NEOLOGISMI LIBERTINI

 

 

                                                                   

La parola “volgare”, nel nostro “lessico famigliare”, suona sempre con una notazione di disprezzo, come cosa vile e di cattivo gusto, mentre in realtà dovrebbe solo indicarci la provenienza del termine dal volgo, cioè il popolo e quindi, non sempre, o quasi mai, a seconda dei punti di vista, meritevole di bollatura.

Anzi esistono dei volgarismi geniali, arguti e pienamente adottati anche dai puristi ortodossi che non si piegherebbero nemmeno davanti al Santo Sepolcro. Il malvezzo, se così lo vogliamo chiamare, si è impadronito anche della politica: vedi il “celodurismo” della Lega e il “vaffa” del grillo scalmanato.

Se poi, per volgarità intendiamo tutto quello che proviene o attiene alla sfera sessuale e alla fisiologia del corpo umano, allora parliamo di turpiloquio, esempio l’uso intercalare della parola “cazzo”, per il primo tipo (sessuale) e, “merda”, o altra amenità per il secondo (fisiologico).

Allo Zibaldino cerchiamo di fare ricorso a questo tipo di linguaggio il meno possibile, per scelta di gruppo; ciò non toglie che alcuni termini, particolarmente succulenti, meritino l’attenzione di osservatori del linguaggio, come noi inattendibilmente, intendiamo essere.                                                                         

E’ accaduto così che alla sede dello Zibaldino, che com’è noto è il retrobottega del bar dell’Olmo, siano arrivati i censori che volevano arrestare Pancrazio per apologia di reato, per aver sostenuto in un dibattito all’aperto, tesi nel conformi al comune sentire, in materia di turpiloquio. E’ dovuto intervenire Maurizio, con tutta la sua discutibile autorevolezza di Capo del Circolo, a sostenere, bisogna dire con forza, la difesa del presunto reo, che di turpiloquio è maestro, sì, ancorché convinto che l’uso di esso sia riprovevole, facendo notare ai censori inquisitori che il deprecato turpiloquio, non è ancora un reato, anche se da più parti e dallo stesso difensore, si elevino auspici perché esso possa diventarlo.  

La strategia di difesa, si è sviluppata, con varie argomentazioni, partendo dalla compiacente ammissione, di fronte ai severi custodi del vivere civile, che il turpiloquio guasta i fondamenti della società, sfaldando i pilastri sui quali reggono le nostre istituzioni.

Con notevole arguzia, poscia sono stati elencati i meriti di coloro che vogliono, a difesa del buon costume e della famiglia tradizionale, l’abolizione dell’aborto, del divorzio, la tutela del buon nome dell’Italia all’estero ed il trionfo dei patrioti alle prossime elezioni. E soprattutto il divieto del benché minimo riconoscimento dei obbrobriosi e quanto mai meno doverosi, diritti dei gay, che sono la peste dell’umanità.

Ma la parte più pregnante dell’arringa di Maurizio è consistita nella convinta e, non si sa quanto convincente, asserzione che, comunque, l’utilizzo di parole non proprio…edificanti…nella circostanza contestata, era in funzione di uno studio dei volgarismi nei vari strati della società italiana, e quindi, a fini scientifici (sic! O meglio sigh!)

Credi forse di prenderci per il culo? aveva esclamato uno dei censori, sappiamo bene come la pensi e presto verremo anche per te, appena avremo fatto approvare la legge sulla libertà di pensiero, che va messa sotto controllo. Non solo la libertà di espressione deve essere regolamentata, ma quella di esercitare il libero pensiero. Mica siamo nell’anarco-comunismo!

Ad ogni modo al povero Pancrazio è stata comminata una multa e alla porta dello Zibaldino sono stati apposti sigilli simbolici, con il divieto assoluto di leggere la relazione redatta dal segretario (che preferisce restare anonimo a scanso di equivoci) del Circolo, in occasione del dibattito di cui alle tesi incriminate .

Se questa è democrazia…!!!,  

Segue, il testo oggetto del sequestro quasi giudiziario:

 

                                         NEOLOGISMI LIBERTINI                     

L’insegna, in rosso, diceva “La Battana”, ma Pancrazio nutriva ancora dei dubbi; la prima volta che erano stati lì, condotti da Sebastiano, si era lamentato, Perché intitolare uno stabilimento a mare, con un nome così brutto? Non che io abbia niente contro quelle signore…Ma no, che hai pensato, gli aveva spiegato l’amico, la battana era una barca da pesca. Pancrazio ristette: Una puttana pescatrice? Si era chiesto, fra sé; poi, riflettendoci sopra, perché no? In fin dei conti che potrebbe pescare, se non pesci? Ma non era convinto.

Quella volta erano in cinque, sulla veranda della Battana, di fronte ad un mare azzurrissimo, punteggiato da crestine di spuma che affioravano qua e là e poi sparivano, portate via da un alito di vento che increspava appena la superficie dell’acqua, percorsa da brividi leggeri.

Rappresentavano il Circolo, in riunione estemporanea, fuori sede, ma nemmeno poi tanto, in quanto Sebastiano, che era con loro, era amico del gestore dello chalet, un personaggio estroso, che si chiamava Turi Ferio, ma che tutti chiamavano Putiferio, il quale, a dispetto del soprannome, aveva un debole per le arti e, segnatamente, per la letteratura ed aveva riservato quell’angolo di Paradiso, al riparo dai venti del nord di un agosto quasi settembrino, dove erano asserragliati, ai soci del Circolo, i quali lì si sentivano come a casa loro, tanta era la confidenza che essi avevano acquisito con il luogo, le persone che abitualmente lo frequentavano e l’ambiente circostante.  

Gli altri quattro erano Maurizio, Pancrazio, Silvana e Oreste.

L’atmosfera era un misto di svagato abbandono e di riservato senso di carboneria insieme, in quanto i cinque stavano  sbracati sulle comode sedie di plastica e nessuno sapeva come sarebbe andata a finire, ma tutti avevano la sensazione delle grandi occasioni, come congiurati sul punto di prendere una decisione importante.

Cos’è saggezza? Esordì, ancora una volta, Maurizio col tono retorico di chi sa di avere la responsabilità della direzione del gruppo i cui componenti, però, presi alla sprovvista dalla incongruità della domanda, almeno con riguardo al momento, ristettero imbambolati a guardarsi l’uno con l’altro, con lo sguardo nel vuoto. Pancrazio guardava il mare, lontano come se si aspettasse di veder spuntare all’improvviso, Moby Dick.

Per me, azzardò poi, rivolgendosi al gruppo, è come la sagacia, perché le due parole si rassomigliano.

E’ vero che saggezza e sagacia, sono parole simili, argomentò Maurizio, per dare soddisfazione al primo che aveva parlato, sperando così di coinvolgere gli altri, ma non è per questo che il significato sia o possa essere lo stesso. Esse sono come i capisaldi di un concetto che li comprende entrambi: non c’è saggezza senza sagacia e le due cose concorrono a formare il tutto, che possiamo vedere come la saldezza delle idee. L’uomo sagace non può non essere, anche nel piccolo, un saggio, mentre un saggio senza sagacia, sarebbe solo un semaforo, affidabile a senso alternato.

Pensiamo invece alla furbizia, aggiunse dopo. Perché esistono i furbi?

Perché ci sono i grulli, obiettò Orazio. Il furbo non è un saggio, è solo uno che si avvantaggia della sua intelligenza, a danno di chi non ne è fornito abbastanza.

Questa è quella che comunemente si chiama cazzinculeria, si insinuò lesto Pancrazio, guardandosi poi intorno, imbarazzato per aver detto una parolaccia in presenza di una donna e chiedendo scusa con un gesto a Silvana, la quale, in nome della scienza, passò sopra al francesismo usato dall’amico e, anche per rivendicare una parità di genere, che non c’era nel gruppo, assentì senza problemi, invitando l’oratore a proseguire, con parole di grande apertura mentale:

Credo che sia il caso di lasciare la parola a Pancrazio, che sembra molto esperto dell’argomento.

Maurizio ebbe un primo sussulto e sentì che la cosa gli stava per sfuggire di mano, ma non disse niente.

La cazzinculeria, continuò, allora, rincuorato, Pancrazio e, con tono oratorio, come un cattedratico consumato, affermò, non è il Paraculismo; altra breve sosta, per sondare gli umori dell’uditorio, attento all’eventuale reazione di lei, che non mosse un solo muscolo della faccia, profferì le seguenti parole: anche se l’origine delle due parole, nate un ambito medio borghese con venature proletarie, esprimono insieme una serie di concetti attinenti alla stessa materia, che è sempre quella di chi lo mette e chi lo riceve, con varie ipotesi di chi se ne avvantaggia e chi ne soffre. Il furbo e il tonto, il saggio e l’ingenuo.

(Nota del narratore: ove Pancrazio avesse appreso tali nozioni di tipo, diciamo così, sociologico, non è dato sapere. Certo non da Maurizio che di questa materia non sapeva una mazza.)

Ma ecco che, inaspettatamente, Sebastiano, il quale prima si era alzato per andare al bar ad ordinare beveraggi per tutti ed era tornato con il vassoio in mano, ritenne di dire la sua e, mentre distribuiva a ciascuno il suo bicchiere, a bassa voce, per non farsi sentire, perché a questo punto era consapevole del fatto che il tema della discussione doveva rimanere riservato, disse: il paraculismo, a me sembra essere un atteggiamento mentale, una propensione, un’attitudine, che informano la mente di chi, credendo di essere furbo, si presta al rischio di esporsi con il proprio sedere, pur di ottenere quello che desidera. Il paraculo è un vezzeggiatore, un adulatore, un guitto.

Dopo un’attenta meditazione su quello che aveva appena sentito, Oreste, il taciturno, si fece avanti, idealmente, perché fisicamente restò comodamente seduto, e formulò questa dotta distinzione: il Paraculismo è una filosofia, mentre la Cazzinculeria è una pratica. E’ la solita differenza che c’è tra teoria e pratica.

Scalpitando per quelle che egli riteneva indebite ed inopportune interferenze, tese più che altro a scalzarlo dal suo nuovo ruolo, Pancrazio, per riaffermare la sua autorità di conduttore della discussione, tornò a dire: il concetto di cazzinculeria, è molto complesso, essa, è un’arte; l’arte di prendere tutti per il culo, da parte di chi, ritenendo di essere il più fico del mazzo, esercita ogni azione per portare l’acqua al proprio mulino. E’ una furbizia moltiplicata per mille.

Esiste anche il Fanculismo stava dicendo incongruamente, Silvana, che consiste nel mandare tutto a puttane, quando, dopo un attimo di sospensione, che vibrò nell’aria con rabbia trattenuta, zittendo tutti, Pancrazio lanciò il suo affondo, una specie di “arma fine di mondo”:

La domanda è, disse con voce stentorea, che doveva stroncare qualsiasi altra eventuale interferenza: chi è dotato di cazzinculeria, può anche essere un paraculo?

Ma a questo punto Maurizio, che nell’ultima frazione, non saprebbe dire quanto lunga, di tempo, si era distratto, guardando il mare, che gli sembrava assumere di momento in momento un aspetto più suggestivo, scuotendosi, come rinvenendo da uno stato di semi incoscienza, ritenne di intervenire con autorità, bloccando Pancrazio che aveva intenzione invece di andare fino in fondo alla questione.

Ma dico, siete diventati matti? Cazzinculeria, Paraculismo, volgarità elette a categorie morali? Non vi vergognate? Lasciamo perdere la teoria dei vaffa, che lasciamo volentieri a certi comici forsennati che hanno scelto di far piangere gli italiani, come non ne avessero già troppi di motivi per farlo.

Ora basta! Disse, alzando la voce ad ogni parola che gli usciva di bocca, state dicendo un cumulo di corbellerie; ecché,  siamo al festival del cattivo gusto? Questa fatta da voi è la sublimazione del turpiloquio, eletto ad emblema della stupidità. Mi sembra che il discorso si sia notevolmente allontanato da quello che stavamo dicendo prima, che invece era cosa seria. Quindi vi prego di tornare sull’alveo della discussione principale, mentre Pancrazio, se vorrà, potrà esporre le sue particolarissime tesi, in privato, a chi ha interesse a sentirlo, quanto a me, ne ho abbastanza.

Pancrazio, dopo un attimo di smarrimento, Mi inchino al perbenismo del nostro condottiero, disse beffardamente ed in tono trionfale, facendo seguire alle parole un largo gesto del braccio e della mano, come reggesse un cappello piumato, fatto volteggiare in aria, fino a toccare terra, in senso di riverenza. Poi si raddrizzò col busto e aggiunse: vi lascio nelle sue mani; io, per me, preferisco prendere un bel bagno, prima che arrivino le api del vostro alveo e si avviò verso la passerella che portava ad un trampolino a non più di mezzo metro dal pelo dell’acqua e, senza esitazione alcuna, si tuffò in mare, a bomba, cadendo seduto sul salvagente a tarallo in forma di cigno, lasciato lì da un bambino, rimanendo a brancolare nella poca  acqua, impacciato dentro il gonfiabile, con il becco che gli batteva ripetutamente sul naso, per cui non fu possibile, da parte dei suoi amici, notare l’espressione di stizza che, suo malgrado, gli si dipinse sul volto.

Finalmente riuscì a liberarsene, stringendo il collo del finto cigno, fino a strozzarlo, dopo di che, appena avvertiti il pianto del bimbo e le proteste della madre, preferì ignorarli e si allontanò carponi verso acque più profonde, senza voltarsi a guardare indietro, scomparendo veloce alla vista.

Maurizio si incaricò, in separata sede, di risarcire la donna, del danno causato involontariamente dal fuggiasco, con l’acquisto di un nuovo papero di gomma di dimensioni maxi per accogliere eventualmente anche tuffatori incauti di stazza ben maggiore di Pancrazio.

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