FUORI TEMPO MASSIMO

 

 

 

                                                             

Alla prima regata, organizzata alla “Battana” da Putiferio insieme al suo aiutante spagnolo Segundo, fra i soci del Circolo dello Zibaldino, finita in uno sfacelo, Pancrazio, partito primo, è arrivato ultimo, anzi non è arrivato affatto, è addirittura scomparso e riapparso molto tempo dopo la conclusione della gara, vinta da Silvana.

L’evento ha fatto scalpore perché Pancrazio non ha fornito una spiegazione plausibile della sua assenza. C’è chi parla di mistero, chi di mistificazione. L’interessato ha riferito di una sirena che l’avrebbe ammaliato, ma Giulia è convinta che sotto sotto vi sia una tresca del marito ai suoi danni ed è molto arrabbiata.

La Guardia Costiera, dopo accurate ricerche del disperso, presunto naufrago, ha chiuso il caso dicendo che non vi è stato alcun naufragio nella zona e nel giorno indicati.

Putiferio ha intanto dichiarato squalificato il concorrente perché giunto FUORI TEMPO MASSIMO, quando la gara era ormai chiusa.

Per ulteriori particolari, consultare l’apposito blog al post omonimo, dal quale, peraltro, non si rilevano note di interesse.

                                                                   

La stagione balneare volgeva ormai al termine e alla “Battana” la vita si svolgeva con regolarità ma in tono minore, emanando gli ultimi bagliori di un fuoco che si andava spegnendo, sebbene Putiferio ce la mettesse tutta a non fare apparire come una fine, lo svuotamento progressivo del suo stabilimento, con l’entusiasmo del suo vulcanico temperamento.

Aveva stabilito che il 31 di agosto, giorno che faceva da spartiacque tra l’estate piena e una coda residuale, dovesse essere comunque una data da ricordare per i suoi amici del Circolo dei letterati.

Egli, ormai si sentiva parte di questo organismo, dopo che Maurizio lo aveva investito dell’ordine dell’Abecedario, rispolverato per l’occasione, con la consegna in forma solenne di una copia del prezioso volumetto che recava l’imprimatur dello stesso Presidente.

Intendeva con ciò esprimere il suo gradimento e la sua gratitudine.

Ammesso all’Olimpo dei letterati, voleva cioè a sua volta, offrire ai suoi nuovi amici una giornata tutta sotto l’egida delle sue prerogative, di gestore della Battana, ed istruttore di un corso di vela, al quale aveva invitato ad iscriversi gli amici del club.

L’idea era di organizzare, per la fine della stagione, una regata fra gli iscritti, dopo aver impartito loro i primi rudimenti della navigazione a vela.

Grande fu l’entusiasmo suscitato dall’iniziativa, fra tutti gli interessati, che erano corsi ad iscriversi, primo fra tutti, Pancrazio, il quale si aggirava fiero, sulla spiaggia, come Achille dopo la lite con Agamennone, davanti alle mura di Troia, fra le file degli Achei, guardando corrucciato ogni probabile competitore.

La gara consisteva nel doppiare una boa, posta a mezzo miglio dalla costa, davanti allo stabilimento e ritornare a terra, su piccole imbarcazioni monoposto per bambini, del tipo “Optimist”, messe a disposizione dei concorrenti dallo stesso organizzatore della manifestazione.

Pancrazio aveva assistito ad una sola lezione impartita dall’istruttore Segundo, uno spagnolo di poche parole, che non riscuoteva le sue simpatie, perché aveva riso quando egli nel tentativo di sistemarsi, per la prima volta, nella barchetta che gli era stata assegnata, troppo piccola per la sua corporatura piuttosto robusta, impacciato tra la vela ed il timone, era caduto in mare rovinosamente.

Nel giorno prestabilito. avvenne, purtroppo, che egli, partito fra i primi, col vento in poppa, arrivò ultimo alla fine della gara e fu squalificato perché giunto fuori tempo massimo.

La gara era cominciata bene, le condizioni del mare erano ottimali e spirava un venticello da terra teso, ma non forte, che era ideale per la navigazione a vela: i piccoli natanti flottavano fra le onde, filando dritte verso la meta. Pancrazio, la cui vela si era subito gonfiata con il vento favorevole ed aveva preso il volo, guidava il suo gruppo ed era in testa a tutti, tronfio di gioia.

Giunti nei pressi della boa, molti virarono senza difficoltà, alcuni cappottarono nell’eseguire la strambata, Pancrazio andò dritto, senza fermarsi e si allontanò verso il largo. Gli amici che seguivano da terra, chi col cannocchiale o binocolo, chi a occhio nudo, lo videro scomparire oltre il promontorio, dove le acque erano molto agitate e si guardarono interdetti: che stava succedendo? Perché Pancrazio sembrava non essersi accorto di essere giunto al punto di virata e seguitava a filare verso l’alto? Nessuno lo seppe mai.

O meglio. Tornato a terra, a fine mattinata, bianco di sale sul volto e per tutto il corpo, narrò di una sirena che lo aveva attratto e condotto con arti magiche fuori della portata dei loro occhi, dove per lui si erano aperti orizzonti di meraviglie.

La verità, probabilmente, è che, giunto al dunque, Pancrazio non seppe eseguire la manovra di virata intorno alla boa, per tornare verso terra e si era lasciato andare, sperando di trovare un approdo oltre il promontorio.

Da parte sua Putiferio riferì di aver segnalato agli agenti della Guardia Costiera la scomparsa di un suo cliente ma non sembra che il ritrovamento sia avvenuto dietro intervento della motovedetta in loro dotazione.

Sì, stai a vedere, aveva detto in un secondo momento e in separata sede, Pancrazio, spavaldamente, che io mi facevo beccare dalla Guardia Costiera, come un pivello. Tra i suoi ammirati ascoltatori, non c’era Sebastiano, perché impegnato a dare una mano a Putiferio, che era solo al bar, mentre Segundo era in pausa pranzo.

Appena fuori del promontorio, aveva continuato l’impunito, un vento della madonna mi ha spinto fuori rotta, e mandato contro uno spuntone di roccia, dietro il quale sono riuscito a nascondermi, ammainando la vela e, quando ho visto la motovedetta della Guardia Costiera tornare indietro, dopo una ricerca infruttuosa, sono riuscito a spingere a mano la barca verso la riva e poi con la pagaia, piano piano sono tornato contro vento, facendo un’imbarcata di acqua e sale.

Non è stato facile, concluse compunto il riottoso, ma ce l’ho fatta. La mia è stata solo sfortuna, perciò non ho vinto.

Alla cena in veranda, offerta da Putiferio, di fronte ad un mare luccicante dei riflessi della piccola falce di luna nascente, Maurizio, dopo aver ringraziato l’anfitrione a nome di tutti i presenti, si allungò a dire:

Per essere memorabile, questa giornata, debbo ammettere che lo è stata fin troppo; da inscrivere negli annali del Circolo. I risultati della nobile gara, alla quale avete preso parte quasi tutti, miei generosi amici, in un’arte non usuale per voi, che siete votati alle lettere, non possono essere definiti come esaltanti, ma comunque dignitosi, vero Putiferio? 

Al cenno, incerto, di assenso del chiamato in causa, seguitò:

Dei dieci concorrenti schierati alla partenza, tre non sono stati in grado di prendere il mare, per motivi, diciamo così, tecnici, uno per un’ancora incagliata, gli altri due per il malfunzionamento, il primo della barra del timone, il secondo della vela; tre sono caduti in mare nel fare la strambata e per uno è stato necessario ricorrere alla respirazione bocca a bocca, perché non sa nuotare e stava affogando e dei restanti quattro, uno, Sebastiano, è tornato a nuoto, due hanno concluso la gara regolarmente, e sono, prima, Silvana, vincitrice della medaglia d’oro di Princisbecco e secondo Orazio, premiato con una conchiglia gigante.

Mancava all’appello il solo Pancrazio, fortunosamente recuperato con qualche ritardo ed alcune circostanze da chiarire. Brindo comunque alla riuscita della bella iniziativa, concluse, alzando il bicchiere e all’amico ritrovato.

Putiferio voleva replicare, ma poi stette zitto.

Giulia ed Evelina avevano gli occhi lucidi, alla poca luce della lampada sospesa sulla tavola ed alzarono anch’esse i bicchieri, incerte, guardando il loro rispettivamente, marito e padre, il quale se ne stava nel suo cantuccio, raggomitolato come un cucciolone mansueto:

Io, però la sirena l’ho vista, disse, sollevandosi di poco, là , tra gli scogli, e fece un gesto con la mano, quasi ad indicare il luogo che aveva in mente; sguazzava giocando con le onde e poi usciva dall’acque e si sdraiava al sole, sulla sabbia dorata dell’isoletta deserta, ma aveva la coda finta.

Dopo un lungo attimo di silenzio sospeso, Sei il solito maiale, gli urlò Giulia, imbestialita. E io che stavo lì a tribolare per te, pensando che fossi morto…vigliacco! e gli scagliò il bicchiere di plastica addosso, dopo averlo vuotato.

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