SPRAZZI DI MEMORIA

 

                                                                   

Caro Maurizio, iniziò Pancrazio con voce flautata, questo non è tempo di fare bilance o di tirare consultivi, noi siamo al punto in cui è necessario fare l’inventario di quello che abbiamo fatto e di quello che non abbiamo ancora fatto e dovremo fare.

Dici bene, Pancrazio, rispose Maurizio in quel giorno d’estate in cui sembrava che il cielo e il mare si confondessero in un unico elemento, in realtà sei tu che indulgi troppo ai ricordi; stai diventando sentimentale e la cosa non mi piace.

Non è vero che indulgio; tutt’al più, ogni tanto, qualche straccio di memoria…replicò incerto Pancrazio.

 I ricordi sono una bella cosa, riprese Maurizio, ma non debbono essere motivo di nostalgie o rimpianti. Non è il tempo nemmeno di fare l’inventario, come tu proponi, effettivamente non siamo alla resa dei conti. Tiriamo fuori i nostri talenti e facciamoli valere, dobbiamo essere rampanti come una volta.

Tieni presente che io sono un proletario e quanto a soldi, non è che possa fare tanto.

Ma no, io non parlavo di soldi…si affrettò a precisare Maurizio, ma di virtù, di doti.

Ma quale virtù? Per fare la dote a mia figlia, ho dovuto impegnare tutto il mio capitale, rispose amareggiato l’amico.

Passarono alcuni minuti di silenzio e sembrava che nessuno dei due avesse altro da dire.

Pancrazio rimuginava meditabondo; in quel momento, stava pensando che in fin dei conti la sua era stata un’infanzia felice, coccolato in famiglia, benvoluto da tutti, amici e parenti, benché turbolento. Il ricordo di un episodio lo fece sorridere: il primo giorno di scuola, alla prima elementare, si era bisticciato col suo compagno di banco e gli aveva rotto il naso con un pugno.

La maestra lo aveva redarguito aspramente e, cacciatolo per punizione dietro la lavagna, il posto più infamante per uno scolaretto come lui, costretto a difendersi dalla prepotenza altrui, aveva mandato a chiamare suo padre, che svolgeva nella scuola funzione di bidello, cosa per cui il piccolo reprobo si sentiva dentro una botte di ferro: ben presto l’infamia sarebbe stata cancellata da suo padre, che avrebbe di sicuro compreso il suo punto di vista sull’accaduto e composta la questione con buona pace di tutti.

Grande fu la sua meraviglia quando, invece suo padre, messo al corrente di quanto era successo lo chiamò con voce severa e avutolo davanti, gli assestò un ceffone che lo ricacciò indietro nel peggiore dei modi. 

Suo padre, che non aveva mai picchiato nessuno, lo aveva schiaffeggiato di fronte a tutta la classe.

Più tardi aveva appreso che suo padre era stato costretto a comportarsi in quel modo dalle circostanze dell’epoca: il suo gesto era ciò che gli altri, la maestra e l’intera scolaresca, si aspettavano da lui, che vuoi o non vuoi era pur sempre un rappresentante dell’istituzione scolastica e doveva dare un esempio, prendendo come vittima sacrificale, proprio lui, suo figlio, mentre il vero colpevole, quello che lo aveva provocato e che aveva il naso troppo fragile per competere con lui, se la rideva felice. Questo pensiero gli dette un po’ di mestizia.

Dov’è il mare? Gli chiese ad un tratto Maurizio, interrompendo questa sua meditazione silenziosa. Pancrazio lo riguardò come a rendersi conto se stesse bene e fosse tutto normale, poi disse: E’ davanti a te, non vedi?

Sai tu dirmi dove comincia e dove finisce questo mare? Chiese ancora Maurizio, come in sogno, ma Pancrazio era tornato al pensiero precedente.

Terra alla terra, polvere alla polvere, stava pensando, senza che lui stesso sapesse perché. Ma ben prestod altri ricordi gli sovvennero e rivide sfilare davanti a sé, i volti, cari di tutti quelli che gli avevano voluto bene, i suoi genitori con gli occhi ancora lucidi di trepida affettuosità, i fratelli, cugini, zii, parenti vicini e lontani

persone che erano state parte della sua vita e che ora non c’erano più.

Ora Maurizio gli aveva chiesto del mare ed un flusso di ricordi del mare, lo investì prepotentemente. Perché questa ondata ora era così struggente? Quale era stato il suo rapporto con il mare? Non era stato mai un marinaio, non era un navigante, aveva una conoscenza del mare limitata al suo contatto fisico con l’acqua di mare. I suoi amici, figli di pescatori, che gli avevano insegnato a nuotare, semplicemente invitandolo a buttarsi in acqua là dove i suoi piedi non toccavano terra e poi dicendogli di cavarsela da solo sbattendo le braccia e le gambe come meglio poteva. Ed egli tuttavia aveva imparato ed aveva superato anche i più forti nuotatori del gruppo. Amare esperienze, ma formative. E poi i granchi della riva, o degli scogli, laddove ce ne fossero, i pesciolini che passano in gruppo vicino alla riva e fuggono come un sol pesce, appena un piede umano si avvicina. E poi il rumore. Il rumore delle onde, il mormorio della risacca, il fremere dell’aria sul pelo dell’acqua, quando la calma è totale.

Hai mai visto il mare di notte? Chiese a sua volta a Maurizio; ma visto davvero?

I pensieri del mare di notte, con la luna, ma anche senza. Il mare grande contenitore, cimitero e fonte di vita, dove tutto si può perdere, tutto si può trovare. Tutto questo tentava di dire a Maurizio, ma non trovava le parole adatte, niente era all’altezza dei suoi sentimenti frammentari.

La tua è una visione un po’ troppo romantica, gli aveva detto Maurizio, deludendolo un po’ per la sua superficialità. Perché egli continuava a crederci: di fronte al mare era ancora Pancrazio bambino, che, sceso dal camioncino che lo aveva portato, insieme ai suoi, in vacanza, per la prima volta in riva al mare, e trovatosi tra dune e ciuffi di erbe alte, oltre le quali aveva intravisto la linea azzurra del mare, era corso all’impazzata verso quella luce fin sulla riva e senza esitazione era entrato con scarpe e vestito nell’acqua, immergendosi, fra le onde, che lo investivano dolcemente come il lavacro benefico di in un fonte battesimale.  

E domani torneremo a tentare il grande mare, prese a declamare enfatico Maurizio, commosso ma su una diversa lunghezza d’onda, per un sentimento, intriso di memorie oraziane, ignaro (oppure consapevole?) della tempesta che aveva investito entrambi, per vie diverse.

Torneremo a solcare l’immenso mare. Ed aveva gli occhi lucidi. Pancrazio assentiva, partecipe, guardandolo teneramente.

Lunga dissolvenza sull’idea del mare e sui ricordi, poi riprendo gli occhi sul mondo reale,

Però, oggi il caldo è veramente tanto, non trovi? Chiese Maurizio.

Insopportabile, rispose l’amico.

Commenti

  1. ..amico mio mare e sole e la linea di luce che porta all'infinito orizzonte ... quale mai richiamo fu più forte per suscitar folate d'emozioni? Così anch'io col gran poeta "nel pensier mi fingo interminabili spazi e sovrumani silenzi di là" da l'orizzonte, cullato dall'ondular del mare e quivi mi perdo in estatico oblio del rumor del mondo...
    Lucio/46

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