LA STRADA NON PRESA

 

Caro Vittorio, ti affido lo scritto che segue, che non ho inviato a nessun altro. Mi sembra troppo intimo per condividerlo con tutti. E d'altro canto penso che tu forse sei l'unico che ancora mi segue in queste "aperture sentimentali" e l'unico al quale possano minimamente interessare.

Si parla di una scelta. Le scelte sono sempre dolorose. Comportano delle rinunce. Di fronte ad un bivio, devi scegliere quale strada prendere. Ogni giorno facciamo delle scelte. Le scelte di tutta una vita determinano quello che siamo.

Ogni tanto torno con la mente ad una poesia che ci propose l'anno scorso, di questi tempi, Simonetta in una circostanza molto particolare, e trovo che c'è, in quei versi, apparentemente semplici, in realtà enigmatici, qualcosa che non riesco ancora a cogliere pienamente.

Rileggiamola, in una versione leggermente diversa da quella precedente e vediamo di coglierne il senso.

Due strade divergevano in un bosco giallo

e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe

ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo

a guardarne una fino a che potei.

Poi presi laltra, perché era altrettanto bella,

e aveva forse l aspetto migliore,

perché era erbosa e meno consumata,

sebbene il passaggio le avesse rese quasi simili.

Ed entrambe quella mattina erano lì uguali,

con foglie che nessun passo aveva annerito.

Oh, misi da parte la prima per un altro giorno!

Pur sapendo come una strada porti ad unaltra,

dubitavo se mai sarei tornato indietro.

Lo racconterò con un sospiro

da qualche parte tra anni e anni:

due strade divergevano in un bosco, e io

io presi la meno percorsa,

e quello ha fatto tutta la differenza.

Robert Frost

Il tono distaccato del primo verso "due strade divergevano in un bosco", viene man mano arricchendosi di contenuti emozionali (un lungo sguardo, una scelta sofferta, il proponimento di tornare sui propri passi, anche se si dubita di poterlo fare), fino alla fine che ha il sapore di un dramma già consumato: "e questo ha fatto tutta la differenza".

Un'ammissione carica di pathos. Forse la confessione di una sconfitta. O quanto meno un segnale di cedimento.

"Oh, misi da parte la prima per un altro giorno!" Eppure sapevo che una strada porta sempre ad un'altra strada ed io avrei avuto ben poche speranze di tornare indietro. Ma, al momento, l'altra mi parve più attraente.

Sentiamo che quei versi riflettono uno stato d'animo turbato e, per questo, ci sentiamo coinvolti. Complici i colori autunnali (le foglie gialle), che adombrano una fase della vita che volge al declino, un lungo rimpianto che, si fa più acuto, mano a mano che le parole compongono i versi, uno dopo l'altro, e i ricordi si fanno più vivi.

"Lo racconterò con un sospiro, da qualche parte, tra anni ed anni."

o scenario muta totalmente. Il narrante è diviso. Un giorno, chissà dove, chissà quando, racconterò con un sospiro della mia scelta. Che è stata per la strada più bella, ma anche la meno percorsa dagli altri. Quindi la meno agevole, che poteva portare più lontano e dare maggiori soddisfazioni. Ma non sempre è così. Forse è qui il nucleo non sciolto di quel rimuginio di sentimenti contraddittori .

Il dolore si fa acuto. Siamo al punto di non ritorno. Cosa mai avemmo potuto fare, se avessimo scelto l'altra strada, la prima, quella alla quale abbiamo guardato lungamente, senza riuscire a deciderci per essa?

"Da qualche parte" "Tra anni ed anni" Sì, è' indifferente il luogo dove saremo, e quando succederà, ma c'è già ora un presentimento che qualcosa è avvenuta che ha fatto la differenza e che quel giorno o racconteremo. Ma sarà un racconto storicizzato. Il sospiro che emetteremo, sarà quello di una sofferenza alla quale ci siamo assuefatti, attutita, resa innocua dal tempo.

Ci volteremo indietro e torneremo con la mente a quando abbiamo deciso di prendere questa e non l'altra strada. E la differenza sarà tutta lì, dinnanzi a noi.

Ma il problema è l'oggi, qui, ora. Ora il cuore sanguina. E non sappiamo perchè.

Cosa ci sarà alla fine di questa strada?

Noi chi siamo? Cosa siamo diventati?

27 febbraio 2016

Bruno

 

Caro zio Bruno,

in questa poesia io ho sempre visto un’enorme carica positiva e te l’ho condivisa anni fa proprio con questo spirito.

Ci ho visto l’esortazione a prendere la strada meno battuta, perché lì dove non vanno tutti gli altri si può nascondere ciò che è più bello. Molte innovazioni, molte scoperte sono nate da persone che hanno avuto il coraggio di stravolgere le regole, di uscire dagli schemi che ci vengono imposti dalla società e dalla cultura.

Ma voltarsi indietro a valutare le scelte fatte non ha tanto senso, perché ognuno di noi, se tornasse indietro nello stesso contesto in cui era e con gli stessi strumenti che aveva, probabilmente rifarebbe la stessa scelta, perché quella era, di fatto, la scelta migliore che poteva fare in quel momento.

Nel 2019 ho frequentato un seminario con una formatrice americana, Peggy Dylan, che è anche una sciamana, ha vissuto diverso tempo con i nativi americani (gli Indiani) e ha una spiritualità, un approccio alla vita, un rapporto con la natura, con gli eventi naturali e con gli animali diverso da quello che avremmo noi.

All’inizio del seminario lei ci chiese di pensare ad un problema, uno solo, che se avessimo avuto la possibilità di risolvere, avremmo tolto dal mondo.

Io scrissi “le malattie”.

Alla fine del seminario, dopo diverse ore, era quasi l’alba, lei chiese “Che cosa avete risposto alla domanda di stamattina?”

“Ciò che avete risposto è ciò che Dio (La vita, l’universo, il mondo, la coscienza collettiva, chiamalo come vuoi) vuole da voi su questa terra”.

Allora io timidamente feci notare che, avendo (da poco!!) superato i vent’anni e occupandomi di consulenza in ambito economico non potevo riscrivermi all’università per studiare medicina.

Lei sorridendo disse “Non c’è alcun bisogno che tu ti riscriva all’università. Puoi realizzare la tua mission in molti modi: puoi cercare capitali per la ricerca scientifica, puoi lavorare in qualche modo con le università, puoi fare consulenza per migliorare il rapporto che le persone hanno con il denaro, riducendo le loro ansie e il loro stress…”

In quel momento capii che molte delle mie scelte precedenti andavano nella direzione della mia mission. Le avevo prese inconsapevolmente, ma in qualche modo ero andata per la giusta strada.

Perciò se ti poni la stessa domanda che fece Peggy al seminario e ti volti indietro a guardare le scelte che hai fatto, vedrai che tutte vanno nella direzione della tua mission ed è per questo che non devi avere rimpianti. Per il futuro puoi decidere con una maggiore consapevolezza.

Ti abbraccio

Simo

 

                                                                  LA STRADA NON PRESA

 

The Shadow Line: A Confession – The road not token - Slining door

Che bello scoprire di avere (avuto, nel mio caso) una mission nella vita, che non fosse quella di fare soldi, come è nella maggioranza dei casi! E potersi girare indietro per vedere se le varie scelte fatte negli snodi cruciali di essa, andavano o meno in quella direzione!

Cara Simonetta, ho messo insieme tre titoli, il primo è di un romanzo di Conrad, il secondo della poesia di Frost, che ci ha intricato parecchio e infine di un film che, se vogliamo è quasi un classico, perché in qualche modo mi sembrano attinenti allo stesso tema, che è, come tu ben sai, quello delle scelte, che determinano una svolta nella vita, per cui, presa una via, non si può tornare indietro.

Hai scritto belle parole su questo punto, con ampie argomentazioni sorrette dal contributo di un’esperienza personale, tutte cose che denotano in te un carattere forte e volitivo. Dall’esito del seminario tenuto con la formatrice americana, hai tratto la conferma di avere, anche se inconsapevolmente, fatto sempre scelte giuste, in adempimento di una mission che tu allora non avevi ancora individuato, ma che comunque era quella che la vita voleva da te.

Il tuo ottimismo ti porta pertanto a trovare nei versi del poeta americano, una carica positiva ed un invito a scegliere di fronte ad un bivio, sempre la via meno frequentata, piuttosto che quella presa dalla maggioranza, perché nonostante le sue incognite e a dispetto di possibili cadute, o cedimenti, è quella che può portare più avanti, dove solo pochi arrivano.

E’ vero che, posti nelle medesime condizioni di allora, di quando abbiamo fatto la nostra scelta, probabilmente rifaremmo tutto tale e quale, come è vero quel che dice Lucio, mi sembra, che le nostre scelte sono spesso frutto del caso, perché la vita ci impone ritmi tali, che soffermarsi a ponderare non sempre è possibile e dobbiamo decidere in tutta fretta.

Col senno di poi, invece, sarebbe possibile operare diversamente, ma ormai è inutile perderci tempo per starci a pensare, tanto non siamo nel campo fantastico del film citato nel titolo, le porte di sono chiuse e i destini si sono bell’e che verificati, per cui, niente nostalgie! Prendiamo la vita come viene e seguitiamo a camminare su quella via, che è quella che ci è parsa migliore.

E’ che nel frattempo anche noi siamo cambiati: come si dice? Si nasce incendiari e si muore pompieri.

Può essere, quella via, la più frequentata, oppure solitaria, questo dipende dai caratteri. L’aquila vola da sola, le cornacchie in gruppo. Ognuno di noi, anche senza essere o sentirsi aquile, non vuole comunque essere scambiato per una cornacchia, per cui, operando la sua scelta, ognuno si illude di aver fatto la scelta giusta.

Posto di fronte alla richiesta della formatrice, di cui hai parlato, indicare, cioè, un male che si vorrebbe eliminare, avrei risposto, annullare, o quanto meno ridurre le disuguaglianze sociali. Avrei però dovuto intraprendere, per fare ciò, studi di carattere sociale e politico. Lei probabilmente mi avrebbe risposto che anche dalla mia posizione di addetto all’amministrazione, avrei potuto operare nel senso desiderato, cosa che credo di aver fatto per tutta la vita, se non altro idealmente.

Ho scelto la via più difficile dunque e non me ne pento, anche se le cose da allora certo, non sono cambiate affatto: le disuguaglianze sociali nel mondo attuale sono di gran lunga aumentate e come generazione abbiamo fallito il nostro scopo.

Se vedo nella poesia di Frost un velo di nostalgia, non è di me che parlo, piuttosto di una condizione generale. Per me non ho rimpianti e non debbo maturare certezze per un futuro improbabile. Mentre mi piacerebbe conoscere cosa il poeta abbia voluto veramente dire con questa poesia.

Vi sono nel testo affermazioni contraddittorie non so fino a qual punto non volute. Le due strade, quella più trafficata e quella solitaria, poco prima, nella stessa poesia, erano pressoché uguali, entrambe belle, invoglianti, poco deturpare dal passaggio di piedi umani. Tant’è vero che il protagonista, ristà alquanto non sapendo quale scegliere, ma poi prende, come sappiamo, quella che sembrava meno frequentata e questa scelta fa tutta la differenza. Quale differenza? Ce lo dirà forse tra molti anni, chissà dove, con un sospiro. Nulla è detto, volutamente, sulla origine e sulla natura di questo sospiro, se uno di sollievo, o di rimpianto. Sappiamo anche che si consola all’idea, nella quale dichiara di non credere, di poter tornare indietro, in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo sperato.

Qui entra in gioco la Sottile Linea d’Ombra di cui parla Conrad nel suo romanzo.

Vi è un punto della vita, una linea appunto che tutti dobbiamo attraversare e che è quella che delimita la fase dell’incertezza, la zona d’ombra, da quella assolata, che corrisponde a quella della uscita dalla beata incoscienza della gioventù e dell’assunzione delle responsabilità, oltrepassata la quale, tutto cambia, non sono possibili ripensamenti e non si può tornare indietro. E’ la prova della maturità.

Resta insoluto il quesito posto da quel sospiro, è di liberazione, o di ripiegamento su se stesso?

Quanto meno di ripensamento: chissà come sarebbero andate le cose, se avesse scelto l’altra strada? Ma esiste un’altra possibilità, che a me sembra abbastanza probabile.

E se Frost avesse voluto semplicemente prenderci in giro, mostrandoci ironicamente le difficoltà che incontra un uomo incerto sul da farsi, per esempio un amico, nel dover prendere una decisione, denunciando la propria immaturità?

Frost è uno dei poeti americani, che con Thoreau, Whitman, Eliot, Williams, ecc. hanno teorizzato la riscoperta della natura, come luogo e spazio spirituale nel quale ritrovare la propria interiorità, adottando uno stile di vita il più naturale possibile, arrivando addirittura alla pratica della vita nei boschi.

In fondo, il senso di questa poesia, esprime il turbamento nel quale incorre chi fa una scelta di questo tipo, nel trovare un giusto equilibrio tra l’immanenza di una natura omnicomprensiva, la solitudine che ne consegue e la civiltà organizzata nella quale siamo comunque inseriti, intesa come progresso e socialità.

Forse abbiamo preteso troppo da questi semplici versi, dettati forse dalle impressioni di un momento, buttati giù e subito messi da parte; chissà un giorno da qualche parte, tra molti anni, tornerà a pensarci e ne racconterà, sorridendo, la storia.

E’ salva in ogni caso la carica di positività che tu hai giustamente individuato in essi.

Un saluto affettuoso e grazie del contributo.

 

 

                                       

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