ADDIO

 

 

                                                                               

“Arrivederci amigo. Non vi dico addio. Vi dissi addio quando significava qualcosa. Vi dissi addio in un momento di tristezza e di solitudine, quando sembrava definitivo”

Pancrazio era lì che leggeva queste parole sul libro lasciato casualmente aperto sulla prima scansia della piccola libreria del club. Sbirciò sulla copertina e lesse il titolo: Il Lungo Addio, autore un certo Rymond Chandler.

Che cazzo significa? si chiese fra sé e sé

Poco più in là, trovò un altro libro, chiuso, con un foglio di carta inserito fra le pagine, lo prese in mano e lesse sulla copertina: Honoré De Balzac, L’Addio.

Arieccoci! Pensò, oggi va di moda l’addio.

Aprì il libro al punto segnato e lesse sul foglio questo appunto:

“Addio” è la fine di un rapporto e la perdita di una speranza. Philippe de Sucy, il protagonista maschile di questo racconto, si scontra ben due volte, nella sua vita, con questa parola

Addio è un saluto che si scambiano due o più persone, quando si lasciano, ma, al contrario dell’arrivederci, che è un saluto per un distacco momentaneo e prelude ad un nuovo, prossimo incontro, l’addio è un abbandono, in cui la probabilità di rivedersi è rimessa alla volontà di Dio, con tutto il carico di rimpianti e nostalgie che una cosa che finisce inevitabilmente comporta. Come affidarsi ad una congiunzione astrale”.

Questa è opera di Maurizio, argomentò: che si sia lasciato con Chiara?

(In effetti era da un po’ di tempo che Maurizio rimuginava sul concetto di questa parola e a quanto possa essere doloroso a volte, dover ricorrere ad essa, cioè vivere nella realtà, un addio, senza tuttavia che vi fosse stata alcuna ombra nel suo rapporto con Chiara, anche se era da un po’che non la sentiva.

La parola, in sé, gli appariva né bella, né brutta, piuttosto anodina, quasi insignificante, ma in verità carica di pathos).

Pancrazio, con il foglio in mano, andò nell’altra stanza, dove era Maurizio assorto nella lettura di un giornale e gli chiese:

Hai scritto tu questa roba?

Maurizio alzò lo sguardo sul foglio ed assentì.

Ti piace la parola addio? Chiese poi a Pancrazio, che era in attesa di una spiegazione. Poi, senza attendere la sua risposta riprese: 

Addio è un saluto, uno dei modi di salutare, quando due persone si separano, si lasciano. Alla sua origine doveva essere una parola innocua, innocente; addirittura premurosa, in quanto rimetteva la possibilità di incontrarsi ancora, ad una volontà superiore, quella di Dio, del quale si invocava la protezione nei confronti della persona salutata, con l’auspicio di un nuovo incontro, che però doveva apparire improbabile.

Ti raccomando a Dio, rimettiamo a Dio il prossimo incontro, se Dio vorrà.

Nei secoli dei secoli, commentò Pancrazio.

Maurizio, ignorò la battuta dell’amico, come faceva ogni qual volta, riteneva che uscisse fuori dalle righe e continuò: Addio è comunque una parola fatale, eppure affascinante, proprio per questo, viene usata con discrezione e, vorrei dire, discernimento.

Io solo quando saluto uno che mi è antipatico, ammise Pancrazio.

Maurizio, paziente: Gli addii sono molti e non tutti per indicare il momento di un distacco tra persone, ma anche dell’abbandono di cose, luoghi, abitudini, in una moltitudine di situazioni e di combinazioni.

Io ho detto addio alla mia gioventù, disse mestamente Pancrazio, aspettandosi qualche parola di consolazione dall’amico, che non venne.

Perché addio è una parola piena di significato, con dentro il senso dell’inevitabilità. Non si può, quindi, sprecare.

L’alone di romanticismo che ammanta l’addio, fa sì che esso sia uno dei temi più ricorrenti in letteratura ed in tutte le forme di espressione artistica.

Ora che ci penso, disse Pancrazio, io ho in casa una riproduzione di un quadro di Pasquale Celommi, che, guarda caso, credo che si intitoli proprio “L’Addio” in cui una pastorella e un contadino,si salutano con una stretta di mano ai margini di una strada di campagna,

L'Abruzzo Nascosto - Buongiorno! L'addio Pasquale Celommi ...

 

Hai fatto bene a dirmelo: Celommi è un pittore abruzzese, che è tornato più volte sul tema dell’addio. In un’altra tela rappresenta un giovane marinaio che sta per imbarcarsi su una paranza pronta a salpare e una giovane donna sulla riva del mare trepidante di commozione, scena che in un’altra opera dello stesso pittore, si completa con l’immagine della stessa paranza che si allontana sul mare e della donna in gramaglie che guarda, ansiosa per il ritorno del suo amato.

“Era già l'ora che volge il disio
ai navicanti e 'ntenerisce il core
lo dì c'han detto ai dolci amici addio”, recitò a questo punto Oreste, che aveva ascoltato la conversazione fra i due.

E che dire allora, si intromise Silvana, anch’essa interessata a quanto veniva detto, del celebre “Addio monti sorgenti dalle acque ed elevati al cielo”, oppure  

“Lasciar nelle sale del tetto natio
Le donne accorate, tornanti all’addio,
A preghi e consigli che il pianto troncò”?

Scusate, a questo punto si intromise Sebastiano dal bancone, se scendo dalle vette alla banalità di un episodio: l’altro giorno sono stati qui alcuni amici che festeggiavano l’addio al celibato di uno di loro, come occasione ultima di trasgressione concessa allo sposo futuro, in previsione delle restrizioni che inesorabilmente sarebbero seguite all’impegno matrimoniale che egli aveva intenzione di contrarre e si sono ubriacati tutti[H1] .

Ma c’è ancora l’addio usato come un semplice arrivederci, completò Maurizio, che sembra sia un retaggio rimasto solo in Toscana – addio, ‘ara, ci rivedremo presto –.

E c’è, volle aggiungere Silvana, con una nota dolente, l’addio ultimo, definitivo, alla vita e ai propri cari, da parte del morente, espresso, nei casi più favorevoli, con un sorriso.

Mah! che dire! concluse filosoficamente Pancrazio, la vita stessa è tutto un addio, anche se io preferisco l’arrivederci, perché vedi, quando saluti qualcuno dicendogli arrivederci, anche se dopo sai che non lo vedrai più, non hai fatto male a nessuno, ma se saluti un amico, o peggio, un’amica, dicendo addio, ‘mbè, io credo che più d’uno ti potrebbe rispondere con un vaffa e facendo le corna.

    


 [H1]i

 

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