MANCANZA

 

 

 

 

Senti, Maurizio, secondo te è possibile? Chiese Pancrazio.

Cosa? Gli domandò Maurizio.

Ho letto che una preghiera vale anche se non ci credi.

Spiegati meglio: cosa vuol dire “vale”? E poi, “non credi,” a che?

‘Mbè rispose Pancrazio, piuttosto in difficoltà, ecco, che vale perché serve a qualcosa, non è buttata via, anche se non sei religioso.

Vuoi dire che non è una cosa stupida?

Aha, per me lo è, eccome. Quello che l’ha scritto, invece dice: non credi? Prega lo stesso, che tanto non ti fa male. E poi ti aiuta a sentirti meglio. Non ti sembra una cosa inutile?

Ho avuto un amico, caro Pancrazio, che ora è morto, è andato in quell’aldilà in cui non credeva, il quale era fermissimo su alcuni suoi principi, come la laicità, l’anticlericalismo, l’eguaglianza tra gli uomini, il socialismo e nello stesso tempo era pieno di consapevoli contraddizioni, si professava ateo ed osservava alcune feste religiose, fra le quali, a parte il natale, che ormai è di tutti, massimamente, la ricorrenza del suo onomastico, venerando il santo di cui portava il nome; razionalista e positivista, era anche superstizioso e dava credito agli scongiuri che servono per tener lontano la sfortuna, o per propiziare la buona sorte, con serena allegria e senza temere il giudizio di coloro che fondano tutto il loro modo di pensare sulla coerenza delle loro azioni e dei loro convincimenti.

Non mi meraviglierei, continuò dopo una breve pausa, se, per uno come lui, rivolgere una preghiera ad una qualche entità che si ipotizza al di sopra di noi, in determinate occasioni, non potesse apparire un atto disdicevole, magari perché convinto, che nella contraddizione può trovarsi il sale della terra.

Ah, questa, poi! Esclamò Pancrazio atteggiando il volto alla massima meraviglia; io ho sempre saputo che il sale si fa con l’acqua di mare, mentre tu ora vuoi dire che si fa anche con la terra? Non ci crederò mai!

No, caro Pancrazio, ribatté Maurizio ed era la seconda volta che quella mattina usava con lui l’aggettivo affettativo, avrebbe detto l’omaggiato, se solo lo avesse percepito, volevo dire che mi manca. Mi manca uno come lui, gentile, affabile, affidabile, capace, che sapeva sorridere di se stesso ed aveva un senso dell’amicizia che era sacro, ecco un’altra parola che detta da lui non sarebbe apparsa così stridente, come reamente è, in quanto il sacro cozza con la ragione.         

Mi mancano la sua serena fermezza di fronte agli eventi, la saldezza dei principi, la imperturbabile improntitudine nel propugnare anche le tesi più improbabili ed inattendibili, l’incrollabile fede nelle “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità. Insomma le sue conclamate e consapevoli certezze nel marasma generale di tutte le cose che intorno a lui erano in continuo movimento.

A questo punto tacque commosso. Intorno a loro due si erano riuniti molti altri frequentatori del circolo e avventori del bar, tutti vivamente attratti da quelle parole al vento, di Maurizio, punteggiate da osservazioni a loro modo più o meno pertinenti, del suo interlocutore.

Indovinate di chi parlo? chiese Maurizio, accortosi di avere un uditorio quanto mai numeroso, attento e ben disposto.

Il silenzio si fece pesante, nessuno apriva bocca. Dopo qualche istante:

Non di me, sicuramente, disse accorato Pancrazio, perché io sono qui, presente e non mancherò mai. Bravo Maurizio.

Silvana e Sebastiano, che avevano seguito con interesse la scena che si era svolta sotto i loro occhi, smisero di servire i clienti e restarono immobili dietro al bancone , avvertendo, nell’aria rarefatta del locale, qualcosa di insolito, poi si unirono allo scroscio di applausi che all’improvviso scoppiò nell’angusto spazio pregno di aromi di caffè e pasticceria.

Dal fondo della sala avvolta nell’ombra, si levò una voce, calda, suadente che sembrava recitare una preghiera:

“Resta con me! Scende il crepuscolo,

L’oscurità si addensa; Signore, resta con me,

Quando l’aiuto altrui vien meno, e il conforto svanisce,

Soccorritore dei deboli, o resta con me”.

Henry F. Lyte, Eventide (1)

 

 

(1)   Questi versi del poeta inglese, sono stati posti come premessa al libro “Crepuscolo” di Kent Haruf.

 

 

                                                                  MANCANZA

 

Senti, Maurizio, secondo te è possibile? Chiese Pancrazio.

Cosa? Gli domandò Maurizio.

Ho letto che una preghiera vale anche se non ci credi.

Spiegati meglio: cosa vuol dire “vale”? E poi, “non credi,” a che?

‘Mbè rispose Pancrazio, piuttosto in difficoltà, ecco, che vale perché serve a qualcosa, non è buttata via, anche se non sei religioso.

Vuoi dire che non è una cosa stupida?

Aha, per me lo è, eccome. Quello che l’ha scritto, invece dice: non credi? Prega lo stesso, che tanto non ti fa male. E poi ti aiuta a sentirti meglio. Non ti sembra una cosa inutile?

Ho avuto un amico, caro Pancrazio, che ora è morto, è andato in quell’aldilà in cui non credeva, il quale era fermissimo su alcuni suoi principi, come la laicità, l’anticlericalismo, l’eguaglianza tra gli uomini, il socialismo e nello stesso tempo era pieno di consapevoli contraddizioni, si professava ateo ed osservava alcune feste religiose, fra le quali, a parte il natale, che ormai è di tutti, massimamente, la ricorrenza del suo onomastico, venerando il santo di cui portava il nome; razionalista e positivista, era anche superstizioso e dava credito agli scongiuri che servono per tener lontano la sfortuna, o per propiziare la buona sorte, con serena allegria e senza temere il giudizio di coloro che fondano tutto il loro modo di pensare sulla coerenza delle loro azioni e dei loro convincimenti.

Non mi meraviglierei, continuò dopo una breve pausa, se, per uno come lui, rivolgere una preghiera ad una qualche entità che si ipotizza al di sopra di noi, in determinate occasioni, non potesse apparire un atto disdicevole, magari perché convinto, che nella contraddizione può trovarsi il sale della terra.

Ah, questa, poi! Esclamò Pancrazio atteggiando il volto alla massima meraviglia; io ho sempre saputo che il sale si fa con l’acqua di mare, mentre tu ora vuoi dire che si fa anche con la terra? Non ci crederò mai!

No, caro Pancrazio, ribatté Maurizio ed era la seconda volta che quella mattina usava con lui l’aggettivo affettativo, avrebbe detto l’omaggiato, se solo lo avesse percepito, volevo dire che mi manca. Mi manca uno come lui, gentile, affabile, affidabile, capace, che sapeva sorridere di se stesso ed aveva un senso dell’amicizia che era sacro, ecco un’altra parola che detta da lui non sarebbe apparsa così stridente, come reamente è, in quanto il sacro cozza con la ragione.         

Mi mancano la sua serena fermezza di fronte agli eventi, la saldezza dei principi, la imperturbabile improntitudine nel propugnare anche le tesi più improbabili ed inattendibili, l’incrollabile fede nelle “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità. Insomma le sue conclamate e consapevoli certezze nel marasma generale di tutte le cose che intorno a lui erano in continuo movimento.

A questo punto tacque commosso. Intorno a loro due si erano riuniti molti altri frequentatori del circolo e avventori del bar, tutti vivamente attratti da quelle parole al vento, di Maurizio, punteggiate da osservazioni a loro modo più o meno pertinenti, del suo interlocutore.

Indovinate di chi parlo? chiese Maurizio, accortosi di avere un uditorio quanto mai numeroso, attento e ben disposto.

Il silenzio si fece pesante, nessuno apriva bocca. Dopo qualche istante:

Non di me, sicuramente, disse accorato Pancrazio, perché io sono qui, presente e non mancherò mai. Bravo Maurizio.

Silvana e Sebastiano, che avevano seguito con interesse la scena che si era svolta sotto i loro occhi, smisero di servire i clienti e restarono immobili dietro al bancone , avvertendo, nell’aria rarefatta del locale, qualcosa di insolito, poi si unirono allo scroscio di applausi che all’improvviso scoppiò nell’angusto spazio pregno di aromi di caffè e pasticceria.

Dal fondo della sala avvolta nell’ombra, si levò una voce, calda, suadente che sembrava recitare una preghiera:

“Resta con me! Scende il crepuscolo,

L’oscurità si addensa; Signore, resta con me,

Quando l’aiuto altrui vien meno, e il conforto svanisce,

Soccorritore dei deboli, o resta con me”.

Henry F. Lyte, Eventide (1)

 

 

(1)   Questi versi del poeta inglese, sono stati posti come premessa al libro “Crepuscolo” di Kent Haruf.

 

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