LA ZIA GINA PER SEMPRE

 

Dalle pieghe del passato:

 

Mi è difficile parlare della zia Gina, perché non so da dove cominciare. E' passato tanto tempo da quando, ragazzi e poi giovani, abbiamo avuto, io e i miei fratelli, la fortuna di avere lei con noi e da quando è scomparsa, nel modo più silenzioso possibile, quasi temesse di dare fastidio. Un giorno è andata a letto per il riposino pomeridiano, e non si è svegliata. Dopo qualche ora mia madre mi ha mandato a chiamare dicendomi "La zia non si sveglia". Era morta, ma sembrava dormisse.

Quando venne a stare da noi, aveva poco più di 25 anni; era una giovinetta che aveva lavorato saltuariamente in alcuni lavori stagionali di campagna nelle tenute dei Coppa-Zuccheri, possidenti nell'agro di Città S. Angelo, allora provincia di Teramo, come la raccolta del tabacco e pochi altri. Aveva frequentato soltanto le prime classi della scuola elementare e quindi non era istruita, ma era dotata di grande intelligenza. Si era formato un bagaglio di conoscenze attraverso la frequentazione dei vecchi del paese, che lei rispettava con venerazione, i quali erano dotati di quella saggezza popolare data dall' esperienza e dalla concentrazione del sapere in motti e proverbi, veri veicoli di cultura reale e da lei appresi in gran numero. Aveva un senso innato di socievolezza ed era indipendente nel giudizio; si imponeva con autorevolezza nelle più svariate questioni, forte di un saggio pragmatismo sovrano ed intraprendente.

Da noi venne, chiamata dal fratello, nostro padre, dopo la nascita della prima figlia, per dare una mano in famiglia, dato che entrambi i miei genitori lavoravano nell'ambito della scuola elementare e durante il giorno non sapevano a chi affidare la piccola Rita. Dopo Rita, Myriam, Bruno, Vittorio e Maria Gabriella, la nostra famiglia divenne per lei una trappola, dalla quale era sempre più difficile uscire.

In realtà non credo che lei abbia mai desiderato di andarsene; ebbe anche proposte di matrimonio, che rifiutò perché aveva preso parte così attiva alla vita di tutti noi, che si sentiva integrata come un elemento essenziale della famiglia stessa. Ed agiva di conseguenza. Non sempre apprezzata per quanto meritava, perché le sue iniziative, sempre tempestive, facevano sì che il ruolo di mia madre risultasse a volte alquanto messo in ombra, cosa che procurava qualche contrasto-risentimento in famiglia. E se intravedeva qualche sintomo di rigetto, si chiudeva in un mutismo ostile ed ostinato. Accadeva raramente, ma quando accadeva, erano problemi. Lo spirito forte della zia acquisiva in quelle occasioni la dimensione di una furia selvaggia e la sua ostinazione poteva rasentare l'irrazionalità del primitivo. Solo io riuscivo a smussare, sgretolando poco alla volta la fortezza del suo rancore, a riportare la luce e la dolcezza nel suo cuore, perché avevo con lei un rapporto speciale di amicizia e di stima.

La zia Gina, quando rimaneva sola in casa al mattino, mentre sbrigava le faccende domestiche, cantava, cantava a voce spiegata, canti popolari quasi mai canzonette del momento, cantava con voce appassionata, cantava alla luce, al sole, alla vita, esprimeva così il suo immenso amore, la sua dedizione, la sua gioia. Era molto sensibile e delicata, aveva pudore ad esprimere i propri sentimenti e solo quando era sola, riusciva a liberare quello che aveva dentro, cantando. Io l'ho udita rientrando a casa, dalla strada; la sua voce si spandeva in tutto il vicinato. Oppure quando da bambino, qualche volta, al mattino, non andavo a scuola perché malato e rimanevo a letto, in casa solo con lei. Le ore trascorrevano monotone. Ma lei le trasformava in un tempo-spazio irreale, fantastico, col suo canto, cha arrivava a me, attraverso le pareti della casa ed io avevo la esatta percezione di dove lei si trovasse a seconda di come la sua voce si affievoliva, o cresceva, Di tanto in tanto si affacciava alla porta della camera, per offrirmi generi di conforto aggiungendo :"Ti serve altro?" poi si ritirava e il suo canto riprendeva a cullarmi nel dormiveglia per buona parte della mattinata il cui lento trascorrere io registravo osservando la lama di sole che entrava dalla finestra, che si spostava sul pavimento, come la lancetta di un orologio, da una parte all'altra della stanza.

Dopo la sua morte, nel nostro piccolo angolo di mondo, la sua voce non si sentì più e nei giorni successivi, pieni di tristezza, scrissi un articolo a lei dedicato, che chiamai "Il canto sospeso", descrivendo il suo come un canto interrotto a metà, di cui l'ultima nota aleggiava ancora nell'aria mentre cresceva l'attesa della ripresa, che non sarebbe arrivata mai.

18 settembre 2016

Bruno

P.S. per la mia nipote Roberta: assolvo, almeno in parte, al compito che mi avevi demandato, di rievocare la figura della cara zia Gina, tentando di renderle, anche se tardivamente, un giusto riconoscimento per le sue alte qualità, non sufficientemente valorizzate in vita. Non so se ci sono riuscito.

Per quanto riguarda motti e proverbi, che lei aveva pronti per ogni occasione, faccio appello alla memoria collettiva di famiglia, al fine di raccoglierne quanti più possibile, in modo da fare una piccola antologia a lei intestata. Ciao.

La raccolta esiste e s'intitola DETTI DI ZIA GINA

 

La macchina di Facebook mi ha riproposto questo scritto di qualche anno fa che pubblico senza aggiunte, né correzioni, anche se ritengo che alcune affermazioni sul suo carattere, specie quando si arrabbiava, vadano riviste in positivo. Nessuna ombra deve offuscare la memoria di una così cara persona. Gloria a zia Gina, per sempre.

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