosa, insistette e non ha nulla a che vedere con il pane di Pancrazio, nemmeno quello grattugiato, tanto meno con le brioche.
Il panico ci rituffa direttamente nel mito: la parola deriva da Pan, il dio dei campi, della vita agreste e, in generale, della natura. E’ un dio misterioso, con zampe caprine, giovane, agile, gioioso, suona la siringa, il flauto di canna, è dotato di organi sessuali molto pronunciati, se si arrabbia, emette urla come boati, che incutono il terrore e, quindi è anche temibile, come da sempre è appunto la natura, tanto adorabile, quanto terribile per i suoi fenomeni imprevedibili ed incontrollabili, specie nella percezione che di essi potevano avere le popolazioni più antiche.
Il termine “Pan” richiama anche l’origine del “panta” che significa “tutto”, quindi è quanto dire…
Pan vaga per i monti dell’Arcadia, disdegnando l’Olimpo, pascola le sue greggi, suona e danza e insegue le ninfe, viene scambiato per i fauni dei boschi, aiuta i bisognosi e scatena tremende tempeste.
Da qui la paura panica, che è quella indeterminata, senza oggetto, sotterranea che prende origine dal timore riverenziale nei confronti della natura, dalla quale ci si aspetta di ricevere frutti, ma della quale si temono disastri.
In senso più generale, fuori dal mito, è la paura, meglio il terrore per qualcosa di imprevisto, che comporta una forte ansia e induce a comportamenti irrazionali.
Quando si dice le forze della natura, si pensa soprattutto ai due poteri principali di Pan, quello creativo della fertilità e quello distruttivo insito in essa, in forma indistinta ed indeterminata.
La paura panica è quella annessa alla presenza di Pan, con le sue furtive apparizioni, i suoi estri, i suoi eccessi. E’ una paura che ci lascia inermi, in quanto ingiustificata e, per questo motivo, noi mortali non sappiamo da cosa dobbiamo guardarci.
Io mi guarderei alle spalle, disse subito Pancrazio, con un energumeno come questo Pan, non si sa mai, dovesse prenderti di dietro…
Un silenzio perplesso seguì queste ultime parole; Sebastiano e Silvana guardavano verso il maestro, sbirciando poi Pancrazio che si pavoneggiava imbarazzato (‘mbè, c’ho detto?), fino a quando una voce li ridestò dal sopore, allò! me lo fai ‘sto caffè, o debbo andare al bar di fronte?
A berciare era un accolito della risma di Rimiratore, comparso di nuovo: era lì per gettare il panico?
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