LA DISCREPANZA

 

                                                             

Chi di voi non ha mai avuto una discrepanza? Chiese inaspettatamente Maurizio, allo sparuto uditorio, che era riuscito a racimolare per quel primo giorno di riapertura del Circolo. Voglio cominciare con questa domanda semplice, per saggiare lo stato, il livello intellettuale al quale vi trovate, dopo sei mesi di inattività.

Intervenne subito Pancrazio, sempre pronto ad ogni sfida culturale e con molto sussiego, aprendosi, (con un certo sforzo, per vincere quel pizzico di riservatezza, che ancora lo legava),  ai ricordi della sua vita intima da bambino, disse, fingendo una certa disinvoltura quasi sfrontata:

io da piccolo più volte sono andato incontro a seri inconvenienti con la pancia, perché mangiavo troppo e  la pancia si induriva; doveva intervenire il medico, il quale ordinava a mia madre di farmi una peretta di acqua calda, appunto per evitare una discrepanza.

Maurizio, strabuzzando gli occhi, e cercando di non cambiare il tono di voce per non mostrare la sua indignata riprovazione,

Vedo che iniziamo bene, disse, facendo roteare gli occhi al di sopra delle mezze-lunette degli occhiali da presbite che gli ballavano sulla punta del naso e sventagliando un’occhiata di sottecchi sulla testa degli ignari, se non ignavi ascoltatori,

con la tua accorata notazione di un momento così pregnante della tua infanzia, hai fornito, a vantaggio di tutti, il tocco giusto che ci voleva per l’inaugurazione di un nuovo anno di asinerie, da ricongiungere con quelli passati, senza soluzione di continuità, come posso ben vedere.

Era triste il suo animo e lontano il suo pensiero, perso tra ricordi di un passato recente, non ancora passato del tutto, i cui effetti, egli temeva, sarebbero durati ancora a lungo.

Cos’era questa discrepanza che quel giorno gli era venuta in mente? Non era la prima volta che con Pancrazio aveva usato questo termine, per illustrare la distanza, il diverso punto di vista tra lui e il caro amico, ingenuo, ma leale e sincero su una questione che riguardava proprio lui, la sua lunga infermità che lo aveva portato alla soglia dell’Ade (gli piaceva sfoggiare qualche parola difficile con il bonaccione che aveva davanti e che a sentirle, anche senza capirle, friggeva dalla gioia di apprendere cose nuove),                                                                  

Dopo i versi di TACE ORA IL MARE, scaturiti da un senso di smarrimento che egli avvertiva profondo, era ossessionato dal pensiero del naufrago che ritorna sulla terraferma e si guarda indietro pensando a quando era lontano dalla riva e da tutte le parti non vedeva che muri di acqua che si sollevavano contro di lui, per abbattersi con violenza sulla sua testa, inabissandolo vorticosamente nei flutti tumultuosi, come un fuscello in balia di un vortice, che si lascia trascinare senza fare alcuna resistenza verso il centro del gorgo, e ruota su se stesso, fino ad essere inghiottito.

Gli tornavano in mente i versi con i quali Dante, iniziando a parlare dell’Inferno, anticipa l’orrore di quello che ha visto e sofferto

“E come quei che con lena affannata

Uscito fuor del pelago a la riva

Si volge all’acqua perigliosa e guata”,

(Inferno 1, 22-24)

così lui, Maurizio, reduce da un brutto incidente che lo aveva costretto per mesi ad essere assente della vita attiva e fatto navigare per mari sconosciuti, in cui la tempesta era la norma e in essa visioni orribili ed angoscianti, tornato a riaffacciarsi alla sponda della vita, si guarda indietro e resta incredulo per le cose che gli sono capitate.

Un naufragio il suo, disperato e desolante, che aveva spezzato un percorso che era di una normalità assoluta e non pretendeva nulla di più. Semplicemente un modo di vedere la vita e di viverla in libertà. Con poche certezze e molti dubbi, ma libero nel pensiero e nei movimenti.

Ora un punto era stato messo – non da lui – per far cessare quella condizione di sospensione che caratterizzava la sua vita. E tutto doveva cambiare.

Pancrazio era l’unico che si era preso gioco di lui, affermando che la sua era stata una tempesta in un bicchier d’acqua e che non doveva di un episodio insignificante fare la causa di cessazione dell’attività del circolo, che già risentiva pesantemente dell’assenza prolungata del suo capo ed aveva bisogno di riprendere con maggior energia il lavoro lasciato per non disperdere quelle conquiste che fino ad allora erano state fatte.  

Vedi caro Pancrazio, gli aveva detto una volta di quelle, le  tue parole mi confortano assai, ma purtroppo le cose non stanno come tu dici. Debbo rassegnarmi al mio nuovo stato e fare solo

 le cose che posso fare, senza rimpianti.

Tornando a quei discorsi, nei quali si erano rivelate le doti umane di Pancrazio, forte del proprio incrollabile ottimismo, Maurizio aveva illustrato agli altri componenti del gruppetto di fedeli ascoltatori, la propria condizione spirituale in merito alla prosecuzione di quella attività che, seppure modesta, aveva riempito parte della sua vita.

Non aveva finito di parlare, quando

Qui si crea una vera e propria discrepanza, affermò, Pancrazio, meravigliando non solo il suo Mentore, ma anche tutti gli altri che ascoltavano la loro conversazione, la quale, nell’intenzione, voleva essere una premessa alla vera e propria riapertura del Circolo e si svolgeva all’aperto, davanti al solito bar dell’Olmo, intorno all’aiola che ospitava l’albero dal quale prendeva nome il locale e la fontanella recintata dal muretto sul cui bordo gli amici sedevano spesso a chiacchierare, prima di entrare nella sede del loro sodalizio. 

Forse voleva dire ‘di speranza’, disse piano Sebastiano alle orecchie degli altri, che si tendevano curiosi.

No, no, affermò Pancrazio, ho detto proprio ‘di-scre-panza’, nel senso e non pensate, ignoranti come siete, che si tratti di qualcosa che fa scoppiare la pancia, come qualcuno ha detto e scoppiò in una grassa risata. E’ una cosa che sappiamo solo io e Maurizio.

E coè? Chiese Sebastiano.

La capacità di essere d’accordo, anche quando non lo si è affatto.

Maurizio era assorto nei suoi pensieri e non ascoltava il discorso di Pancrazio.

Ma la discrepanza è un diverbio, azzardò Sebastiano.

Ma che “di verbo” e “di verbo”;  tuonò Pancrazio, tornando al suo ruolo di tonto, poi rivolto agli altri intorno,  questo è uno che

proporrò di cacciare dal circolo, appena riaperto, per indegnità,  affermò con tono burbero, additando il suo amico Sebastiano, col quale, poco prima della forzata chiusura del circolo, aveva avuto qualche piccolo dissapore, a proposito di un certo libro che aveva intenzione di scrivere, e alla realizzazione del quale gli aveva fatto l’onore di offrirgli di partecipare, in cambio di un piccolo favore.

Sì, se è così ve ne dovrete andare dal mio bar e sapete dove andrete a finire? A chiedere ospitalità magari agli oppositori del bar di Fumo, il cui capo, che si fa chiamare Rimiratore, ma in realtà credo sia quel Licius che ogni tanto viene e romperci le uova nel paniere, non aspetta altro, che la capitolazione della nostra associazione. Fu la risposta di Sebastiano, il quale sapeva che quanto da lui stesso preconizzato, non si sarebbe mai avverato.

Dissapore, ha detto qualcuno? Chiese Maurizio, come svegliandosi da un sogno.

Sì, l’ho pensato io, fece Pancrazio, ma tu come fai a saperlo? Che c’è, la discrepanza adesso non ti va più bene? Non hai capito che scherzavo, che cavolo con voi non si  sa mai come comportarsi e si rivolgeva questa volta a tutti e non al solo Maurizio.

La discrepanza è comunque qualcosa che si rompe, che sia la condivisione di un’idea, un’amicizia, o  di un partito, o addirittura, di una pancia troppo piena, che differenza fa?

‘Mbè per oggi basterebbe così. Ne abbiamo dette abbastanza di corbellerie. Entriamo e sediamo ai nostri posti. Sebastiano offrirà un rinfresco inaugurale a tutti e noi gli pagheremo i danni che gli abbiamo procurati per la cattiva fama del Circolo, che ha allontanato molti clienti con la puzza sotto il naso. Non è una perdita, però, vadano pure ad ingrossare le file del Rimestatore, a noi basta essere pochi ma buoni.

Alla salute disse inascoltato da molti che stavano già bevendo il gingerino prontamente offerto del barista, emerito componente di quello striminzito pugno di eroi.

 

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