IPOSTASI, IPERBOLE, IPERBOREA E IPERURANIA

 

 

                                                       

Pancrazio, dopo l’ultimo colloquio con Maurizio, aveva una grande confusione nella testa: l’empireo era una cosa che non riusciva a capire.

Ciononostante cercò di spiegare a Sebastiano che si trattava di un luogo molto bello dove era possibile giocare a nascondino, proprio come fanno i bambini.

Il tuo guaio, gli oppose il barista, è che ti manca un vero retroterra culturale.

Ti sbagli, amico mio, rispose tutto baldanzoso Pancrazio; io il retroterra ce l’ho ed è dietro casa mia, senza contare le due tomolate di terra che ha mia moglie a Colleminuccio che gliele ha lasciate il padre. Quanto alla cultura, faccio del mio meglio, non ho molti attrezzi e quindi coltivo come posso.

Oggi vi parlerò di altri luoghi, assolutamente particolari, dove giocare con la mente sarebbe utile a tutti, disse Maurizio, da poco fermo davanti al bancone del bar, in attesa di essere servito del primo caffè della giornata.

Avete mai sentito parlare di Ipostasi? Chiese così, all’improvviso, come se nulla fosse, ai due amici sbalorditi, di cui il primo, il barista, cadeva dalle nuvole, il secondo, invece, dopo un attimo di attenta riflessione, Certo, disse, io tutti i giorni ne faccio tante.

Ma di che? Gli chiese Sebastiano, mentre Maurizio sorrideva sornione.

Ma di ipotesi, come dice Maurizio, rispose l’indomito Pancrazio.

Io non ho detto questo! precisò il maestro, anche se l’ipotesi è un elemento essenziale di qualsiasi discussione.

Mi sono venute in mente una serie di parole, che, dopo l’empireo, in qualche modo richiamano luoghi inesistenti, frutto della fantasia degli antichi greci, dove si verificano fenomeni extraterrestri, come, appunto avviene con ipostasi, ma, anche, con altri termini assolutamente affascinanti, quali: iperbole, iperborea ed iperurania.

Pancrazio e Sebastiano, si guardarono l’un l’altro con aria stralunata, ammiccando, poi il primo si rivolse al Maestro dicendo rispettosamente: 

Ti faccio presente, che a me la fantascienza non è mai piaciuta.

Ma qui non si parla di fantascienza, tornò a dire Maurizio, qui entriamo nel campo del mito.

Allora avevi ragione, disse Pancrazio rivolto a Sebastiano, questo campo qui non è mio e non ci sono mai entrato.

Premesso che con tutte queste parole siamo sempre in un’atmosfera più o meno astratta, comincerei col distinguere ciò che sta sopra da ciò che sta sotto una certa soglia rispetto all’oggetto considerato.

Ah, borbottò Pancrazio, io per me, sempre sopra, sotto non peschi niente, c’è solo sabbia.

L’ipostasi, per esempio, continuò Maurizio, sta sotto, nel senso etimologico del termine, che deriva dal greco yupò che vuol dire appunto sotto e stasis, lo stare. La  parola è un termine filosofico usato per indicare quello che sta sotto la realtà apparente delle cose, cioè la sostanza di esse, al di là di come ci appaiono, in ultima analisi, l’ipostasi è la sostanza immateriale che sta sotto la realtà materiale.

Ancora una volta Pancrazio e Sebastiano si scambiarono uno sguardo interrogativo, poi si rivolsero, ossequienti, al Maestro, il quale, compiaciuto, continuò dicendo:

Non entriamo nel merito della filosofia di Plotino il quale riteneva che le tre sostanze principali fossero ordinate in ordine gerarchico procedendo dall’Uno che è Dio, all’intelletto ed all’anima, perché troppo complesso e non di nostra competenza, in quanto noi ci occupiamo solamente del significato delle parole.

A questa ultima affermazione, Pancrazio e Sebastiano si rilassarono un tantino, Ben detto, approvò il primo.

Vista la disponibilità dei suoi due interlocutori, la voce del maestro si fece più suadente:

Nella parola iperbole, che deriva dal greco ”hiper-ballein”, che si traduce con “gettare oltre”, il “sopra” diventa “oltre”, ma è la stessa cosa. La parola ha due diversi significati, uno tecnico, in geometria e uno figurato, in retorica. Noi, al solito, prendiamo solo il secondo – Pancrazio e Sebastiano assentirono col capo – in senso figurato, l’idea di gettare oltre si traduce nel senso più compiuto di uscire fuori dal consueto, esagerando, anzi esasperando il concetto di ciò che si vuole esprimere, fino all’impossibile, sia in senso accrescitivo che diminutivo quanto all’entità della cosa trattata. Esempi del primo caso, ti voglio un bene pazzo, da morire; mi sono ammazzato dal ridere;  del secondo, ho una gran sete, mi daresti un goccio d’acqua? Quella notte il cielo risplendeva come uno scrigno di gioielli,

Per Iperborea e per Iperurania la derivazione è sempre dal greco: per il primo termine, da “hyper boreas”, che vuol dire “oltre il settentrione”, per il secondo da “hyper uranòs”, che significa letteralmente “sopra il cielo”.

Sono due luoghi mitici e leggendari, che hanno alimentato le fantasie più sfrenate dei nostri antichi antenati, che non hanno mai posto limiti alla loro tendenza ad uscire fuori dai confini del reale, per immergersi nel mare dell’astrazione.

I due ascoltatori guardavano fissamente il volto dell’oratore, concentrandosi perplessi sul movimento delle sue labbra.

Per raggiungere il primo, iperborea, era necessario superare la barriera dei ghiacci del Polo Nord, magari con una slitta trainata da renne, per entrare in una zona colà situata, in modo indeterminato, che era contraddittoriamente una specie di Paese di Bengodi, residenza del dio Apollo, niente ghiaccio, niente gelo, ma sole caldo per giorni e giorni consecutivi ed ininterrotti e nessuna notte, residenza felice di un popolo privilegiato, gli iperborei, che se la spassavano, vivendo senza affanni, né dolori.

Quanto al secondo, l’Iperuranio, si tratta effettivamente di una anticipazione delle intuizioni fantascientifiche moderne e bisognerebbe salire su una astronave per raggiungerlo.

Un luogo assolutamente fantastico, sede delle idee di Platone, fatto di sostanza immateriale, forse una nebulosa, al quale si può accedere solo col pensiero.

Ora era troppo, i due si consultarono con gli occhi e decisero di intervenire:

Sono contrario a queste fantasticherie, affermò, piuttosto impressionato, Pancrazio, mentre Sebastiano faceva cenni col capo per manifestare dissenso, non si capiva bene se nei confronti di quanto aveva detto Maurizio o non piuttosto per mitigare la contrapposizione al maestro, piuttosto dura del suo sodale, il quale continuò dicendo:

Queste cose fantastiche mi fanno mancare la terra sotto i piedi. Poi, rivolto verso il resto della truppa anonima, Che ne dite di andare tutti al bar a berci un goccio, offro io, così, tanto per tirarci un po’ su?

Mormorio di approvazione della folla – due sparuti ascoltatori del tutto disarmati, fermi sulla soglia d’ingresso della sala -.

Bravo Pancrazio, non te ne sarai accorto, ma hai fatto adesso un’iperbole al ribasso, ridacchiò Sebastiano, alzandosi per andare a preparare i beveraggi – faccio io per tutti?

Al ribasso? Insorse Pancrazio, Non ti sto chiedendo uno sconto; dimmi tu quant’è, e io pago.    

              

      

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