INCUNABOLO

 

La strada per l’apprendimento è ardua e Pancrazio aveva deciso di percorrerla tutta, per quanto difficile essa si presentasse. “Ad astra per aspera” aveva sentito dire un giorno da un uomo molto colto e sua figlia Evelina gliene aveva spiegato il significato. Quindi affrontava con serietà e coraggio le asperità che gli si presentavano lungo il cammino verso le stelle.

Eccolo allora di fronte ad una parola oscura che nascondeva chissà quali misteri: incunabolo. Come ci fosse arrivato non sapeva nemmeno lui, ma certo il primo impatto non fu favorevole; che sia una parolaccia? Si chiese fra sé e sé. Poi si era rivolto con prudenza a Maurizio per lumi.

Benedett’uomo! aveva esclamato quest’ultimo, sempre più meravigliato di fronte alle insospettate curiosità del suo amico.

Che ci devi fare ora con i lumi? Aveva scherzato. Ma avrebbe preferito non essere interpellato sull’argomento, tanto ne aveva una conoscenza approssimativa e vaga.

Incunabolo hai detto? gli chiese solo per prendere tempo e riordinare le sue idee. Dunque, continuò dopo, l’incunabolo è il prototipo del libro stampato, come il dagherrotipo è il prototipo della fotografia, un po’ come una cosa che si fa per la prima volta e poi rimane come campione. Dal linotype al libro moderno, si passa per l’incunabolo che precede la composizione tipografica meccanizzata, con la collocazione a mano delle singole lettere dell’alfabeto che compongono il testo, su una tavoletta che viene tinta di inchiostro disse poi raffazzonatamente.

A parte il fatto che io non so nulla del protipo e del darrotico, il volto di Pancrazio esprimeva tutta la sua incredulità e il disappunto per l’insufficiente spiegazione di Maurizio, e sempre con il timore di stare chiedendo qualcosa di sconveniente, poi azzardò: ma insomma, vuoi dire come il cinema dei Lumièr?      

Al che il presunto maestro strabuzzò gli occhi.

Ma come, chiese, dici di non sapere niente e poi tiri fuori i fratelli Lumière? Che sono stati gli iniziatori dell’ottava arte? Ma tu sei un genio, come posso dire? Sei il prototipo del tuttologo sul campo. Il prototipo è un modello…

Questa volta, a cadere dalle nuvole fu il non leggero Pancrazio ed il frastuono fu inteso da tutta la classe.

Cazzo, gridò guardandosi intorno furioso e fosco in volto, può essere che non riesci ad essere serio neanche una volta? Sono stufo di essere preso in giro. Non sono un bambino e so cosa significa essere considerato il primo degli imbecilli.

Maurizio restò muto. Di colpo avvertì gli effetti della prolungata assenza di Chiara, la sua ispiratrice e si sentì solo e disarmato. Lei avrebbe saputo come raddrizzare la situazione.

A questo punto l’incantesimo fu rotto dal ruggito di Pancrazio che si alzò, rovesciando la sedia sulla quale era seduto e si incamminò verso l’uscita.

Non è giornata, disse forte ed è meglio che me ne vado, o forse è meglio dire vada? Decidi tu Maurizio e poi me lo mandi a dire.

Uscì sbattendo la vetrina dell’ingresso che per poco non s’infranse, gemendo penosamente sui cardini, mentre nella sala restò nell’aria un senso di sbigottimento generale.

Maurizio, a disagio, accennò debolmente a parlare, volevo dire, balbettò, delle origini, le scaturigini delle parole, degli eventi, delle scoperte, i prodromi, gli esordi…ma ormai nessuno stava più a sentire.

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