SUSSIEGO

 

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Pancrazio, perché te ne stai così contegnoso in disparte? Chiese Sebastiano, servendogli il secondo caffè della mattinata, sul tavolinetto di fondo della sala, dove egli aveva preso posto fin da quando era entrato nel locale, più di un’ora prima, rimanendo silenzioso a guardare la parete che aveva di fronte.

Non sono affari tuoi, rispose l’interpellato, con poca grazia, rispetto all’affabilità dimostrata dell’amico. Non vengo qui per farmi prendere in giro da chicchessia.

Grazie per il chicchessia, ma io intendevo essere gentile con te.

Non è con te che ce l’ho, anche se…

Cosa?

Non mi hai difeso quando era ora.

E quando era ora?

Mbè, qui mò non sto a dire quando, ma è che, se succede qualcosa e tutti sono contro di me, tu stai sempre dalla loro parte.

Questo non è vero; è, invece, che tu sei troppo permaloso e, diciamo pure, un tantinello presuntuoso e pretendi sempre di avere ragione.

Maurizio era seduto poco distante ed ascoltava, divertito, ma senza dare a vedere, la conversazione tra i due; aveva terminato il suo caffè, ma non alzava gli occhi dalla tazzina, fissi sul fondo, come cercasse ispirazione dai resti fumanti del liquido scuro.

Vogliamo cominciare? Disse infine, alzandosi per prendere posto al tavolo della presidenza.

Oggi parleremo, iniziò, di quello che vediamo plasticamente rappresentato dai nostri due fedeli amici del Circolo, Pancrazio e Sebastiano con il loro duetto odierno e cioè un atteggiamento sussiegoso tenuto dal primo, con fare sdegnoso ed uno apertamente accattivante del secondo.

Che onore, disse con fare ironico Pancrazio, oggi al Circolo dei Letterati, si parla di noi, pensa Sebastiano, siamo al centro della scena.

Sussiego, iniziò Maurizio, è una parola che proviene dallo spagnolo “sosiego”, che vuol dire calma, che però deriva dal latino “sessicare” che si traduce con “sedere”; direi che, fondendo le due cose, potremmo dire, almeno per il momento, che sussiego significa “sedere con calma”.

Sì, ma il nostro sussiego ha molto di più e ce lo dimostra Pancrazio, con il suo comportamento di oggi. Egli è risentito per qualche ragione che ignoriamo e questo non importa ai fini della nostra indagine e se ne sta in disparte, assumendo un atteggiamento di superiorità che non gli si addice.

Ora il sussiego, per come lo consideriamo noi è dato dal comportamento calmo, ma distaccato, di chi guarda dall’alto, senza benevolenza, le meschinità altrui. Egli si è seduto lontano da noi e non guarda nessuno, ma è calmo e borioso, come un principe sullo scranno, davanti ai sudditi eretti e servili.

Ecco, quello che denota il sussiego, è proprio quello sguardo severo e contegnoso, con una punta di alterigia, come giustamente aveva osservato Sebastiano, all’inizio di questa storia.

Ora Pancrazio ci deve spiegare a cosa è dovuto questo suo sussiego.

Pancrazio si guardò intorno incerto e non sapeva cosa dire.

Credete di avermi incastrato? Si risolse a chiedere, rivolto allo sparuto manipolo di volti che gli si erano parati davanti,

Per chi non lo sapesse, aggiunse poi, alzandosi in piedi e sporgendosi in avanti con tutto il petto, io sono Pancrazio! E me ne fotto di quello che pensate di me! Resto Pancrazio e sono fiero di esserlo, punto.

Silvana, unica donna presente, si staccò dal gruppo, si accostò al petto dell’uomo e lo abbracciò commossa.

Pancrazio sei unico, veramente, gli disse, col capo poggiato sulla sua spalla, ma in modo che tutti potessero sentire. Ti voglio bene, continuò, alzando gli occhi sul suo volto, e gli dette un bacio sulla guancia, che schioccò nel silenzio generale, rimanendo sospeso nell’aria pesante, poi rotto, nella sala, da uno scroscio di applausi calorosi.

Ma Pancrazio girato di spalle, era già nel varco d’ingresso del bar e guardava la strada, a destra e a sinistra. Neanche si girò a guardarsi indietro.         

 

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