GHINGHERI E PIATTINI

 

 

                                                           

Oggi torna Chiara, disse Pancrazio, ammiccando verso Maurizio, intento a leggere un giornale, seduto al suo solito tavolinetto un po’ appartato e facendo contemporaneamente segno a Sebastiano, dall’altra parte del bancone, di accostarsi, per ascoltare quello che in segreto voleva dirgli, cosa che questi fece di mala voglia, guarda come si è acconciato il nostro capo, per andare a riprenderla alla stazione.

Perché, gli chiese Sebastiano, poco propenso a fare pettegolezzi, che ci noti di strano?

‘Mbè, intanto si è messa la cravatta, cosa che fa solo nelle grandi occasioni, la voce di Pancrazio arrivava sussurrata all’orecchio di Sebastiano, e fece l’occhiolino all’amico per sottolineare il particolare ed inoltre si è lucidato le scarpe. Ti sembra cosa di poco conto?

Mi sembra perfettamente normale, rispose quello infastidito, torna la sua ragazza ed egli vuole fare bella figura.

Sì, ma in modo così pacchiano, tutto ghingheri e piattini, io non lo facevo così rispettoso delle formalità.

Senti Pancrazio, e Sebastiano alzò di un quarto la voce, per essere ascoltato anche oltre quella ristretta cerchia formata soltanto da loro due, mi sai dire che significa “in ghingheri e piattini”?

Il primo non accettò di buon grado la variazione di tono intesa a disvelare quella che avrebbe dovuto restare una cosa riservata e, deluso e offeso, si acconciò a dare una risposta alla richiesta dell’amico traditore, che soddisfacesse il suo amor proprio e non rivelasse la futilità di quanto aveva detto.

Si dice quando uno si veste in maniera vistosa, rispose compunto. Mia zia diceva così quando voleva sfottere qualcuno, non so, per dire che uno si era agghindato, come una tavola con i piattini, o che so io.

Tua zia, si sentì dire alle spalle Pancrazio, da un Maurizio sorridente e ben disposto, che si era alzato dal posto dove stava ed avvicinato al bancone, ponendosi al suo fianco, confondeva simpaticamente due cose solo leggermente differenti, cosa che poi, data l’inconsistenza della materia, è di così poco conto da passare anche per buona, così come lei diceva.

In genere di dice “mettersi in ghingheri”, il tono di voce era adesso volutamente retorico, di persona che si è messi gli abiti migliori, magari strafacendo un tantino in ricercatezza, mentre invece si dice “con chicchere e piattini” per indicare una tavola apparecchiata per qualcosa di particolare, per esempio un thè, come un rituale piacevole, in cui anche i particolari acquistano significato, ecco in questo caso le chicchere, che sono particolari tazze a ciò riservate, con i relativi piattini, i tovagliolini ecc., segno di grande signorilità nell’ accoglienza. E giacché ci siamo, aggiungiamo pure la cuccuma, che è il recipiente di metallo, usato per la preparazione del caffè o del thè, detto anche bricco.

Attenzione perché quest’ultima parola “cuccuma” ha anche un risvolto inquietante: infatti si dice “avere la cuccuma” per avvertire di essere incazzato nero.

Bè, mia zia non era mai arrabbiata, concluse Pancrazio con molta dignità,  e cantava sempre per esprime gioia e voi di sicuro non avete avuto una zia così. Su queste ultime parole, la voce di Pancrazio si incrinò alquanto, cedendo ad un moto di commozione che zittì gli altri due interlocutori.

‘Mbè, disse Pancrazio dopo un minuto di silenzio imbarazzato, alzando lo sguardo prima su Maurizio al suo fianco, poi su Sebastiano più in alto oltre il bancone, che succede? il gatto vi ha mangiato la lingua?       

  

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