RICORDO DI BOLOGNANO

 

 

 

C’è una luce in ogni ombra, c’è un rifugio in ogni landa, c’è un cuore che ti aspetta, anche quando sei lontano e tutto  è buio davanti a te. 

Breve sosta.

Nessuno di voi è mai stato a Bolognano? Chiese Maurizio all’attento uditorio riunitosi in numero (Pancrazio, Sebastiano e Silvana, al servizio dietro il banco che tendeva l’orecchio tra un caffè e un cappuccino),

ebbene c’è una speranza che nasce da un posto improbabile, come Bolognano.

Ascoltate il mio racconto in modalità musicale.

 

L’accompagnamento potrebbe essere RECUERDOS DE LA ALHAMBRA di FranciscoTàrrega, eseguito da Andrès Segovia, chitarra.

Fece partire la musica sommessamente, pochi accordi di chitarra e poi le prime note che si insinuavano tra le righe e cercavano di far rivivere il ricordo, a tratti dolce, melanconico, infine doloroso, che dalle sue parole doveva emergere. Gli occhi degli ascoltatori seguivano lo spartito-scritto, mentre la voce dell’oratore, pronunciava con tono amorfo e quasi trasognato, senza enfasi le prime frasi: 

 

A Bolognano, piccolo paese nell’entroterra pescarese, alle falde della Maiella, non si giunge per caso. A Bolognano si va, per due motivi, principalmente, (poi ognuno può recarvisi per motivi personali), il primo è edonistico, dedicato a Bacco, visita per assaggi di vini pregiati della cantina Zaccagnini, per onorare la vocazione per l’antica arte enologica e l’amore per l’arte in generale,   dei padroni di casa, che, per lunga tradizione, hanno praticato ed affinato sempre più la prima e favorito le altre, a partire da quelle visive, come la pittura, ospitando illustri artisti in una manifestazione annuale, dedicata alla valorizzazione delle caratteristiche del territorio e la magnificenza dei prodotti.

 

Ora la voce cresce di volume, mentre la musica si fa più tenue, fornendo un sottofondo scorrevole come il letto di un fiume.

 Dall’ampia vetrata della veranda dello stabilimento, che si apre su una visione straordinaria, di vigneti a perdita d’occhio, tenuti in perfetto ordine, nomi famosi dell’arte pittorica, nel corso degli anni, si sono avvicendati, in una nobile sfida, a cogliere, ciascuno a suo modo, l’essenza che è alla base di un lavoro ben fatto, ed esaltare la sapienza antica di lavoratori che all’amore per la terra, aggiungono una cultura che affonda  le radici nel tempo, per renderne il frutto prezioso.

 

La musica si fa più grave, le note escono dalle corde della chitarra, scorrendo tra le dita del musicista con sicura precisione.

 il secondo scopo riguarda la salute: la Fondazione Paolo Sesto ha aperto da tempo le porte a tutti i disperati, caduti per un verso o per un altro nel vortice della disabilità, mettendo su e mantenendo una struttura ospedaliera, Centro di cura ad alta intensità riabilitativa, come giustamente si è chiamata, in grado di accogliere e trattare coloro che sono affetti da ogni sorta di impedimento o limitazione allo svolgimento di una vita che sia degna di essere vissuta – e  tutte lo sono -  con risultati sempre buoni a volta eccezionali.

 

Piccola pausa, quasi a prendere fiato. Poi la voce, riprende in tono neutro, da documentario: 

Non mancano altre attrattive per questo piccolo comune, come il fascino paesaggistico, con splendide vedute di altopiani che dolcemente degradano dai contrafforti della montagna in ampie vallate, in cui paesi dai nomi suggestivi, quali Torre del Passeri, Tocco a Casauria,  e case sparse, con qualche campanile di chiesupole sperdute tra le campagne, che spuntano dal verde, danno al paesaggio l’aspetto di un grande Presepe. Non mancano posti misteriosi, con grotte e caverne, più un’ampia cisterna di nobili natali, antica quanto la fatica dell’uomo su questa terra.

Siamo al centro del componimento e la musica deve esprimere l’impegno e la serietà di quanto verrà detto a proposito di questa meritoria organizzazione.

Il complesso ospedaliero, che ha lo scopo principale di alleviare la sofferenza e restituire ai malati la dignità di una condizione che sia la più vicina possibile ad una forma di normalità, è fonte di benessere, con grande sollievo per i pazienti e soddisfazione da parte di tutti gli operatori che a questo fine concorrono, ognuno con un proprio compito, creando una sinergia tra le più attive e proficue.

A cominciare dall’equipe medica e specialistica, attiva e competente, con grande capacità di intervento in ogni situazione, la più delicata e rischiosa che sia.

Un merito particolare va riconosciuto al lavoro del personale parasanitario, terapisti, infermieri e semplici operatori socio sanitari, alcuni dei quali sopperiscono alle deficienze derivanti da insufficienza di personale, con il sacrificio ed un buon grado di umanità e disponibilità, pronti e motivati ad affrontare casi di notevole difficoltà con spirito di serena e solidale vicinanza ai problemi di chi soffre e trova in un sorriso o in una parola gentile, la forza di tornare ad essere se stesso con il cuore, pur nel disagio di un corpo martoriato.   

Un accenno, non per questo meno doveroso va fatto all’opera incessante degli addetti ai servizi di pulizia dei locali e degli impianti, essenziali per lo svolgimento del lavoro di tutti e il compimento di un’impresa utile sotto ogni punto di vista.

Cosa dire delle due suorine originarie dell’Indonesia, che tutti i giorni portavano il cibo ai pazienti, pronte ad aiutare quelli non autosufficienti? Forse sono già andate via per raggiungere la nuova destinazione assegnata loro dalla Madre Generale. Ovunque siano, hanno lasciato in me un grato ricordo.

 

Crescendo musicale e tono di voce fermo e autorevole:

Un vero, autentico plauso ad alcune persone che non esito a definire eccellenti, delle quali conserverò un ricordo indelebile e un senso forte di gratitudine per l’effetto nobilitante prodotto su di me, nel senso che la loro amicizia mi ha reso migliore. Ne voglio citare alcune, senza far torto ad altre, altrettanto meritevoli, che non cito sol perché le circostanze mi hanno portato a stringere rapporti più gratificanti con alcuni e non con tutti, cosa di cui mi dolgo. Di qualcuno, che pure ricordo volentieri, e di cui ho ben presente nella mia mente i tratti somatici, non ricordo il nome e quindi l’omissione è involontaria; ad essi chiedo perdono e comprensione.

Non è il caso della Dr.ssa Leone, che io ho ribattezzato come Lucia, per una presunta somiglianza fisica e di carattere con la moglie di mio figlio Stefano, e che saluto volentieri, memore delle accortezze riservatemi, al netto di alcuni screzi, che pure ci sono stati, per lo più di natura logistica. Tutto dimenticato. La Regola che non conosce eccezioni, anche di fronte ad atti che ne compromettono solo alcuni aspetti formali, è valida checché io ne pensi.  Altro sarebbe parlare di modi in cui l’ordine deve essere ripristinato.

Il ricordo di alcune persone che hanno esercitato su di me la maggiore influenza e alle quali mi sono affidato perché più mi hanno incoraggiato nel lento processo di ripresa, va a due persone in particolare: la “mia” terapista Margherita e il “mio” medico personale, il Dott. Vincenzo Ferrari, l’infermiera Anna, già caposala del reparto. Esse hanno prodotto su di me un effetto salvifico ed io ho avuto, mercé la loro opera, che non è venuta mai meno, la possibilità di risorgere (non come Lazzaro, ma là vicino) e tornare ad essere quello che ero con qualcosa di più, un valore aggiunto derivatomi dalla loro umanità profusa senza riserve.

Margherita, per le occasioni giornaliere di contatto durante le sedute di terapia, nel corso delle quali, all’opera di ricostruzione fisica, si è aggiunta una vicinanza di carattere spirituale, che mai avrei immaginato possibile. Vincenzo, mi permetti di chiamarti così? Per l’amicizia sincera che mi ha offerto durante tutto il tempo del ricovero, Anna per la sua affabilità e concreta esperienza.

Tra i terapisti, tutti bravi, cito a mente:

Annalisa, Rita, Mara, Luciana, Cinzia,  Angelo, Gianluca, serio e schivo nella sua solida struttura fisica, Stefano, Francesco, Fabio sono persone che mi hanno ridato fiducia nel futuro, insieme ad altre persone validissime in altri campi come Lara, Educatrice professionale, Antonella la psicologa col tablet-ponte e medicamento per le ferite delle famiglie lontane.

Anna, la caposala dimissionaria, Gioia la c.s. subentrata, Felicita, la coordinatrice.

Non tutto risplende al Centro, sotto il sole di Bolognano. Disfunzioni e ritardi, comportamenti non proprio consoni alla divisa indossata, ce ne sono stati, ma qui, in sede di consuntivo di un’esperienza dolorosa, voglio ricordare solo il buono che ho visto e di cui mi sono giovato per la mia guarigione. Che diamine, vi abbiamo rimesso in piedi, diceva la dr.ssa Leone, almeno un poco di gratitudine da parte vostra ci vorrebbe! Ebbene sì, la gratitudine c’è ed è per tutti, anche per quelli che non la meriterebbero.

La musica si placa, le note diventano elenco:

Degli innumerevoli infermieri, cito a caso: Romina, Pier Luigi, ex giocatore di calcio, anni addietro ha giocato con la squadra di serie c del Teramo, Gian Luca, serio e indaffarato, Samantha, Michele, Eriberto, per gli amici Eri, Alfredo, rigidamente fisso alle sue prerogative.

Che dire degli Oss (Operatori socio-sanitari), che sono l’ossatura di tutta l’organizzazione?

Il tono non vuole essere encomiastico, anche perché non tutti sono meritevoli in eguale misura; il ricordo è fatto di gratitudine per tutti, tutti hanno contribuito alla mia ripresa, e nell’umiltà del servizio, mi hanno restituito la sanità mentale necessaria a superare momenti di esasperante infelicità .

Daniela, Mara, Gabriella, Brayan, Flavia, Guerino (Rino), Anna, Verusca, Tatiana (dove sorge il sol dell’avvenire), Patrizia e, ultimo, ma non ultimo per merito, Leonardo, franco e gioviale ed amichevole.

 

Cambio di passo, dal passato al presente. Il ricordo è come rivivere le stesse emozioni.

Con le ultime note che vibrano ancora nell’aria, la notte scende su Bolognano; le luci del Centro si attenuano, quelle del Presepe circostante si accendono. Un semaforo lontano, lungo la strada di un paesino che sale sul fianco della montagna, occhieggia ad intervalli regolari, alternando i colori, rosso e giallo, prima di dare il via col verde al traffico al momento inesistente; forse serve solo per il passaggio alternato delle auto in un tratto di strada troppo stretto.

Buona notte, pazienti e personale di turno. La notte sarà lunga, speriamo almeno tranquilla. Auguri agli afflitti, tra i quali ricordo ben due Alfredo, artisti a loro modo, il primo pizzaiolo, il secondo chitarrista ed uno straordinario Zopito, ma il mio pensiero è per tutti.

 

Lo sbadiglio che accompagnò la fine del racconto di Maurizio era di un annoiatissimo Pancrazio, che, memore della discrepanza che si era creata tra lui e il suo maestro, proprio su questo argomento, cioè l’eccessiva importanza da quest’ultimo data ad un episodio della vita, come tanti altri, non si era commosso affatto al suono di quelle parole e ridondante gli era sembrata la farsa dell’accompagnamento musicale che Maurizio aveva voluto predisporre. Non gli chiedete il significato della parola ridondante, perché sarebbe capace di ridervi in faccia. Si trattava naturalmente di una parola di lingua spagnola, che in un modo o nell’altro aveva a che fare con quel Recuerdo che tanto stava a cuore al suo Mentore.

Mentore, osò interloquire Sebastiano, chi era costui?

Ah Sebastià, insorse Silvana, ti vuoi decidere a darmi una mano: mi hai lasciata sola la banco,nell'ora di punta...non arrivo. 

Prego, che posso servirle, disse poi rivolta sorridente ad un signore che stava in piedi davanti al bancone, 

Un caffè, grazie, rispose gentilmente l'uomo, non sono Mentore,  il consigliere, ma tutti mi conoscono come  l'Anestesista, ingiustamente dimenticato nel racconto precedente, eppure nella clinica io ho decannulato il vostro Maurizio qualche settimana fa, ridandogli la voce e la possibilità di parlare di libri. Mi compiaccio, nel vedere che sta bene, almeno all'apparenza, continuò.

Mentore era soprattutto un uomo fidato. Ulisse gli affidò, partendo per la guerra di Troia, il figlioletto Telemaco. 

Qui ed ora non abbiamo per fortuna guerre in vista, ma io vorrei ugualmente affidare un messaggio a Maurizio: Bolognano è un ricordo; può essere triste, perché pieno di brutti momenti e doloroso per il fisico ed il morale, può apparire addirittura esaltante, per le difficoltà incontrate e superate e per aver conosciuto un aspetto della vita che non si pensava di dover affrontare, arricchendo così il capitale di umanità di cui siamo fatti e da cui siamo circondati, ma fa parte ormai del passato, un passato difficilmente dimenticabile, al quale bisogna dire addio: indietro non si torna. Bisogna guardare avanti, senza avere la tentazione di guardare indietro. Orfeo, sceso nell'Ade per riportare in vita la sua amata Euridice, non tenne fede, per amore e contro la sua volontà, al patto di uscire dal regno dei morti, seguito da lei, senza voltarsi per vedere se ella effettivamente lo seguisse e si voltò, causando così la scomparsa della sua bella e il fallimento della sua impresa.   

 


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  3. Sono il vero Lucio/46, ormai legato a questo pseudonimo "Rimiratore", che ha letto con forte emozione questo tuo racconto. La bellezza dei sentimenti che hanno caratterizzato questa tua narrazione della memoria di fatti, nomi e persone coinvolge assai. Ancora una volta mostri la tua propensione a saper cogliere "l'umanita" in ogni persona che incontri nella tua vita. La tua cultura unitamente alla sensibilità umana, che sono frutto certamente di talenti nati con te e la famiglia in cui sei cresciuto, sono stati come il canotto di salvataggio di un pilota militare caduto in mare. In quel mare dove Rimiratore, a causa delle menzogne di quel malnato di investigatore ingaggiato dai soci del club, ti credeva perso. Rapito da cacciatori di tesori nascosti in siti mediterranei; degli imbranati "relic hunter-fai da te" sulla rotta di Ulisse, che ti avevano preso per un esperto conoscitore di lingue e culture antiche avendo più volte letto lo Zibaldino senza averci capito una mazza. Non ti dico quante avventure ci raccontava di aver pensato ti fossero capitate, persino una terribile tempesta scatenata da Adamastor che ti spinse a scolare una bottiglia di rum come un vecchio pirata quando a te piace il Wiski. In realtà erano tutti preoccupati i nostri personaggi per la tua assenza. Per far cessare i vaneggiamenti di Rimiratore, avendo saputo da altre fonti che le tue disavventure erano giunte in quel di Bolognano, dove hai trovato una parte buona ed umana del nostro ormai tribolato SSN, licenziarono il disonesto investigatore contaballe senza pagarlo minacciandolo di denuncia.
    I nostri personaggi attendevano muti e pensierosi che tu scendessi un giorno da quel misterioso e fantomatico autobus che non ferma più in Piazza Martiri di fronte all'agenzia Romanelli. Evaristo troppo faceva per distrarli con argomenti interessanti ma non era seguito, tutti speravano di festeggiare il tuo ritorno con un convivio nella cantina di Schillaci, sotto quei rustici portici di Porta Romana, allietati dalla musica jazz diffusa da un impiantino portatile arrangiato da Rimiratore, avendo prima letto i pensieri chiave dal "De amicitia". Invece ci sorprendesti tornando ben vestito e incravattato come al solito, come se nulla fosse successo. I nostri personaggi sono tuttora gasati ed io da solo non li riesco più a tenere. Bentornato tra noi Mauritius 💖

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