LINO BEFACCHIA

 

 

Lino Befacchia

 

Il saluto e l'affetto degli amici è arrivato in collina, dove sotto il portico del casale dei filosofi (cit.) passo il tempo e cerco di completare il mio cammino e trovare il senso dell'essere. Impresa ardua: non riesco a volare alto, perché ad ognuno di noi è dato un suo sentiero da percorrere, un'erta da salire. I compagni di viaggio si sono arresi, i pochi in verità, e sono altrove. Anche la compagna di una vita si è allontanata. Così, tra albe e crepuscolo, aspetto gli annunciati ospiti che da anni promettono il loro arrivo. Qualche viandante, tartufaio o cacciatore, si muove schivo, per tema, Intanto Le bolle cercano di essere liete, ma sono obbligate loro malgrado a restare in silenzio nel buio della terra.

Vorrei foste qui tutti, quelli che hanno il mio colore e le mie dolenzie, ai quali mi lega l'esperienza vissuta e quelli che guardano, affaticati da un tempo 'fluido e senza dimensioni né archetipi, il futuro con sospetto e preoccupazione. Questi ho nel cuore, consapevole di non aver fatto abbastanza, come generazione, per facilitare il loro cammino.

 

Caro Lino, mi permetti di parlarti così? Non siamo stati amici in senso stretto, ma per mezzo dei miei figli ai quali hai insegnato le cose essenziali della vita ed il profitto da loro conseguito si è tradotto in una profonda stima da parte di noi genitori, come non sempre succede nel rapporto insegante-genitori, con i figli di mezzo.

Le tue amare considerazioni sul senso dell’essere, difficile da trovare e comunque da perseguire lungo il sentiero solitario a ciascuno dato (queste parole mi fanno tornare alla mente quando dicevi che andavi in bicicletta argomentando di filosofia), sui compagni di viaggio che “si sono allontanati”, così come la tua cara compagna, che, con le parole di  Claudio Magris, ti ha preceduto nel raggiungimento del traguardo, mi hanno così profondamente scosso da indurmi non ad un confronto con te, non ne avrei la competenza, ma a condividere le tante cose che, in poche, accorte parole,  hai detto, in risposta agli auguri e i saluti giunti in collina per il tuo compleanno, non i miei, purtroppo, ché non uso quello strumento per questo fine, nonostante qualche dubbio in me rimasto sul giusto senso da dare ad esse.  

Volare alto; e chi più di te?

L’appello a ritrovarsi è commovente, ma il punto veramente centrale del tuo ragionamento, quello che più ti fa onore, come insegnate, dirigente scolastico e uomo della strada, come molti altri di noi, che si sono spesi per un mondo migliore possibile, è il rammarico di non essere riuscito, come generazione, a modificare le cose, per rendere più facile il cammino di quelli che “guardano,  affaticati da un tempo fluido e senza dimensioni, né archetipi, il futuro con sospetto e preoccupazione”, non per non aver fatto abbastanza, ma per l’estrema difficoltà del compito, e  comunque dovrebbe essere esteso a tutti noi, comunque impegnati in un tentativo rivelatosi temerario.

Permettimi ancora di dire che mi piacerebbe far parte di quei peripatetici che vorresti vedere passeggiare sotto il portico e discutere delle cose del mondo, ma temo di non poterlo fare per l’età e la salute malferma.

Considerami comunque, un tuo fervido estimatore e sostenitore, unitamente alla mia famiglia.

 

  • sono in collina, contornato dalle api alle quali verso il cibo, non trovando esse per la stagione infernale. Mi accolgono a migliaia, mi si posano sulle mani, sul collo, tra i capelli con delicatezza, rivelando (non rida) una umanità inusitata. Cio che lei dice, unitamente alla strana compagnia del sabato estivo mi commuove e mi aiuta in questo ritorno al passato che il verità nella nostra coscienza è il nostro presente. La sua famiglia e i suoi figli: un esempio pedagogico. Grazie.
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    • 21 h

  • Bruno Aielli
    Lino Befacchia Perché il Lei? Speravo con un amichevole tu, riguadagnare tanto tempo perduto. Grazie.
    Complimenti
    per le api.

    • Rispondi
    • 21 h

 


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